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 2015  febbraio 05 Giovedì calendario

LA SICILIA È SULL’ORLO DEL DEFAULT

Se lo sapesse Angela Merkel_. La Sicilia ha un deficit tra gli 8 e i 10 miliardi di euro, più di tutti i land messi assieme. Una voragine finanziaria a cui il governo regionale non sa come far fronte. L’assessore al Bilancio ha serenamente segnalato che ai 5 miliardi di debito preventivato occorre aggiungerne altri 3, causati dalla stipula di mutui trentennali e dalle anticipazioni di liquidità imposte alle Regioni dal governo Renzi. E così siamo a quota 8, ai quali ne andrebbero aggiunti, secondo alcuni economisti, un altro paio che risulterebbero dalle pieghe di bilancio e dalle passività delle società partecipate. Il tutto in un bilancio regionale complessivo di 20 miliardi.
I numeri del disastro arrivano dal Dpef, documento di programmazione economica finanziaria, della Regione Sicilia, sul quale si sta animando il dibattito politico sull’isola: «un documento vivo – dice l’assessore al Bilancio, Alessandro Baccei - sul quale stiamo lavorando giorno dopo giorno, si tratta della prima vera legge finanziaria della Regione». E aggiunge: «sono state individuate due strade per salvare la Sicilia dal default, una di esse è la scrittura di questo documento sul quale avverrà l’apertura di un tavolo con il governo centrale. L’altra strada è quella della programmazione dei fondi extraregionali, circa 20 miliardi di cui potremo beneficiare nei prossimi dieci anni. Sono questi fondi la speranza della Sicilia, dobbiamo investire in capacità di spendere bene per l’ economia dell’isola».
È una corsa contro il tempo. Baccei (di origini toscane) è stato catapultato tre mesi fa a Palermo dal sottosegretario Graziano Del Rio, col quale aveva collaborato in passato, per cercare di evitare il defaut ed è considerato il trait d’union tra il presidente della giunta, Rosario Crocetta e Matteo Renzi, anche se in Sicilia i renziani sono divisi, tanto che per cercare di ricompattare la corrente il super-renziano siciliano Davide Faraone, che è sottosegretario all’Istruzione nel governo Renzi, ha indetto per il 28 febbraio (nell’ex-fabbrica Sandron di Palermo) una Leopolda sicula. Dice Faraone: «Non ci stiamo alla narrazione della catastrofe che si adatta e si assuefà alla catastrofe. L’analisi la conosciamo, è giusta ed è terribile, ma noi siamo qui per andare oltre le analisi e marcare una svolta».
Dall’opposizione, il presidente della commissione Bilancio dell’Ars, Nino Dina (Udc), contesta: «il vistoso incremento subito dallo stock del debito con un aumento di 3 miliardi nel 2015 contribuirà ad impegnare in modo significativo le finanze regionali incrementando la spesa annuale per pagare i debiti».
Baccei ha infatti dovuto sottoscrivere in fretta e furia un mutuo di 1,7 miliardi per riuscire a pagare qualche debito, soprattutto nella sanità, e gli stipendi: per 30 anni questo debito graverà sul bilancio regionale e, di riflesso, su quello nazionale. Si tratta di un mutuo che fa discutere. Interviene l’economista Vincenzo Fazio, ex-preside della facoltà di Economia dell’università di Palermo: «Certamente il mutuo solleva diversi dubbi. Prima di accenderlo bisognava ridiscutere le rate degli altri mutui e comprendere se le rate dell’ultimo sono compatibili con un bilancio annuale che ancora non c’è. Tra l’altro i mutui dovrebbero essere destinati alle spese per gli investimenti e non per la spesa corrente». Sul fronte politico, il j’accuse è dell’ex-presidente della commissione Bilancio, il forzista Riccardo Savona: «Il mutuo servirà per coprire soltanto i debiti fino al 2011 mentre resterebbero ancora da pagare quelli del 2012, del 2013 (pagati fino al 30 percento) e del 2014. La capacità della Regione di indebitarsi è già stata raggiunta, quindi l’operazione è quanto meno azzardata».
Il fatto è che la sanità siciliana è un colabrodo. I debiti di aziende sanitarie e ospedali verso i fornitori ammontano a 809 milioni di euro. Altri 966 milioni sono i debiti che le aziende sanitarie hanno accumulato verso le banche che svolgono il servizio di tesoreria e che hanno anticipato risorse per l’attività ordinaria. In totale, solo questi debiti raggiungono il picco di un miliardo a 775 milioni. Le aziende sanitarie più indebitate sono quelle di Catania e Messina: la prima deve quasi 95 milioni alle imprese e 224 alle banche, la seconda 90 milioni ai fornitori e 148 alle banche. Mentre quella di Palermo deve 113 milioni alle imprese e 95 agli istituti di credito.
Ma non c’è solo il buco nero della sanità. L’assessore dovrà mettere mano al più presto anche a Riscossione Sicilia, la società che riscuote le imposte sull’isola, partecipata dalla Regione (99,8%) e da Equitalia (0,1%). Può una società che riscuote le tasse essere in deficit? In Sicilia sì, coi suoi 700 dipendenti. Il passivo oscilla tra i 10 e i 15 milioni di euro. A Capodanno si è dimesso il consiglio d’amministrazione, il rischio è lo stop delle attività, che in media ogni mese fa affluire nelle casse della Regione circa 30 milioni di euro.
Per Baccei è come camminare sui tizzoni ardenti. È impietosa l’analisi che fanno Adam Asmundo, responsabile delle analisi economiche della Fondazione Res, e Massimo Costa, economista all’ateneo di Palermo. «La Regione – dice Asmundo – così non ce la fa, non ce la può fare. C’è uno squilibrio strutturale tra le risorse che entrano e quelle che escono. Bisognerà necessariamente intervenire sui meccanismi di spesa». Costa è, se possibile, ancora più drastico: «Rispetto all’Italia la Sicilia è come la Grecia per l’Europa. il default è già in atto. La Sicilia è fallita. Quanto all’ultimo mutuo, è come se una famiglia invece di fare la spesa col proprio stipendio, facesse ricorso costantemente ai prestiti».
Questa situazione critica della finanza pubblica incide anche ovviamente sull’andamento dell’economia, per esempio a causa della sospensione delle opere pubbliche e dei ritardi nei pagamenti. Tra il 2012 e il 2013, il prodotto interno lordo è sceso in Sicilia del 7,4% rispetto al 4,3% dell’Italia. In sei anni la spesa media (al netto dell’inflazione) è crollata del 20% mentre il tasso di disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 29 anni) è al 46%.
Se l’economia va male, la politica non va meglio, siamo già al Crocetta-ter, tra liti e mutamenti di casacca, tanto che è stato necessario una sorta di commissariamento, appunto l’arrivo di Baccei, imposto dal due Renzi-Delrio. Ma sarà sufficiente per riuscire a fermare l’isola sull’orlo del precipizio?
Tra l’altro anche i magistrati dovranno occuparsi dei conti regionali. Il governatore Rosario Crocetta ha portato un dossier in procura in cui ipotizza «un disegno predatorio che ha spogliato la Regione dei suoi beni, con un danno da centinaia di milioni di euro». 36 pagine che ricostruiscono il grande affare della cessione degli immobili, dalla costituzione della Sicilia patrimonio immobiliare (Spi) al riaffitto dei beni a canoni che secondo Crocetta sono fuori mercato. Di qui l’invito ad indagare sui suoi predecessori.
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 5/2/2015