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 2015  febbraio 06 Venerdì calendario

Duecento milioni per dare fiato all’Ilva: stipendi e indotto– Due ver­tici per strin­gere i tempi e dare ossi­geno finan­zia­rio ad un’azienda che si è deciso di sal­vare a tutti i costi

Duecento milioni per dare fiato all’Ilva: stipendi e indotto– Due ver­tici per strin­gere i tempi e dare ossi­geno finan­zia­rio ad un’azienda che si è deciso di sal­vare a tutti i costi. Le riu­nioni con­vo­cate ieri a Palazzo Chigi dal pre­mier Renzi sull’Ilva, hanno visto intorno al tavolo i mini­stri Padoan e Guidi, il con­si­gliere eco­no­mico Andrea Guerra, i sot­to­se­gre­tari Del­rio e Bel­la­nova, i com­mis­sari straor­di­nari dell’azienda Gnudi, Car­ruba e Laghi e i ver­tici della Cassa Depo­siti e Pre­stiti. I due incon­tri sono stati pre­sie­duti da Renzi: il primo esteso ai sena­tori delle com­mis­sioni impe­gnate sul decreto, l’altro riser­vato a Governo, Cdp e mana­ge­ment dell’azienda. All’ordine del giorno la con­ver­sione in legge del “decreto di Natale” sull’Ilva e la città di Taranto, varato dal Con­si­glio dei mini­stri il 24 dicem­bre. In que­sti giorni le com­mis­sioni riu­nite di Indu­stria, Ambiente e Bilan­cio del Senato stanno stu­diando gli emen­da­menti pre­sen­tati con l’obiettivo di por­tare il testo in Aula non più tardi di mer­co­ledì della pros­sima set­ti­mana. Durante la riu­nione, è emersa la noti­zia che è allo stu­dio del Tesoro una norma ponte per immet­tere almeno 200 milioni di euro nelle casse dell’azienda, entrata in ammi­ni­stra­zione con­trol­lata dal 21 gen­naio, che ha forti pro­blemi di liqui­dità e un debito pre­gresso cer­ti­fi­cato dal tri­bu­nale fal­li­men­tare di Milano di quasi 3 miliardi di euro. Ope­ra­zione non sem­plice, da stu­diare nei minimi det­ta­gli, onde evi­tare l’intervento dell’Ue che la vedrebbe come un aiuto di Stato. L’operazione, tra l’altro, non può atten­dere i tempi pre­vi­sti per la costi­tu­zione della newco — 2–3 mesi — che pren­derà in affitto gli impianti pro­dut­tivi dell’Ilva. Per que­sto la pre­senza della Cassa Depo­siti e Pre­stiti al ver­tice di ieri, non è affatto casuale. Da un lato c’è da risol­vere la que­stione dei 150 milioni di euro che la con­trol­lata Fin­tecna deve tra­sfe­rire all’azienda, frutto di un con­ten­zioso che si tra­scina dal 1995 tra lo Stato, vec­chio pro­prie­ta­rio e l’azienda gestita per 20 anni dai Riva. Pro­ba­bil­mente sarà appro­vato un emen­da­mento che pre­vede l’esclusione del parere dell’Avvocatura di Stato e del mini­stero dell’Ambiente e la garan­zia per Fin­tecna di evi­tare ulte­riori pro­ce­di­menti penali. Allo stesso tempo si lavora alla crea­zione del fondo tur­na­round, pre­vi­sta in un decreto appro­vato il 20 gen­naio scorso. Si tratta di una società di ser­vi­zio con il potere di inter­ve­nire diret­ta­mente nelle aziende in crisi ma con buone pro­spet­tive indu­striali che met­te­rebbe insieme inve­sti­tori pri­vati e sog­getti pub­blici, che potreb­bero inter­ve­nire a certe con­di­zioni con la garan­zia dello Stato. Inol­tre, sem­pre ieri si è appreso della ria­per­tura di linee di cre­dito da parte di Banca Intesa per circa 160 milioni nei con­fronti di Ilva. L’operazione ria­per­tura è stata decisa lunedì durante una riu­nione a Milano fra i tre com­mis­sari dell’Ilva e le ban­che Intesa San­paolo, Uni­cre­dit e Banco Popolare. Que­ste nuove risorse ser­vi­ranno per pagare gli sti­pendi dei dipen­denti diretti dell’Ilva e, in parte, le aziende dell’indotto e i for­ni­tori. La dif­fi­cile situa­zione di que­sti ultimi e delle aziende che van­tano cre­diti verso l’Ilva dovrebbe essere risolta nell’ambito del decreto con un emen­da­mento ad hoc al quale il governo sta lavo­rando. Tra imprese dell’indotto, dell’appalto e for­ni­tori, Ilva van­te­rebbe cre­diti per cen­ti­naia di milioni di euro. Ieri ben 300 tir dell’autotrasporto hanno mar­ciato a passo di lumaca sulle sta­tali che dal side­rur­gico por­tano in città: una pro­te­sta paci­fica al ter­mine della quale è stato ancora una volta lan­ciato l’allarme su una situa­zione sem­pre più inso­ste­ni­bile. L’iniziativa di ieri è sol­tanto l’ultima di una lunga serie por­tate avanti nelle ultime due set­ti­mane dai lavo­ra­tori e ditte dell’indotto, insieme a sin­da­cati e Confindustria. Infine, durante l’udienza di mer­co­ledì del pro­cesso sull’Ilva, il gup Gilli ha sta­bi­lito che le società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elet­trici non risar­ci­ranno i danni pro­cu­rati dagli impu­tati al pro­cesso “Ambiente Sven­duto”, riguar­dante il pre­sunto disa­stro ambien­tale pro­vo­cato dall’azienda. L’Ilva è stata esclusa per­ché dichia­rata insol­vente dal tri­bu­nale fal­li­men­tare di Milano nell’ambito della pro­ce­dura di ammi­ni­stra­zione straor­di­na­ria. Le due società dei Riva, invece, non faranno parte del pro­cesso come respon­sa­bili civili per­ché non pre­senti all’incidente pro­ba­to­rio quando le due società non erano incluse nell’elenco degli inda­gati. Tutte le richie­ste di risar­ci­mento danni, fini­scono nella massa pas­siva dei cre­di­tori che dovranno chie­dere ristoro al tri­bu­nale fal­li­men­tare di Milano entro il 29 aprile, con spe­ranze pres­so­ché nulle di vedere pagato il risar­ci­mento. Ci si potrà even­tual­mente riva­lere nei con­fronti dei sin­goli impu­tati una volta con­dan­nati in via defi­ni­tiva. Ma il risul­tato sarà pres­so­ché identico.