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 2015  febbraio 06 Venerdì calendario

Con la Troika scontro sulle cifre– Il brac­cio di ferro tra Gre­cia e Bru­xel­les rischia di avvi­tarsi attorno a uno scon­tro di cifre

Con la Troika scontro sulle cifre– Il brac­cio di ferro tra Gre­cia e Bru­xel­les rischia di avvi­tarsi attorno a uno scon­tro di cifre. Nei dieci giorni di fuoco dopo la vit­to­ria di Syriza, gli incon­tri e gli scambi di punti di vista tra il nuovo governo greco e i part­ner euro­pei non sono mai usciti dalla discus­sione cen­trata sul debito di 321 miliadi (175% del pil). In effetti, la Gre­cia con­ti­nua ad avere l’acqua alla gola e il tempo stringe per­ché a fine feb­braio fini­sce il secondo piano di «aiuti». Tsi­pras e il mini­stro delle finanze Yanis Vero­fa­kis hanno dichia­rato di voler rinun­ciare all’ultima tran­che di 7 miliardi, per evi­tare la dose di «droga» a cui si è abi­tuato il paese. Ma le casse sono vuote ad Atene, Varo­fa­kis ha ammesso di essere il «mini­stro delle finanze di uno stato in fal­li­mento»: pro­ba­bil­mente non ci sono più di 2 miliardi di euro, anche a causa della mas­sic­cia fuga di capi­tali (10–13 miliardi) che ha avuto luogo da dicem­bre. Per forza di cose, la Gre­cia e il suo governo sono nelle mani della Bce. «La Bce deve soste­nere le nostre ban­che – ha dichia­rato mer­co­ledì Varou­fa­kis – per farci tenere la testa fuori dall’acqua». La Bce, per il momento, sem­bra poco incline ad accet­tare la pro­po­sta di Varou­fa­kis, che chiede un «finan­zia­mento inter­me­dio» fino a giu­gno, data alla quale dovrebbe essere stato rag­giunto un «nuovo accordo» con Bru­xel­les. La Bce finan­zia le ban­che gre­che attra­verso due mec­ca­ni­smi, uno «ordi­na­rio», con­di­zio­nato dall’applicazione del pro­gramma impo­sto dalla troika, e uno d’emergenza: la Bce accetta dei titoli finan­ziari in garan­zia da parte delle ban­che gre­che, che acce­dono anche alle liqui­dità d’emergenza (Ela), misure indi­spen­sa­bili per evi­tare la morte imme­diata per soffocamento. Varou­fa­kis ha stu­diato una pro­po­sta sul modello del Piano Brady, che gli Usa ave­vano messo in atto 25 anni fa per i paesi ultra-indebitati dell’America latina. Il debito attuale ver­rebbe mutato in nuovi «buoni», con i paga­menti indi­ciz­zati sulla cre­scita del pil (per quanto riguarda i pre­stiti accor­dati dai part­ner euro­pei, 190 miliardi), men­tre alla Bce viene chie­sto di tra­sfor­mare le obbli­ga­zioni gre­che (27 miliardi) in titoli «per­pe­tui», che cioè non dovranno mai essere rim­bor­sati, ma pro­dur­ranno inte­ressi, e potreb­bero cosi’ inte­res­sare inve­sti­tori di lungo periodo (come i fondi pen­sione), a cui la Bce potrebbe riven­derle. Que­sto eser­ci­zio di inge­gne­ria finan­zia­ria è stato accolto con fred­dezza a Fran­co­forte, per­ché potrebbe venire assi­mi­lato a un finan­zia­mento diretto della Bce a uno stato, pra­tica espres­sa­mente proi­bita dagli sta­tuti fon­da­tori della Banca cen­trale euro­pea (prin­ci­pio a cui la Ger­ma­nia non intende dero­gare). Per non pre­ci­pi­tare la crisi, la Bce è dispo­sta a rin­no­vare l’Ela per altre due settimane. Poi si vedrà. Ma Fran­co­forte fa sapere che la Bce «non si sosti­tuirà agli stati e all’Fmi» e che per con­ti­nuare a for­nire liqui­dità alle ban­che gre­che chiede in cam­bio «col­la­te­rali», cioè garan­zie di «buona qua­lità» (cioè non solo obbli­ga­zioni del debito pub­blico greco). Da un lato, Atene fa valere che dal 2013 il bilan­cio pub­blico è in ecce­denza pri­ma­ria (cioè prima del paga­mento degli inte­ressi sul debito) e che quindi il lavoro di risa­na­mento è stato fatto, con costi sociali altis­simi. Dall’altro, Bru­xel­les ribatte che il 2,9% del pil greco dipende dai fondi Ue e che il Fesf (fondo euro­peo di sta­bi­lità) ha già abbat­tuto i tassi di inte­resse per Atene (che paga meno di altri paesi della zona euro) e allun­gato i tempi del rim­borso (a più di 30 anni): in sostanza, la Ue e i part­ner pen­sano di aver già fatto molto per la Gre­cia, dove il peso del debito, se si cal­co­lano gli inte­ressi resti­tuiti dalla Bce, pese­rebbe «solo» il 2,6% del pil (con­tro il 5% per il Por­to­gallo e il 4,7% per l’Italia). Nel 2015, sulla carta la Gre­cia deve resti­tuire più di 22 miliardi, e già 4,3 entro fine marzo all’Fmi e altri 8 tra luglio e ago­sto. La Gre­cia sostiene a giu­sto titolo che non puo’ con­su­mare tutto l’eccedente del bud­get (4,1% quest’anno) per pagare gli inte­ressi, ma i part­ner, mal­grado l’affermazione della banca Lazard che con­si­dera i pre­stiti con­cessi «neu­tri» per i bilanci dei cre­di­tori, insi­stono sul fatto che non pos­sono essere i con­tri­buenti degli altri stati a pagare per i greci adepti dell’evasione fiscale (10 miliardi l’anno, secondo il nuovo governo).