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 2015  febbraio 06 Venerdì calendario

FELIPE: «COSI’ HO DETTO ADDIO AL PARMA»

La libertà spesso esige un prezzo elevato. E ora Felipe è un uomo libero. Ha scelto lui di essere libero. Solo che, con quella scelta, ha perso il posto di lavoro. Felipe è un calciatore e dunque non susciterà compassione in nessuno. Troverà presto un’altra squadra perché è un ragazzo dalle belle maniere dentro e fuori dal campo. Il problema è che ha scelto di perdere il lavoro perché era l’unico mo­ do per ritrovare se stesso. Se stesso assieme alla sua famiglia. Si stava smarrendo. Lui, con Cassano, è uno dei due giocatori che hanno deciso di liberarsi dal Parma alla deriva. Risoluzione consensuale del contratto, a metà stagione. L’ultima cosa che può passare per la mente a un calciatore. Qualche gior­ no fa ha chiamato in sede e ha detto che non ce la faceva più. Troppo logorante continuare senza cer­ tezze sul futuro proprio e del proprio club, dove l’accredito dell’ultimo stipendio risale alla scor­ sa estate e dove «dopo è stato solo un susse­ guirsi di promesse non mantenute». Ma la profonda amarezza di Felipe non raccon­ ta un disagio economico: si tratta di equilibri umani. Sa bene di essere un privilegiato e se si fosse trattato solo di soldi si sarebbe comportato diver­ samente: scegliendo la risoluzione ha rinunciato a due anni di con­ tratto.
NIENTE REMORE Con qualche garanzia in più sul futuro del club, che invece spiega di non aver ricevuto, sarebbe rimasto in Emilia. Perché passare per uno che abbandona la barca in difficoltà gli crea un discreto fastidio, «ma quando ti accorgi che ti porti i proble­ mi di lavoro a casa, che ne va del rapporto coi tuoi familiari, allora non c’è remora che tenga».
In questi giorni sta riempiendo gli scatoloni.
Molto presto sarà di nuovo a Udine, dove è sbocciato calcisticamente e dove ha una casa assieme alla moglie Caterina, friulana di Tar­ cento. Ha tempo sino a fine mese per trovare un’altra squadra: se nessuno busserà, se ne riparlerà per la prossima stagione.
Felipe, ora la prima tappa è Udine. E poi? «E poi c’è un bel punto interrogativo. Ho un paio di proposte, una in Italia e una all’este­ ro, ma in realtà non so che cosa mi aspetta.
So solo che devo tenermi in forma, devo far­ mi trovare pronto nel caso arrivi una chiamata. Ma­ gari chiederò all’Udinese la cortesia di “prestarmi” un preparatore che mi segua. Lavorare da solo è molto più difficile».
Difficile è un aggettivo che riassume bene la sua storia. Come si è arrivati a questo punto? «Più passava il tempo e più capivamo che la situa­ zione peggiorava. Ma ci rassicuravano: “Tranquilli, il prossimo mese si aggiusta tutto, è impossibile che il Parma fallisca”. Invece i mesi sono passati senza che cambiasse nulla».
Quando ha iniziato a farsi largo in lei l’idea della risoluzione contrattuale? «Quando l’ha fatto Cassano. Girava vo­ ce che non avrebbero pagato nemme­ no febbraio. Sabato scorso, appena sveglio, è stato come un flash: mi sono deciso di botto. Ho chiama­ to il d.g. Leonardi e l’ho informa­ to».
Lui ha provato a dissuaderla? «Mi ha solo chiesto se ero sicu­ ro, ma non ha insistito. Anzi, mi ha dato una mano. Credo si aspettasse che qualcuno lo facesse, non mi è sembrato sorpreso. Mi spiace tanto per­ ché a Parma ci sono andato per lui. Con lui sono cresciuto (a Udi­ ne, ndr)».
Lei parla di una decisione quasi istintiva: non era meglio pensarci ancora? «No. Non stavo bene con me stesso, con mia moglie e con mia figlia. Il mio umore era peggiorato, mentre io sono allegro.
Non esiste tornare a casa sempre pieno di pensieri. Non lascio Parma per questione di soldi. Il problema è che è stata una presa in giro continua».
A iniziare da Ghirardi? «Con lui non ci siamo resi conto di quan­ to la situazione fosse già grave. Eppure qualche campanello c’era stato: ad esempio chiede­ vano a tutti di spalmare l’ingaggio. A me due volte.
Ghirardi non si è comportato correttamente, per­ ché non ha mantenuto le promesse. E poi ci ha la­ sciato per strada».
E la nuova proprietà? «Da una delusione all’altra. Per ora non mi sento di affermare che il Parma è finito in buone mani.
Quando c’è stato il cambio ci eravamo un po’ tran­ quillizzati, pensavamo che i problemi sarebbero stati risolti. Ma il discorso del presidente Kodra alla squadra non è stato molto convincente. E vedere il modo in cui sono stati ceduti alcuni giocatori non fa ben sperare».
Anche con Donadoni non è stato proprio un idillio.
«Già. Un rapporto che tutt’ora non riesco a capire.
Dopo l’espulsione di Palermo a novembre non mi ha più conside­ GHIRARDI rato. Non mi ha mai dato spiega­ zioni reali: ci ho parlato, certo, ma LASCIATO senza capire le sue logiche. Dicia­ STRADA. mo che ha facilitato la mia deci­ PROPRIETÀ sione». UN DISCORSO Ha detto che Cassano ha ispirato la sua scelta. «Vero. Ci siamo confrontati sul te­ ma e ci siamo trovati d’accordo.
Con lui ho un bel rapporto, ma ov­ DI DONADONI. viamente c’era una situazione che FACILITATO non faceva bene a nessuno».
Qual è adesso il suo stato d’animo? «Rifarei tutte le scelte. Mi hanno fatto crescere. Ma mi fa rabbia ve­ FELIPE dere che nel calcio ci sono troppi SU SOCIETÀ raccomandati. E’ brutto da dire, ma è così».
Come mai il Felipe-fenomeno di Udine si è smarrito strada facendo? «Me lo chiedo spesso. I problemi sono iniziati a Fi­ renze, da lì in poi non sono più stato tranquillo. Di certo qualche errore l’ho fatto anch’io».
Che cosa lascia a Parma? «Innanzitutto gli amici, una bella città. Mi ero inse­ rito bene. Mia figlia che ha 7 anni dovrà cambiare scuola. Lascio anche i prossimi due anni di contrat­ to. L’ultimo stipendio risale a luglio. In teoria do­ vrebbero pagarmi fino al prossimo maggio. Ma quello che mi spiace di più è vedere nella stessa si­ tuazione i dipendenti del club. Io sono fortunato e posso fare a meno di qualche mensilità. Loro no.