Raffaele Panizza, Panorama 5/2/2015, 5 febbraio 2015
150 SFUMATURE DI PINTUS
Sembrava un titolo furbo e invece, 50 sfumature di Pintus, è una vera confessione. Dietro allo spettacolo teatrale già visto da 250 mila spettatori in 150 repliche (ne mancano ancora 22), dietro al comico che in primavera su Italia Uno raccoglierà il testimone di Fiorello per la nuova versione del karaoke, c’è Angelo Pintus, personaggio complicato e ricolmo di chiaroscuri. Se non proprio cinquanta, quindici almeno sì. Eccoli. Arriva Cinquanta sfumature di grigio, l’originale. Con il sadomaso che rapporto ha?
Nessuno. Le mie preferenze sessuali sono tutte orientate verso le donne mature, che ho sempre adorato. Le ragazze sotto i 40 non mi sono mai piaciute: sono per le mamme, io.
Quindi all’Isola dei famosi... Tra Katherine Spaak e Fanny Neguesha? Ecco. In quel caso, virerei sulla Marcuzzi. Nel suo spettacolo ci sono parecchi momenti dark. Perché? La vita ha tante sfaccettature e un comico dovrebbe avere i coraggio di raccontarle tutte. Far ridere è facile, mettere in scena la malinconia meno. C’è la scuola, per esempio, periodo drammatico a quanto sembra. Ho faticato, ammetto. Ma ne ho anche combinate tante: nel banco avevo fatto un buco del calibro esatto di una cannuccia: la infilavo, tenevo la lattina di Coca cola sulle ginocchia e bevevo per tutta la lezione. Si dice che lei si nutra come un asceta. Fino al primo febbraio me la sono goduta. Da adesso, solo pollo e bresaola, mai dopo gli spettacoli. Due anni fa pesavo quasi 100 chili, ora sono sceso a ottantadue punto cinque: mi peso tutti i giorni. Ha tendenze ossessive? Verso gli orologi, e non intendo i Rolex. Li guardo mille volte al giorno e in una stanza piena di rumori riesco a sentire il tic tac di una lancetta, se c’è. È un metodico? Prima di andare a letto redigo un foglietto con le cose da fare il giorno dopo. Quando ricevo una bolletta la pago il giorno stesso, e anche le multe. In scena mi trasformo in un demente totale. È vero che lo schizzato che interpreta nel film di Ruffini è lei, tre anni fa?
Per i tic, principalmente. Strizzavo gli occhi 100 volte e tiravo sempre su col naso, cosa che faccio ancora. Anche perché mangio troppi dolci e vado in esubero di zuccheri: se non esco a correre, in certi casi, divento pazzo.
Perché non s’è fatto ancora cucire addosso un pirotecnico film di Natale? Perché il mio sogno è fare un film dove si piange, come La vita è bella. Oppure un cartone animato in stile Miyazaki. Per tutto il resto c’è già Checco Zalone: far ridere quanto lui è impossibile. Se ne sei consapevole, vivi meglio.
Perché ha rifiutato di passare a Sky, nonostante l’assegno? Mi sono chiesto: se avessi 10 anni, vorrei vedere un tizio come me in tv? Sì. Poi ho pensato: i bambini possono pagare l’abbonamento a Sky? No. È stato facile.
I soldi non comprano un sorriso.
Ho passato i miei primi trent’anni senza un euro, e son sempre stato felice. Significa che si può star senza. Neanche uno sfizio, col cachet?
Le auto d’epoca. Se potessi, ne comprerei un numero infinito. Anche alla guida mi trasformo, sono un mostro. Di quante persone si fida, nel mondo? Tre, quattro al massimo.
Pochine.
Per questo che mi rifugio nei bambini. Quando lavoravo come animatore alla Valtur mangiavo con loro pranzo e cena, perché erano gli unici a non fare domande idiote. La mia fiducia negli adulti, è pari a zero.