Paolo Manzo, Panorama 5/2/2015, 5 febbraio 2015
CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA
Disporre l’arresto di Cristina Kirchner e di Héctor Timerman». Era il giugno 2014 quando il procuratore Natalio Alberto Nisman aveva messo nero su bianco l’intenzione di mandare in galera la presidente e il ministro degli Esteri dell’Argentina, colpevoli di tramare con l’Iran per togliere gli «allarmi rossi» dell’Interpol contro gli accusati dell’attentato della mutua ebraica Amia, che nel ‘94 uccise 85 persone a Buenos Aires. La richiesta in questione non fu mai inviata, ma fa parte dell’inchiesta sulla sua morte. «Vicenda che rappresenta “il caso JFK di una repubblica delle banane”» dice Jorge «Ruso» Boimvaser, esperto di intelligence che sul tema sta per pubblicare il secondo libro, sorseggiando un mojito al bar dell’hotel Hilton di Puerto Madero.
Siamo nell’Argentina della «presidenta», che tutto vorrebbe fuorché parlare di Nisman, il suo nemico numero uno anche se morto e sepolto. Una morte avvolta dal mistero, come del resto è Buenos Aires, mai come oggi capitale degli enigmi. A cominciare «dall’attentato alla mutua ebraica, il più terribile che colpì le Americhe prima dell’11 settembre» sottolinea Gustavo Perednik, grande amico di Nisman e autore di un best-seller dal titolo premonitore: Uccidere senza che nessuno se ne accorga. Protagonista, il magistrato che da 10 anni stava indagando sulle trame oscure dietro la bomba. Scoprendo anche altro e arrivando molto in alto, addirittura alla presidenza. Ecco perché oggi Nisman morto pesa più che da vivo, soprattutto nell’anno delle presidenziali.
Il 14 gennaio scorso Nisman ha denunciato la Kirchner senza però chiederne l’arresto, come nella bozza di sei mesi prima. Sul banco degli accusati c’erano Timerman e altri personaggi tra cui Ramón Allan Bogado, detto «el Francés». Secondo Nisman, quest’ultimo è uno degli 007 che ha agito per conto della «presidenta» nel coprire le responsabilità degli iraniani e di Hezbollah, considerati i responsabili dell’attentato più sanguinoso del Sudamerica. Quattro giorni dopo, poche ore prima di andare in parlamento a presentare la denuncia contro Cristina, Nisman è trovato morto nel suo appartamento, al tredicesimo piano del lussuoso complesso delle torri Le Parc. Siamo a meno di un chilometro dalla Casa Rosada, il cui lato sinistro s’affaccia sulla sede dell’ex Side, oggi Si, l’intelligence civile di cui la Kirchner ha appena annunciato «l’immediato scioglimento». A dominare incontrastata resta quella militare, guidata dal discusso generale César Milani.
Al suicidio di Nisman (la prima versione suggerita dalla Kirchner, salvo poi accusare suoi 007 «deviati») credono in pochi. L’85 per cento degli argentini ritiene che il magistrato sia stato ucciso o «indotto al suicidio». Se si tratta di omicidio, «è stata opera di un professionista» assicura una fonte vicina agli inquirenti: «non è stata trovata alcuna traccia della presenza di altre persone nel bagno dove giaceva il cadavere».
Numerose le stranezze. La prima è che l’analisi del guanto di paraffina fatta su Nisman ha dato esito negativo: niente polvere da sparo. La seconda è il foro d’entrata del proiettile calibro 22, due centimetri dietro l’orecchio destro. «Doveva essere un contorsionista per uccidersi in quel modo» ironizza Bernardo Erlich del quotidiano Clarín. Gli inquirenti sostengono che ciò non significa che «non si sia sparato». Di tutt’altra idea i vicini di Nisman intervistati da Panorama all’entrata del Le Parc. «Uno sparo si sente e quella domenica non ce ne sono stati» spiegano, per poi chiedersi ironici: «Visto che non è stato trovato un silenziatore, che cosa ha fatto Nisman? Prima si è “suicidato” e poi l’ha nascosto?». Ma c’è altro: quando la denuncia di Nisman è stata resa pubblica, da un lato il governo s’è affrettato a screditarla, dall’altro ha scaricato «el Francés», accusandolo di essere un truffatore. «Difficile però spiegare come mai Bogado sia conosciuto tanto da Aníbal Fernández, potente segretario generale della presidenza, quanto dalla Kirchner», osserva l’esperto dei servizi Boimvaser. «Quest’ultima a fine 2014 l’avrebbe convocato alla Casa Rosada per metterlo a capo della sezione Operazioni speciali della Si, l’intelligence civile. L’atto di nomina, avvenuta per iscritto con tanto di firma presidenziale, è stato messo al sicuro da Bogado, che è pronto a tirarlo fuori al momento opportuno perché la ritiene una polizza sulla vita».
L’accusa mossa da Nisman è gravissima. Soprattutto perché denuncia un «negoziato» con Teheran portato avanti da una «diplomazia segreta parallela», con i morti dell’Amia scambiati per una «vendita di armi» tirata in ballo più volte. Questo almeno risulta dalle sei intercettazioni diffuse sinora. Sono però centinaia e verranno fuori a un ritmo crescente nei prossimi mesi, che si preannunciano tremendi. Per questo la «presidenta» Cristina odia Nisman anche da morto, tanto da non avere neanche fatto le condoglianze alla famiglia. Ma anche perché dalle prove raccolte dal magistrato si evidenzierebbe il coinvolgimento del Venezuela nell’appoggio al terrorismo iraniano e a Hezbollah. Ne è convinto lo scrittore Perednik: «L’Argentina si è incamminata verso un governo legato alle peggiori gang, sul modello del Venezuela». Una conseguenza del chavismo, che vede nella rivoluzione islamica un alleato per cambiare il mondo. «Gli argentini», continua l’amico di Nisman, «sono spaventati perché a uccidere non è una dittatura militare ma un governo democratico». Per Boimvaser, invece, «il cadavere di Nisman è stato tirato tra i piedi di Cristina per una vendetta» dell’ex direttore Operazioni speciali Jaime Stiusso, licenziato dalla Kirchner a fine 2014 e vicino alla Cia.
Già, la Cia. In questi guazzabuglio c’è chi sostiene che il nuovo corso di Washington abbia sacrificato Nisman sull’altare della Realpolitik. «Allora Bush stava per attaccare l’Iran» spiega l’avvocato Gabriel Labaké, «mentre oggi il negoziato con Teheran interessa molto a Obama». L’avvocato difende uno degli iraniani imputati per la strage Amia, dunque è di parte. Non lo è invece Ronald Noble, ex capo dello United States Secret service e sino al 2014 segretario generale Interpol: 48 ore prima della morte di Nisman aveva inviato al ministro degli Esteri Timerman un’email in cui in pratica dava del «bugiardo» a Nisman. Un formidabile assist ai media filo-governativi per squalificare la credibilità del magistrato. Messaggio in codice o coincidenza? Certo è che l’auto usata da Nisman, un’Audi, apparteneva alla Palermopack, azienda di un socio di Eugenio Ecke, operatore dell’ex spia della Cia Frank Holder, come ha denunciato il giornalista Juan Cruz Sanz. «Di certo Alberto considerava Noble un mediocre, ma non è stato vittima di un gioco internazionale» chiosa il suo amico Perednik. «A ucciderlo è stata la viltà del suo governo, che lo ha venduto agli iraniani».