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 2015  febbraio 04 Mercoledì calendario

ORA BERLINO RENDE MENO DI TOKYO

Lo spettro di uno scenario giapponese per l’Eurozona è sempre più concreto. Lo conferma la discesa del rendimento del Bund a dieci anni sotto quello del titolo decennale del Giappone, registrata ieri per la prima volta nella storia. Un segnale di quanto pericoloso sia lo stallo in cui è caduta Eurolandia. Il paragone con l’economia giapponese non è più un’ipotesi, ma una realtà legata a tassi di crescita attorno allo zero e prezzi in discesa ormai in tutta l’area euro, Germania inclusa.
Il sorpasso è stato causato ieri da una domanda più bassa del previsto in un’asta di titoli giapponesi a dieci anni. Per essere collocati interamente, i bond di Tokyo hanno dovuto offrire un rendimento dello 0,36%, superiore dello 0,08% rispetto al giorno prima. Si tratta di pochi punti base, che hanno però fatto sì che i titoli giapponesi si portassero su un livello superiore di 5 punti base rispetto al Bund. Il rialzo dei tassi in Giappone va avanti da fine gennaio, quando si trovavano allo 0,19%. Ora il rendimento è quasi raddoppiato. E adesso persino il Giappone può calcolare il suo spread nei confronti del Bund, che nel frattempo ha visto scendere i suoi tassi. Negli ultimi dodici mesi i tassi dei bond tedeschi sono scesi dell’1,3%.
La Germania, così come il Giappone, beneficia di un contesto di incertezza, che negli ultimi giorni risente soprattutto della possibile rinegoziazione del debito greco. Gli investitori chiudono le esposizioni più rischiose per parcheggiare la liquidità in titoli sicuri. Ma il fenomeno non è soltanto legato al flight to quality. Innanzitutto il calo dei rendimenti dei bond governativi dell’Eurozona è connesso con gli ingenti acquisti di titoli di Stato (60 miliardi al mese) che presto saranno fatti dalla Bce e dalle banche centrali nazionali. I titoli tedeschi saranno i più acquistati, visto il maggior peso della Bundesbank nel capitale Bce. Gli acquisti aumentano i prezzi e quindi spingono giù i rendimenti (già negativi per Berlino sulle scadenze più brevi dei dieci anni). Infine contano le aspettative di inflazione. Un rendimento così basso, di fatto nullo per dieci anni, può essere accettato soltanto da investitori che prevedono prezzi stabili o in discesa. Così come l’inflazione riduce il tasso reale di un titolo, la deflazione lo aumenta. In tal senso alcuni analisti hanno visto, nel calo dei tassi dei titoli tedeschi sotto quelli giapponesi, una sfiducia nella capacità della Bce di stimolare la crescita e risollevare i tassi di inflazione nel lungo termine. L’Eurozona ha mostrato un calo dei prezzi dello 0,6% a gennaio, come conseguenza di un’economia debole in tutta l’area (non solo nei Paesi della periferia, tra cui l’Italia, già da tempo in deflazione). Nello stesso mese anche la Germania ha mostrato una discesa dei prezzi per la prima volta in più di cinque anni.
Non si può escludere che i tassi giapponesi tornino sotto quelli tedeschi nei prossimi giorni. Lo prevedono molti analisti. Ma di certo i livelli resteranno simili. È un indice di come ormai le due aree stiano diventando sempre più simili, come ha detto ieri Richard McGuire di Rabobank: «Il mercato ritiene che le forze disinflattive che colpiscono l’Eurozona non sono affatto transitorie».
Anche la banca centrale giapponese ha in corso un piano di acquisto titoli di Stato per 12 mila miliardi di yen (90 miliardi) al mese. L’enorme liquidità iniettata dalle banche centrali fa sì che i rendimenti siano sotto zero in molti Stati e per molte scadenze. La scorsa settimana sono stati scambiati oltre 3.600 miliardi di dollari in titoli di Stato di Paesi sviluppati con rendimenti negativi, un controvalore che copre il 16% dell’indice obbligazionario globale Global Bond di Jp Morgan. «I mercati obbligazionari dei principali Paesi dell’Eurozona, ma anche di Svizzera, Danimarca, Svezia e Giappone, hanno una grande quantità di titoli di Stato con tassi sotto lo zero», ha sottolineato un’analisi di Jp Morgan, secondo cui la ricerca di alternative è una delle maggiori sfide che i gestori devono affrontare in questa fase. Intanto il Treasury americano a dieci anni, che nei giorni scorsi ha superato il rendimento del Btp a dieci anni, va in direzione opposta: ieri è salito di 11 punti all’1,78%, contro l’1,58% del Btp a 10 anni.
Francesco Ninfole, MilanoFinanza 4/2/2015