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 2015  febbraio 04 Mercoledì calendario

IL PROGRAMMA DI TSIPRAS PREVEDE L’USCITA DELLA GRECIA DALLA NATO. CI SARÀ UNA NUOVA CUBA NEL MEDITERRANEO?

Tra le basi della Nato in Europa, quella che si trova nella Baia di Suda, sulla costa ovest dell’isola di Creta (Grecia), è tra le più importanti sul piano strategico e militare. Collocata al centro del Mediterraneo, ospita reparti sia della marina militare greca, sia dell’alleanza atlantica. Nel suo vasto perimetro è operativa anche una base aerea della U.S. Navy, base tuttora impegnata nel fare rispettare la no-fly zone dell’Onu sulla Libia. A nord della Baia di Suda c’è un’altra struttura militare: il poligono missilistico Namfi (Nato missile firing installation), usato dai Paesi Nato per testare i sistemi missilistici di difesa, come i Patriot e gli Hawk. Tutto questo ha fatto finora della Grecia un partner fondamentale della Nato nel Mediterraneo.
Lo sarà anche in futuro? Il dubbio è più che fondato. Basta leggere con attenzione i 40 punti in cui Alexis Tsipras ha condensato il programma di governo con il quale ha vinto le elezioni e conquistato la guida del governo greco. Il punto 40 recita testualmente: «Chiudere tutte le basi straniere in Grecia e uscire dalla Nato». Senza dubbio, una scelta di netta rottura con la tradizionale politica filo-atlantica di Atene. Ma non l’unica. Dopo i primi 36 punti del programma, tutti dedicati alle questioni economiche e sociali, il programma di Tsipras definisce la nuova politica estera greca in quattro punti, che ribaltano quella seguita finora.
Vediamoli. Punto 37: «Ritiro delle truppe greche dall’Afghanistan e dai Balcani: nessun soldato fuori dalle frontiere della Grecia». Punto 38: «Abolire gli accordi di cooperazione militare con Israele. Appoggiare la creazione di uno Stato palestinese nelle frontiere del 1967». Punto 39: «Negoziare un accordo stabile con la Turchia». Visto che il punto 40 riguarda l’uscita dalla Nato, si spiega come mai la nuova politica estera di Atene è ben vista a Mosca da Vladimir Putin, ma preoccupa Washington e le capitali europee che fanno parte della Nato.
Finora, le analisi dei giornaloni sulla Grecia si sono concentrate soprattutto sul problema dei debiti e sull’intenzione di Tsipras di chiederne una parziale cancellazione. Richiesta che il leader greco ha sottoposto ieri anche al premier Matteo Renzi, dopo che il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis lo aveva fatto a Parigi e a Londra. La cancelliera Angela Merkel ha però escluso qualsiasi taglio dei debiti greci, lasciando ben pochi margini di manovra ai capi di governo degli altri Paesi Ue.
Lo scenario si è ancor più ingarbugliato dopo che, a sorpresa, il presidente Usa, Barack Obama, si è detto favorevole a non «spremere troppo un Paese in recessione» come la Grecia, quasi a smentire Angela Merkel. In realtà, la linea americana appare motivata non tanto da questioni economiche (gli Usa non hanno prestiti da riscuotere in Grecia), bensì da preoccupazioni militari e geopolitiche. Se davvero Tsipras arrivasse a chiudere le basi militari straniere in Grecia, compresa quella della Nato (usata dalla U.S Navy), il vantaggio sarebbe tutto della Russia di Putin, che non a caso è stato il primo a complimentarsi con Tsipras dopo la vittoria elettorale.
Quel messaggio di congratulazioni è da giorni oggetto di studio delle diplomazie. Putin vi si dice fiducioso che «Grecia e Russia potranno proseguire lo sviluppo della loro tradizionale cooperazione costruttiva in tutti i settori e lavoreranno insieme in modo efficace per la soluzione dei problemi attuali in Europa e nel mondo». In pratica, l’annuncio di una nuova cooperazione Russia-Grecia «in tutti i settori», in Europa e nel mondo. Parole che a Washington hanno fatto scattare più di un campanello d’allarme, nel timore che la Grecia di Tsipras diventi il cavallo di Troia di Putin in Europa.
Per smorzare queste voci, Tsipras ha corretto il tiro, dicendo che non intende rompere con la Nato «in quanto non è nell’interesse del Paese». Ma la deriva filorussa del suo governo è provata da diversi episodi, ben presenti alla diplomazia Usa. Il neo ministro degli Esteri, Nikos Kotzias, ex comunista, è di casa a Mosca, dove si reca spesso, ospite dei servizi di sicurezza. Negli anni Ottanta applaudì la repressione di Solidarnosc. Nel 2014 ha bocciato l’accordo Ue-Ucraina. Nei giorni scorsi ha definito l’Ue «un impero idiosincratico dominato dalla Germania», e contrastato le nuove sanzioni Ue contro la Russia.
Anche il neo ministro greco della Difesa, Panos Kammenos, leader della destra estremista Greci Indipendenti, alleata di Syriza al governo, è spesso a Mosca: il 15 gennaio ha fatto visita alla Duma e incontrato il capo della commissione Esteri, Alexei Pushkov, che è nella lista degli indesiderati di Usa e Canada allegata alle sanzioni economiche.
Le relazioni tra i due Paesi sono destinate a rafforzarsi in più settori: il 2016 sarà l’anno del turismo di Russia e Grecia; Gazprom ha una base ad Atene per maggiori affari nell’energia (gasdotti), mentre altre aziende russe sono interessate a sviluppare la cooperazione nelle infrastrutture portuali. Senza dimenticare le relazioni culturali e religiose: Putin ha finanziato il restauro di un grande monastero russo sul monte Athos.
Forse è esagerato affermare che la Grecia sia già una nuova Cuba piantata al centro del Mediterraneo, ma le premesse ci sono tutte.
Tino Oldani