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 2015  febbraio 04 Mercoledì calendario

LO STRANO CASO DELLA LANZETTA

Fino a qualche giorno fa era un ministro della Repubblica. Adesso è pronta a tornare dietro al bancone della sua farmacia di Monasterace, piccolo comune ionico in provincia di Reggio Calabria. Aveva infatti deciso di lasciare il dicastero degli Affari regionali, dove si era insediata appena 11 mesi fa, per fare l’assessore regionale nella nuova giunta del bersaniano Mario Oliverio. Ma non tutto è filato liscio. E così, un po’ per volontà sua e un po’ per una singolare concatenazione di eventi, nel giro di una settimana Maria Carmela Lanzetta si è ritrovata senza più alcun incarico politico, lei che da sindaco di Monasterace aveva fatto il grande salto al governo nazionale.
Ma proviamo a fare ordine in questa vicenda dai risvolti misteriosi. Nel weekend del 24 e 25 gennaio la stampa calabrese diffonde le indiscrezioni sulla squadra di governo che il neo presidente Oliverio intende presentare. Tra i nomi c’è quello della Lanzetta, unico ministro in quota civatiana nel governo Renzi, nonché membro della direzione nazionale del Pd proprio come componente della corrente di Pippo Civati. Il primo giallo è subito servito: nemmeno una telefonata del premier Matteo Renzi la avverte della consultazione avuta con Oliverio. Si sprecano le ricostruzioni che scorgono nella scelta di affidarle l’assessorato calabrese a istruzione e cultura, la volontà del primo ministro di sbarazzarsi dell’unica civatiana in Consiglio dei ministri. Oliverio non ci sta, rivendica l’autonomia della nomina. Alla Lanzetta non sembra vero di poter tornare verso casa; se ne va rilasciando dichiarazioni contro la stampa nazionale che non l’ha mai considerata in questo anno di attività, ben felice di abbandonare i palazzi romani dove non s’è trovata a suo agio. La sua fretta nell’annunciare le dimissioni da ministro è quasi sospetta, non attende nemmeno la composizione definitiva della giunta regionale che già comunica di fare le valigie. Sembra quasi non stare nella pelle, come se avesse la smania di scappare dal ministero degli Affari regionali per rincasare al più presto.
Dopodiché, nei primi giorni della settimana scorsa, si consuma il secondo pasticcio. Nella composizione definitiva della giunta Oliverio c’è Nino De Gaetano al quale vengono assegnate le pesanti deleghe ai trasporti e alle infrastrutture. Si tratta di un ex consigliere regionale eletto nel 2005 con Rifondazione comunista e nel 2010 con la Federazione della Sinistra, poi passato al Pd. Il suo nome compare in una recente inchiesta ribattezzata «il Padrino» contro la cosca ’ndranghetista Tegano di Archi nel territorio di Reggio Calabria; nel rifugio del latitante Giovanni Tegano gli inquirenti hanno infatti trovato documentazione elettorale (perlopiù santini) riconducibile a De Gaetano e relativa alle regionali del 2010. Il neo assessore non risulta indagato, si dice estraneo a questa inchiesta, ma il suo indiretto coinvolgimento è bastato per fare gridare allo scandalo la Lanzetta. Da un pezzo da novanta del governo Renzi come il sottosegretario Graziano Delrio è arrivata poi la bacchettata a Oliverio per la scelta di affidare un assessorato a un personaggio discusso come De Gaetano. Dal canto suo l’ex ministra, una volta saputo quale compagno avrebbe avuto attorno al tavolo della giunta regionale e una volta capito che non sarebbe stato rimosso, s’è fatta da parte. La sua magra consolazione è stata infine una comparsata di pochi minuti sabato sera su Rai3 a Che tempo che fa, dove Fabio Fazio l’ha fatta parlare del impegno contro la ’ndragheta. Ma lei s’è guardata bene dal fare piena luce sul suo repentino passaggio dalla poltrona di ministro al bancone della farmacia.
Giovanni Bucchi, ItaliaOggi 4/2/2015