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 2015  febbraio 04 Mercoledì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 16

(Il Monte Bianco non è in Italia)

Vedi Biblioteca in scheda: 2303066
Vedi Database in scheda: 2301452

LE BIZZARRIE E I NONSENSE DELLA GEOGRAFIA –
Arbezia. L’Arbezia è uno Stato di mille metri quadri, collocato nel Giura e coincidente, in pratica, con l’hotel Arbez, posto a metà tra Francia e Svizzera. Il confine tra i due paesi attraversa anche le camere da letto (il marito in Francia, la moglie in Svizzera) oppure certi tavoli del ristorante. «Passami il sale», detto nel salone ristorante, è una frase potenzialmente ricca di implicazioni internazionali. Ma i due paesi si sono messi d’accordo ed è stato deciso che non sarà in nessun caso necessaria, nella vita quotidiana dell’albergo, l’esibizione dei documenti.
Monte Athos. Al momento dell’adesione all’Europa, i greci pretesero che l’Unione garantisse lo statuto speciale del Monte Athos, dove le donne non possono entrare. L’Unione, benché le regole del Monte Athos siano ad esempio in contrasto con Schengen, ha accettato. Il territorio è separato dal resto della Grecia da un muro lungo una decina di chilometri, è amministrato da greci e turchi insieme e ospita una ventina di monasteri abitati da un migliaio di monaci.
Monte Bianco. Sulla questione del Monte Bianco dovrebbe valere il Trattato di Torino del 1860: il confine tra Italia e Francia passava sul cocuzzolo, intendendosi che il versante di là (con la Savoia e la provincia di Nizza) fosse francese e quello di qua italiano. Tuttavia l’esercito francese pubblica in genere mappe da cui risulta che il Monte Bianco è tutto loro e lo stesso fa l’Istituto Geografico Nazionale francese, e alla fine anche le mappe di Google hanno accolto questa versione dei fatti. E però la Francia non ha mai registrato presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite il Trattato di Torino, il che potrebbe dare all’Italia un argomento per pretendere la restituzione di Nizza e Savoia.
India. “Enclave”, un pezzo di territorio mio che sta in territorio tuo. Il caso più complicato riguarda forse le centosei enclave indiane in Bangladesh che fronteggiano le novantadue enclave bengalesi in India. Parecchie enclave hanno poi delle contro-enclave, zone che tornano ad appartenere a una delle due nazioni. Per l’esattezza tre contro-enclave appartengono all’India (si tratta di territori indiani in un’enclave bengalese piazzata in territorio indiano) e ventuno al Banglades, cioè territori bengalesi sistemati, come una macchia, in un’enclave indiana in territorio bengalese. C’è anche il caso, unico al mondo, di una contro-contro-enclave: un territorio indiano, all’interno di un’enclave bengalese, a propria volta appartenente a un’enclave indiana in Bangladesh. Questo pezzo di terra misura 0,69 ettari e, almeno fino al 2002, apparteneva a un certo Kiri Prashad Babu. La questione è resa più complicata dai cattivi rapporti tra i due paesi, a ogni passo bisogna mostrare i documenti, in definitiva gli abitanti di un’enclave o, peggio, di una contro-enclave sono una specie di prigionieri a vita.
Hong Kong. Incerti sui diritti relativi a Kowloon, due chilometri quadrati e mezzo all’interno di Hong Kong, gli inglesi abbandonarono il posto, senza che vi mettessero piede i cinesi. Fiorì dunque, nel groviglio dei 359 edifici sorti senza nessun criterio in quel punto, una quantità inverosimile di attività illegali.
Jugoslavia. Era importante che il principe Alessandro, figlio del re di Jugoslavia Pietro II, nascesse in territorio jugoslavo. Così Churchill creò la più piccola, e la più effimera, enclave della storia, dichiarando territorio jugoslavo per 24 ore la suite 212 dell’hotel Claridge di Londra. Il re era fuggito in Inghilterra a seguito dell’invasione nazista del suo paese.
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 4/2/2015