Bruno Tinti, il Fatto Quotidiano 31/1/2015, 31 gennaio 2015
ITALIA E GIAPPONE: TROVA LE DIFFERENZE
Giovedì, “al tramonto del sole, ora di Mosul”, l’Isis avrebbe ucciso Kenji Goto, il giornalista giapponese catturato mentre indagava sulla scomparsa di un contractor, Haruna Yukawa, a sua volta sequestrato a giugno e ucciso 7 giorni fa. Anche Mouad Al Kassasbeh, pilota giordano, sarebbe stato ucciso in quella stessa ora se la Giordania non avesse liberato una terrorista, Sajida al-Rishawi, facente parte di un gruppo che ha ammazzato una sessantina di persone.
Il Giappone ha ribadito che non cede a nessun ricatto, pecuniario o politico che sia; la Giordania ci sta pensando: vuole la prova in vita di Kassasbeh; poi si vedrà. Ma è evidente che non vogliono essere truffati; i soldi non sono un problema. Nel frattempo, da bravi commercianti arabi, quelli dell’Isis hanno aspettato ancora un po’. Ma siccome sono arabi sanguinari probabilmente aspetteranno poco. L’Italia – dal canto suo non ha avuto dubbi: quando hanno sequestrato Greta e Vanessa, le “volontarie” andate in Siria a fare “volontariato”, ha rovesciato le tasche e ha regalato ai subumani dell’Isis la bella somma di 16 milioni (euro, dollari?). E uno si chiede un sacco di cose.
Ovviamente il Giappone, la sua classe dirigente e i suoi cittadini hanno principi e regole diverse dalle nostre. Hanno ammazzato un loro concittadino, a prova che facevano sul serio, e minacciano di ammazzarne un altro; ma loro niente, al ricatto non si cede. Meglio loro o meglio noi? Beh, loro hanno le centrali nucleari e noi ci sveniamo a comprare energia dalla Francia che le centrali le ha costruite a ridosso delle nostre frontiere. Loro hanno avuto il terremoto e lo tsunami più terribili mai conosciuti e hanno ricostruito tutto con alacrità e senza scandali tangentizi; noi lasciamo perdere... Loro hanno fiorenti (è dir poco) industria navale, automobilistica, informatica e non so quant’altro; e noi abbiamo delocalizzato Fiat e chiudiamo non si sa quante centinaia di imprese all’anno.
Loro hanno … tutto; e noi niente; e stiamo distruggendo il poco che resta. C’entreranno qualcosa l’onestà, la dignità, la fermezza d’animo, la coerenza, la razionalità soprattutto? Perché è chiaro che ogni riscatto pagato è il motivo per cui se ne pagherà un altro: “Hai visto, basta che ne sequestriamo due o tre e incassiamo milioni di dollari. Diamoci da fare”.
Certo, lo scambio di prigionieri militari è diverso. Io ti restituisco il pilota e tu mi dai la terrorista; entrambe le parti riacquistano una risorsa bellica. E, se lo scambio non è equilibrato (uno contro 100) si può anche rifiutare; scelte politiche legittime : quanto vale un addestrato pilota da caccia rispetto a 50 abbrutiti kamikaze mancati? E diverso è anche il caso di dipendenti di imprese inviati a lavorare in zone a rischio. Lì il sequestro è come l’infortunio sul lavoro, si stipulano assicurazioni apposite; l’impresa paga perché – altrimenti – nessuno ci andrebbe.
Ma per quale straccio di motivo deve essere lo Stato a pagare le iniziative improvvide di singole persone? L’alpinista bloccato in parete il soccorso alpino non lo salva mica gratis. E quando vado a divertirmi in pista con i miei amici e finisco contro il guardrail, i miei danni me li pago da solo. Certo, il “volontariato” – religioso o laico che sia – è parola magica: alti ideali, altruismo, sacrificio. Ma non è lo Stato che lo richiede, è la propria coscienza che lo impone. Ha senso che io faccia pagare ad altri le spese delle mie scelte? Non solo questi altri non ne sanno niente delle mie scelte ma forse nemmeno le condividono. Per questo c’è una grande differenza fra il volontariato laico e quello religioso. Nel secondo caso la scelta originale è personale: fede, carità, impegno a favore del prossimo; ma l’invio in luoghi pericolosi dove esercitare i propri voti è proprio della struttura da cui dipende il credente. Sarà questa, il convento, l’ordine, il Vaticano a pagare quanto eventualmente necessario per salvare i propri “dipendenti”.
Infine. Ma che razza di “volontariato” è prendersi uno zaino e andare in Siria, proponendosi, una volta arrivate, come “volontarie”? Dove, come, quando? È evidente la superficialità di simili iniziative. Perché, se superficiali non fossero, allora posti dove fare volontariato, in Italia, ce n’è a tinchitè (Camilleri). Caritas, centri di accoglienza migranti, dormitori, distribuzione cibo alle mense pubbliche, pulizia luoghi e monumenti pubblici, l’elenco è infinito. Vero. Ma, vuoi mettere con “sono andata in Siria a fare volontariato”? Infine. La legge 8/91, art. 1-4° comma, punisce con la reclusione fino a 5 anni chiunque si adopera per far conseguire agli autori del delitto di sequestro di persona il prezzo della liberazione della vittima. Insomma chi ha pagato e chi ha ordinato di pagare ha commesso un reato, perseguibile d’ufficio dalla Procura competente (dovrebbe essere Roma). Vuoi vedere che si riapre la “guerra” tra magistratura e politica? Naturalmente l’aggressore sarà la magistratura.
Bruno Tinti, il Fatto Quotidiano 31/1/2015