Paolo Siepi, ItaliaOggi 31/1/2015, 31 gennaio 2015
PERISCOPIO
Siccome è una partita tra furbi che si credono l’uno più furbo dell’altro, nessuno può dire se la carta Mattarella sia un atto di guerra di Renzi contro B. per rompere il Nazareno, o una manfrina per consolidare il Patto ma con il coltello dalla parte del amico. Marco Travaglio. il Fatto.
Il Pd vota un vecchio democristiano. Quello giovane ce l’hanno già. Spinoza. Il Fatto.
Ricordatevi che il Nazareno dopo tre giorni è risorto. Jena. La Stampa.
Ci sono Paesi democratici quanto e più del nostro, e penso agli Stati Uniti e alla Francia, dove c’è l’elezione diretta del Capo dello Stato. Beh, penso che piuttosto che vedere questi penosi giochetti, con cui stanno scegliendo l’uomo che guiderà la nostra Repubblica per i prossimi anni, forse sarebbe un filo più decente e giusto che anche gli italiani fosse data la possibilità di esprimersi. Giancarlo Magalli, conduttore tv (Fabrizio Roncone). Corsera.
Basta con gli errori dei piani di salvataggio e con le spirali distruttive con le quali gli Stati insolventi chiedono prestiti per rimborsare una banca centrale che, a sua volta, presta a banche insolventi, che ricevono capitali da Stati insolventi. Yanis Varoufakis, ministro dell’economia del governo Tsipras. Corsera.
Nel settembre 2014 Papa Francesco si soffermò sulla tomba, a Redipuglia, di Margherita Kaise Parodi Orlando, crocerossina, medaglia d’oro al valor militare, l’unica donna accolta nel sacrario friulano. Aldo Cazzullo, La guerra dei nostri nonni. Mondadori.
Io non venderò mai la mia società perché non ne ho alcun bisogno e non ne ho alcuna voglia. E nemmeno mai mi farò da parte finché posso reggere, qui tocco ferro, a questi ritmi. Giorgio Armani, stilista. Corsera.
Indro Montanelli è stato una parte della mia vita. Si conosce tutto del nostro rapporto professionale: il Corriere, l’avventura al Giornale, il nostro divorzio. La riappacificazione. Nei rapporti umani, Indro sapeva essere gradevole, multiforme, mercuriale e forse proprio per questo bugiardo e sfuggente nell’intimo dei suoi pensieri. Questo non lo definirei un pregio. Per tutta la vita ho sempre cercato di combattere ciò che snaturava l’anima, fosse di un giornale o di una persona. Enzo Bettiza (Antonio Gnoli). la Repubblica
Accadeva che i ragazzi della mia agenzia mi portassero i loro lavori, elaborati al computer, e io, cinicamente, bocciavo tutto e dicevo loro: tornate domani, scrivetemi le vostre idee su un pezzo di carta. Dopodiché, se l’idea vista su un pezzo di carta mi convincerà, potremo discuterne e realizzarla al computer. Il computer è una sorta di balia. E i giovani oggi hanno tante balie. Che permettono loro di chattare, twittare, cinguettare. Per sentirsi qualcuno. Per primeggiare nell’esibizione e spesso nella finzione. E, altrettanto spesso, per insultare sapendo di poter nascondersi dentro questi strumenti. Ho l’impressione che ci troviamo davanti a delle scimmie che non diventeranno mai uomini. Gavino Sanna, pubblicitario (Gabriele Villa). il Giornale.
Io sono favorevole agli Ogm. Non so se ha notato che quest’anno in Italia non si è praticamente prodotto olio. La nostra biodiversità va rispettata, ma ha anche bisogno di tecnologie. Invece... Durante l’Expo starò con le orecchie tappate. Non oso immaginare a che punto si spingerà la retorica Slow Food. Edoardo Boncinelli, genetista. Sette.
Basterebbe pensare alla Metro 4 di Milano: si è a lungo discusso se farla o meno, dimenticando che 6 chilometri sono già pronti, pagati e che da Linate essa è già arrivata al Forlanini. È l’atteggiamento che porta, a volte, in Italia a rimettere in discussione ogni minima scelta. La parola stabilità pare esserci estranea, eppure è quella che ci può essere più di aiuto e che ci può permettere di guardare al futuro con maggiore fiducia. Pietro Salini, amministratore delegato della Salini-Impregilo (Daniele Manca). Corsera.
L’alba tarda, stamattina. La luce del giorno fatica a farsi largo in un cielo sporco. Non fa freddo. Pioviggina, ma non tanto, alle otto, da dover aprire l’ombrello. È più un’umidità che il cappotto e la sciarpa assorbono, che pioggia; e sotto, mi pare, se ne intridono anche le ossa. Ai bordi dei marciapiedi si allargano pozzanghere troppo ampie per poterle evitare. Ci si affonda di malanimo i piedi, con la nostalgia del tepore del letto. Nelle case, le luci alle finestre sono ancora accese, e fanno venir voglia di tornare. Un divano, una coperta calda, un gatto, accanto, che faccia le fusa. Così bisognerebbe passarlo, ti dici, un mercoledì di gennaio come questo. Forse certe mattine inospitali, e viscide come una mano fredda che ti sfiori, sono fatte, in natura, giusto perché gli uomini riposino. Perché si fermino, e, da dietro una finestra, considerino i rami degli alberi, completamente spogli. Neri, e nodosi. Senza più una foglia, e senza ancora traccia di gemme. Anime secche, dal fondo dell’inverno parlano ineludibilmente. Raccontano di un esilio, di una lontananza. Per questo evito di soffermare lo sguardo sui platani dei viali, a gennaio: parlano troppo franco, spudoratamente, di ciò che fra noi non diciamo. Marina Corradi. Tempi.
Se non sperassi di emozionarmi, non leggerei più, e non andrei più al cinema. Quelle del lettore e dello spettatore sono esperienze di confine: aprono verso mondo nuovi, inesplorati. Roberto Escobar, La fedeltà di Don Giovanni. il Mulino.
D’improvviso un gran rombo di aerei ci arrestò e ci mise in ascolto. Il rombo si avvicinava, facendo vibrare il cielo da ogni parte. Guardammo in alto: un gruppo di faville d’argento luccicava nell’azzurro. Era uno stormo di bombardieri americani di ritorno da un’azione sulla Germania. Andavano al Sud, ormai fuori pericolo, verso qualche base del Nord Africa. Piero Chiara, Viva Miliavacca. Mondadori. 1982.
Ho deciso che andrò a lavorare in biblioteca a mettere sugli scaffali i libri di Settis, di Stella, di Travaglio e i denunciatori del malcostume. Chiaramente. Così non dovrò più comprare i libri. Nelle biblioteche ci sono molti di questi libri perché li comprano solo le biblioteche ormai, perché costano poco e le case editrici disperate, ormai li regalano. Dispiace dirlo ma la gente, piuttosto che comprare un libro di Settis, mangia pane e cipolla per sempre. Maurizio Milani. Il Foglio.
Il trombone è un grande cannolo pieno di ricotta andata a male. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 31/1/2015