Mattia Feltri, La Stampa 31/1/2015, 31 gennaio 2015
L’UOMO CHE AMA IL SILENZIO MA SA PARLARE QUANDO SERVE
Previsione del titolo di un settennato: «La garanzia della fermezza silenziosa». Mette i brividi. Ma è un titolo rubato di bocca a Rosi Bindi, che è la statua equestre della sinistra democristiana, donna di pelle dura che però si commuove appena sente pronunciare due parole: Sergio Mattarella. Ecco il presidente che sarà, «un difensore non manifestato della Costituzione». O anche «l’autorevolezza nella riservatezza». Per venire a un gergo meno istituzionalmente spirituale, Mattarella «non firmerà le leggi che riterrà incostituzionali, ma senza trambusti, riservatamente, impedendo che diventi faccenda di strepito giornalistico». La sentite già la nuova quiete? Magari apparente ma silenziosa, il ritorno di un capo dello Stato già consegnato all’iconografia di uomo di studi, chino sulle ponderose dottrine, programmato per citare l’articolo acconcio e il comma confacente, opporlo con tono fra lo ieratico e l’accademico all’esuberanza legislativa del governo di Matteo Renzi. Un tipo di presidente ormai sperduto nelle epoche, cancellato dalla popolare ruvidezza di Sandro Pertini, dalla sfacciataggine del picconatore Francesco Cossiga alla fine della Prima repubblica, dal ringhio etico di Oscar Luigi Scalfaro, anche quando si oppose alla magistratura che quell’etica aveva messo in dubbio («Io non ci sto», disse a reti unificate). Cancellato anche dagli imprevedibili nove anni di Giorgio Napolitano, trascinato dagli eventi su terreni mai battuti dai predecessori, e in fondo anche da Carlo Azeglio Ciampi, in cui pesavano i trascorsi nel Partito d’azione e l’irresistibile scalata in Banca d’Italia.
Il professorone silente
Qui, dicono tutti, siamo di fronte a un professorone che non si è guadagnato il titolo nella declinazione spregiativa assegnata dai ragazzi dell’esecutivo ai cattedratici antiriforme: Mattarella era troppo impegnato a tacere. Un professorone silente la cui ultima intervista video - come scriveva ieri Massimo Gramellini - risale a quattro anni fa, giorno in cui dottoreggiò sul ruolo della cultura: «Credo che il bombardamento commercializzato di modelli di vita cui oggi siamo sottoposti abbia agevolato e accresciuto, se non nella tendenza, il pericolo di abbassamento di valori di riferimento». Una critica della tv privata e berlusconiana sotto forma di prolusione, mentre l’ultimo intervento su carta è del 2009, quando scrisse su Europa dei nostri soldati in Afghanistan, e in particolare sulla differenza fra regole d’ingaggio e codice militare di pace o di guerra; richiamava in tal proposito l’articolo tre del suddetto codice e l’articolo 75 della carta costituzionale eccetera eccetera. Insomma, non un sollevatore di tafferugli. Non lo si sentirà lanciare severi moniti, non lo si vedrà coniare soprannomi alla «zombie coi baffi», né accorrere sul luogo della tragedia per versare la patria lacrima.
Rare fiammate
Però, come tutti, anche Mattarella è stato giovane, e non sempre misurato fino all’ascetismo come nell’ultimo lustro. È già stato ricordato lo scandalo che suscitò in lui, obbligandolo al grido di dolore, un Tour di Madonna arrivato in Italia nel 1990, il Blond Ambition Tour; Mattarella era ministro dell’Istruzione e gli corse l’obbligo di dichiarare «eretico» lo spettacolo della popstar. Una nota ufficiale diffuse l’opinione del titolare del ministero sull’«offesa al buongusto» meritevole della «condanna nei confronti di miss Luisa Veronica Ciccone, colpevole di usare e abusare in scena di simboli ed emblemi religiosi» (si noti l’uso di «miss Luisa Veronica Ciccone» al posto dello sconveniente «Madonna»). Altre volte disse a Berlusconi tutto quello che pensava di lui - e si capirà l’attuale devastazione psicologica del capo di Forza Italia. «Il programma di Berlusconi è un pacchetto che disegna una fisionomia dai tratti illiberali»; «c’è incompatibilità tra la condizione di presidente del Consiglio e di padrone di tre tv»; «Berlusconi antepone gli interessi di parte a quelli della funzionalità delle istituzioni». E, infine, quando Berlusconi entrò nel Ppe, Mattarella lo scansò: «Non basta invadere l’Impero per diventare civis romanis»: barbaro eri e barbaro resterai. E allora conviene dare retta a quel vecchio frequentatore della alte istituzioni, secondo cui «un giudice costituzionale ha il dovere di tacere, un politico in pensione è naturalmente schivo, ma un presidente della Repubblica può ricominciare a parlare».