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 2015  gennaio 29 Giovedì calendario

MOSCARDELLI, MAI DIRE CHE BARBA

Per diventare un bel «barbone», ha dovuto scegliere i binari giusti. Non solo per riprendere a correre veloce sul treno del gol, ma anche per curare al meglio quella peluria che è diventata un brand familiare di successo. Davide Moscardelli sta trascinando il Lecce nella difficile rincorsa promozione nel girone C di Lega Pro. Domenica ha toccato quota 10 gol, dei quali 5 segnati nelle ultime 4 partite, sotto la guida del nuovo allenatore, Dino Pagliari. «Conta conquistare la B – dice l’attaccante, 35 anni il 3 febbraio, nato a Mons in Belgio, ma da sempre con la famiglia a Roma - e tanto meglio se contribuirò con reti pesanti. Voglio vincere la classifica cannonieri».
Pagliari stravede per lei. Per questo in campo è autorizzato a gridarle «bravo barbone»?
«Lui può, visto che siamo “colleghi”. Chissà, un giorno pure io potrei chiamarlo così».
Si è pentito di essere sceso in Lega Pro?
«No, è stata una scelta ponderata. Dopo Bologna, mi sto trovando bene a Lecce. Da 3 anni non giocavo tanto, 21 partite su 22, e da 5 stagioni non segnavo tanti gol. Magari migliorerò il record di 16 reti, in B nella Triestina 2004».
Da quando è nel Salento sono aumentati i suoi follower su Twitter?
«Un po’, ora siamo a circa 114.000 seguaci. Ma avverto l’affetto della gente anche attraverso Facebook e Instagram».
Quanto tempo dedica ai social network?
«Ci divertiamo io e mia moglie Guendalina, quando i bimbi Francesco e Mattia, di 3 anni e quasi 2, ce lo consentono».
Si aspettava che la sua barba facesse tendenza?
«Ho cominciato a farla crescere nel dicembre 2012. Poi a Bologna, tra una foto e l’altra concessa ai tifosi, mia moglie ha scoperto in giro magliette con la mia faccia. E’ scattata l’idea di produrle noi, col brand Flybeard, mosca e barba».
Quanta cura è necessaria per esibire una barba così ammirata?
«Mi sono attrezzato con prodotti speciali: sapone e olio, per renderla morbida. Mi sono affidato a Hiro, un barbiere a Milano, esattamente a Buccinasco: e mi ha creato i binari per indirizzare la crescita, per modellare la barba, in modo che vada lunga, verso il basso».
La sua barba è ben diversa da quella di Pagliari...
«Diciamo che proprio non ci prendiamo. Dai, scherzo».
Qualcuno odia la sua barba?
«Mamma Annarita. Quando siamo a Roma, tira fuori le foto del mio matrimonio: “Guarda che bel viso avevi”, è il suo invito esplicito».
Quante magliette avete venduto?
«Quasi 3.000. Fa tutto Gwen: si occupa di sito e spedizioni. Ce le richiedono pure da Belgio, Germania e Inghilterra. Abbiamo avviato a giugno uno store a Milano, in via Vigevano. Un successo inaspettato!».
Potrebbe aprire un negozio anche a Lecce?
«Sto pensando di creare qualcosa legata a Lecce. Forse una maglietta con una scritta in dialetto leccese, ovviamente ispirata da Miccoli. La città è meravigliosa. E Gwen, impiegata statale, è in aspettativa e ha chiesto il trasferimento qui per godersi Lecce».
Il primo posto è ancora raggiungibile?
«Dobbiamo crederci, pur essendo a 10 punti dalla capolista Benevento. La concorrente più attrezzata è la Salernitana. Ma il Lecce è più forte di tutti».
Ha segnato 112 gol nei campionati dalla C2 alla A. Si sente realizzato o ha lasciato qualcosa per strada?
«Ho avuto quanto meritavo, tenuto conto che a 20 anni ero ancora in Promozione. Giocavo nella Maccarese di domenica mattina e al pomeriggio potevo andare a godermi la Roma, in curva Sud all’Olimpico. Certo, mi sono passati davanti alcuni tram e non sono salito. Quand’ero alla Triestina, capocannoniere in B dopo il girone d’andata, sarei potuto andare al Palermo per fare la riserva a Toni. Dopo la stagione al Rimini mi arrivò l’offerta del Rubin Kazan: non me la sentii di trasferirmi. Speravo di meritarmi una chiamata dalla Serie A».
Quale allenatore ha inciso di più nella sua carriera?
«Pioli. Sono stato con lui al Piacenza, al Chievo e al Bologna».
E se la portasse alla Lazio, proprio lei che è romanista?
«Non succederà. Ormai sono fuori concorso».
Ha chiamato Francesco il suo primo figlio anche in onore al suo idolo Totti?
«Pure per lui. Ma avevo qualche Francesco “pesante” anche in famiglia: mio padre e mio suocero. Totti resta il mio modello ideale».
Da ragazzino si è messo in fila per ottenere firma o foto con un personaggio?
«Eccome! E pure ora farei follie per ottenere un timbro da Batistuta. Entrai nelle giovanili giallorosse a 12 anni ma a 14 anni ero già fuori. Troppo basso. A 16 anni feci uno sviluppo eccezionale. Infatti, Bruno Conti mi disse “A saperlo prima...”».
Punta tanto sul brand Flybeard che non taglierà più la barba?
«Lo potrei fare solo per un evento eccezionale».
Per la promozione del Lecce?
«Possiamo parlarne».
Nel suo futuro c’è un ruolo nel calcio?
«Mi piacerebbe lavorare come osservatore per scoprire talenti nel calcio dilettantistico. Quanti ne ho visti, quando ci giocavo io. Intanto, devo decidere dove vivere da grande».
Ha qualche dubbio?
«Io e mia moglie vorremmo andarcene in Canada. Siamo stati lì. Sarebbe una bella esperienza per la crescita dei nostri figli. Magari arrivasse un’offerta per chiudere la carriera di calciatore nel Toronto...».