Marino Longoni, MilanoFinanza 28/1/2015, 28 gennaio 2015
IL REGIME DEI MINIMI SI È RIVELATO UNA STANGATA
Il regime dei nuovi minimi avrebbe dovuto essere un baluardo di semplificazione e un grande regalo ai contribuenti anche in termini di riduzione del carico fiscale. Così era stato presentato dal presidente del consiglio Matteo Renzi e dai suoi ministri. Invece si sta rivelando una stangata, soprattutto per i professionisti, che già potevano accedere a un più conveniente regime dei minimi fino al 31 dicembre 2014. Anche dal punto di vista della semplificazione, sembra che il risultato sia stato mancato clamorosamente. Lo stesso capo del governo, dopo aver annunciato la riforma come un grande regalo alle partite Iva, ha riconosciuto l’errore annunciando che sarebbe stato fatto un provvedimento ad hoc. Quando? «Nei prossimi mesi».
Pochi giorni dopo ha fatto mea culpa: «È il mio autogol più grande», seguito a ruota dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «La norma è scritta male». Il viceministro dell’Economia, Luigi Casero, ha assicurato che un passo indietro sarà fatto con il decreto legislativo sulla semplificazione fiscale (quello della depenalizzazione per le frodi fiscali di importo inferiore al 3% dell’imponibile) che sarà riesaminato dal consiglio dei ministri il 20 febbraio. È probabile che siano spostate al rialzo le soglie di accesso che, in alcuni casi, sono troppo basse, e ridotte le aliquote che spesso sono penalizzanti. Basti pensare che per i professionisti si è scesi da un tetto dei ricavi di 30 mila euro a quello attuale di 15 mila, mentre l’aliquota è triplicata: dal 5% (del reddito) al 15% (sul 78% dei ricavi).
Non è un caso se negli ultimi due mesi del 2014 si è assistito a una corsa all’apertura della partita Iva, per beneficiare del regime più favorevole, che sarebbe giunto al termine a fine anno. Peccato che dopo l’esame del 20 febbraio il provvedimento debba ancora essere esaminato dal Parlamento, tornare in Consiglio dei ministri ed essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ben che vada passeranno ancora due mesi. Intanto professionisti e lavoratori autonomi sono abbandonati ai propri dubbi.
I problemi maggiori sono quelli di chi ha già un altro reddito: pensioni, collaborazioni, lavori part time. Con il vecchio regime non c’era problema, ora invece il reddito dell’attività che si vuole iscrivere nel nuovo regime forfetizzato deve essere prevalente. Se non lo è, occorre che la somma delle due attività non superi i 20 mila euro. Altri problemi riguardano i lavoratori che hanno modificato l’attività. In questo caso la norma non dice nulla ma, in via analogica, si potrebbe considerare solo l’attività con il reddito più elevato.
Chi ha aperto la partita Iva a fine anno ha il problema di dover dimostrare di aver già iniziato l’attività nel 2014. Non sono questioni teoriche: se un professionista o un artigiano devono emettere fattura o acquistare un bene strumentale, vorrebbero sapere come muoversi, se applicare l’Iva o meno, per esempio, senza dover poi magari scoprire di non avere i requisiti per accedere al regime forfetizzato e dover chiedere al cliente la restituzione dell’imposta.
Il governo sembra non rendersi conto dei problemi che crea con interventi raffazzonati e annunci di future modifiche. Come farà un contribuente a cambiare regime una volta modificati in corso d’anno i requisiti di accesso? Se ha già emesso fatture in regime ordinario come farà a rientrare nel regime dei minimi, che gira con regole molto diverse? Forse senza accorgercene siamo entrati nell’era del disordine creativo. Ma si ha l’impressione che chi è alla guida della politica fiscale (sempre che ci sia) abbia le idee poco chiare.
Marino Longoni, MilanoFinanza 28/1/2015