Mattia Feltri, La Stampa 28/1/2015, 28 gennaio 2015
IL PREMIER, L’EDITTO DI TWITTER E IL DIFFICILE RAPPORTO TRA STAMPA E POTERE
Gli intenti riformisti indirizzati da Matteo Renzi ai talk show impongono un rischio: l’impegnativo parallelo e non soltanto per il premier, ma anche per i giornalisti; e tuttavia era venuta in mente una sentenza di Napoleone Bonaparte: «Se lascio le briglie alla stampa, non resterò al potere tre mesi». L’accostamento è esagerato, visto che il nostro capo di governo ha così poco a cuore l’informazione, compresa quella potenzialmente benevola, da aver lasciato chiudere sia l’Unità che Europa
in un solo anno di segreteria. E però qualche segnale di nervosismo è spuntato proprio lunedì - nell’ora in cui andava in onda Piazza pulita di Corrado Formigli - quando Renzi ha twittato: «Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia». Non è questione di Formigli, ma la critica è anche condivisibile, e spesso diventa autocritica per quanto sterile. Però stavolta ha colpito che venisse dall’uomo più potente d’Italia, il capo di governo, politico di piglio così innovativo ma improvvisamente conservatore nei rapporti con l’informazione: su Silvio Berlusconi e l’editto di Sofia (con conseguente uscita dalla Rai di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi) si è scritto con incontenibile entusiasmo, sul disprezzo di Massimo D’Alema per gli scribacchini si è costruita una mitologia, sui rancori di Romano Prodi si è un po’ glissato, ma tocca ricordare che per qualche mese rifiutò di rispondere ai microfoni del Tg4, i cui telespettatori erano comunque suoi governati.
Ma è stato il tweet successivo di Renzi a lasciare piuttosto perplessi: «Dobbiamo cambiare modo di raccontare l’Italia e la politica». Un progetto incontestabile, ma non di stretta competenza di Palazzo Chigi. La necessità di correggere il giornalismo – compreso quello italiano – nelle democrazie non segue le inclinazioni del premier, oltretutto se si tratta di un premier che i talk li frequenta abbondantemente, e dunque con soddisfazione. Anche perché paiono inclinazioni abbastanza visibili: come ha raccontato questo giornale, una troupe di governo segue il presidente del Consiglio nei suoi viaggi e nei suoi incontri, e talvolta garantendosi l’esclusiva di immagini che poi vengono girate ai tg. È successo anche nel recente bilaterale fiorentino con Angela Merkel, durante la passeggiata agli Uffizi. E quando Renzi è stato contestato all’Europarlamento da Matteo Salvini e i suoi leghisti, sul sito di Palazzo Chigi non sono andate le immagini dall’aula, che indugiavano molto sugli oppositori, ma quelle private, più fisse sul premier. Il tentativo di dare una particolare luce a sé e al proprio lavoro - con un cameraman, una squadra di twitteristi, soffiate fatte girare qua e là per la golosità dei retroscenisti - è comprensibile, e dovrebbe bastare così.