Paolo Conti, IoDonna 24/1/2015, 24 gennaio 2015
CAROLINA CRESCENTINI: «FELICITA’? FARE LA SPESA SOTTO CASA»
Carolina Crescentini, una stagione piena di film diversi tra loro: Maraviglioso Boccaccio dei fratelli Taviani (dal 26 febbraio), Tempo instabile con probabili schiarite di Marco Pontecorvo (in marzo), il film tv Max e Hélène di Giacomo Battiato. Partiamo da una auto-definizione della sua vita professionale e personale in questo momento?
Fase difficile da sintetizzare. Ma una cosa mi è improvvisamente chiara. Sono una donna nel senso più pieno del termine, anche se nel mio animo c’è ancora una fanciulla. Tengo le redini della mia vita in mano. Se dovessi sbagliare, non potrei più prendermela con nessuno: solo con me stessa. Talvolta è anche un esercizio in solitudine, perché ho un compagno che vive a Milano e non a Roma, dove io abito.
Roma sta attraversando un momento molto difficile. Moralmente e nella vita di tutti i giorni…
Io sono innamorata di questa città, trovo ancora la mia felicità in alcune passeggiate a Porta Portese o sotto certe alberate. Ma mi arrabbio ogni giorno. È sempre più sporca, c’è un senso diffuso di abbandono. Molto dipende da noi romani, pigri, svogliati.
Dunque, felicità può essere anche una passeggiata.
Certo. O la spesa dal macellaio sotto casa. Posso provare entusiasmo, in quei gesti quotidiani. E poi io sono curiosa. Mi piace studiare il mondo che mi circonda, soprattutto i dettagli. Ecco perché posso essere felice durante la spesa.
Il 26 gennaio andrà in onda su Raiuno Max e Hélène di Giacomo Battiato, in occasione della Giornata della Memoria. Storia di un amore ambientato nel 1944 tra un ragazzo ebreo nascosto in una soffitta e la figlia di un diplomatico francese, fascista e antisemita. Storia autentica rivelata a suo tempo da Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti. Non è una interpretazione qualsiasi.
Mi è stato impossibile “recitare”. Io sono molto emotiva. Questo ruolo… me lo sono portato a casa tutte le sere. Racconto un episodio. Stavamo lavorando sulle scene del rastrellamento. Avevo appena lasciato il set, i miei genitori mi avevano portato a cena. Ero immersa nei miei pensieri, non parlavo. È bastato che mio padre mi sfiorasse la mano: sono scoppiata a piangere per la tensione. Per quella disperazione che avevo dentro.
Come si è preparata per una parte tanto impegnativa?
Ho studiato ore e ore di materiale audiovisivo. Soprattutto le storie raccontate dai sopravvissuti ai campi di sterminio. Tragedie narrate quasi con distacco. Ma piene di pause. Ecco, io ho studiato quelle pause: nei respiri c’era tutto. E poi io vivo qui a Roma, a poca distanza dal Portico di Ottavia dove vennero rastrellati gli ebrei romani. Per le strade siamo pieni delle Pietre d’Inciampo, quei sampietrini dorati opere dell’artista Gunter Demnig che ricordano i luoghi da dove gli ebrei romani vennero strappati dalle loro case.
Quali opere le ha fatto venire in mente Max e Hélène?
Ho pensato subito a Romeo e Giulietta. C’è la componente dell’amore folle, della passione che va contro tutto e tutti, della contrapposizione tra due mondi inconciliabili. I due protagonisti non sono così adolescenti, ma lo slancio è lo stesso. E poi c’è Portiere di notte, il capolavoro di Liliana Cavani. Perché Hélène, lo vedremo, diventa l’oggetto dell’oscura passione del criminale nazista Thomas Koller che non riesce ad accettare l’amore di quella donna “pura” dal suo punto di vista, nei confronti di un ragazzo ebreo. Un meccanismo folle. Narrativamente di straordinario interesse.
La preoccupazione di molti ebrei, di qui il Giorno della Memoria, è che col passare del tempo si rischi di dimenticare l’orrore dell’Olocausto. Lei pensa sia possibile?
Io penso, spero di no. Ma riguardando la storia del nazismo si capisce che c’è sempre il pazzo di turno che può inventarsi qualcosa di tragico. Lo stiamo vedendo anche troppo spesso, mi sembra. Purtroppo.
Per contrappasso a questa tragedia, lei apparirà nella commedia Tempo instabile con probabili schiarite, diretta da Marco Pontecorvo accanto a Luca Zingaretti, a Pasquale Petrolo -‘“Lillo’” e addirittura a John Turturro. Ora finalmente sorride…
Certo che sorrido. La mia vita di attrice un po’ psicopatica può portarmi a sostenere due ruoli così diversi… Basculo, ondeggio tra tragedia e commedia. Nel film di Pontecorvo sono la timidissima contabile di una cooperativa di provincia, siamo verso Pesaro. I due soci sono sempre stati col cuore a sinistra ma improvvisamente scoprono che, nel terreno della loro azienda, sgorga il petrolio. È fantastico vedere come la prospettiva del denaro riesca a scardinare affetti, vecchie certezze.
Che tipo è John Turturro sul set?
Ha gli occhi di un genio, non c’è dubbio. Come molti attori istintivamente comici, appare lì per lì serissimo. Poi, al momento giusto, c’è il lampo dell’intelligenza, dell’ironia. Ho imparato molto. Così come ho imparato da Luca Zingaretti, davvero straordinario. E da Lillo. Un ottimo attore, soprattutto una persona stupenda. Da portarselo a casa a Natale per l’affetto che ispira.
Infine, in questo anno così denso per lei, c’è l’incontro con i fratelli Taviani. Lei apparirà in Maraviglioso Boccaccio, nell’episodio della novella del Decameron La Badessa e le brache del prete.
È stato un grande onore essere stata scelta da Paolo e Vittorio Taviani. Ho avuto una forte reazione emotiva, dal momento dei provini. Ho recitato accanto a Paola Cortellesi ed è stato un immenso piacere.
Domanda conclusiva, inevitabile. Un progetto? Un sogno nel cassetto?
Trovare un giorno il coraggio di far leggere a qualcuno i racconti che scrivo. Ma ho sempre paura di farlo. Contengono molte parti di me. E temo sempre che la possibile superficialità altrui possa trattarli male. In qualche modo sciuparli. •