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 2015  gennaio 27 Martedì calendario

RENZI MOLLA L’UNICA CIVATIANA

Declassata da ministra ad assessora regionale senza nemmeno una telefonata da parte del premier.
Dopo meno di un anno al Governo, Maria Carmela Lanzetta lascia infatti il dicastero degli Affari regionali per andare a ricoprire un posto nella nuova giunta calabrese di Mario Oliverio. Il neogovernatore bersaniano l’ha chiamata nella sua squadra per affidarle le deleghe di cultura, istruzione, riforme istituzionali, semplificazione amministrativa e pari opportunità.
Dice di averne prima parlato con Matteo Renzi, il quale non sembra aver opposto molta resistenza.
E lei, l’ex sindaca di Monasterace in provincia di Reggio Calabria, paladina della lotta alla mafia nonché membro della direzione nazionale del Pd in quota Pippo Civati, che dice?
È contenta di tornarsene verso casa, e non nasconde una certa amarezza per l’esperienza romana nella quale non s’è trovata del tutto a suo agio. Di sicuro, non l’ha aiutata il fatto di appartenere a una corrente come quella civatiana, che ormai ha un piede fuori dal Pd.
«Sono molto delusa per quanto riguarda gli organi di informazione, a quanto pare più impegnati nel gossip di bassa lega, che a rendere un servizio informativo, soprattutto nel momento in cui si sono sempre disinteressati dell’opera svolta dal mio Ministero, spesso disconoscendo le importanti funzioni da esso svolte» si è sfogata domenica la Lanzetta con il quotidiano online calabrese Strill.it.
Che l’ex sindaca avesse vestito i panni della ministra mantenendo un basso profilo, lontano anzi lontanissimo dai riflettori, non è certo una novità. L’aveva fatto notare il 2 novembre scorso Fabrizio Roncone con una delle sue esilaranti interviste sul Corriere della Sera, titolata non a caso «Lanzetta, ministro invisibile». ’Ma non credo vi siate persi un granché’».
Da lì emergeva la figura di una donna agli antipodi dell’idealtipo renziano, che come insegna ladylike Alessandra Moretti e come ben esemplifica il ministro Maria Elena Boschi richiede un certo fascino estetico oltre a un’ottima capacità nel districarsi all’interno dei mass-media sapendoli occupare a dovere, dai tiggì ai talk-show passando per giornali e web.
La Lanzetta è donna di tutt’altra specie, una a cui apparire piace bene poco e men che meno stare sotto i riflettori mediatici. Una alla quale i cronisti non stanno poi molto simpatici. Era stata però lei a spiegare al quotidiano di via Solferino in quella famosa chiacchierata, una delle poche che si ricordi nei suoi 11 mesi di attività, come «siete voi giornalisti che non mi avete mai voluto intervistare» aggiungendo che «da sola capisco che magari per voi è più interessante una Boschi, che segue tutte le riforme, che cura tutti i rapporti col Parlamento...».
Adesso che lascia Roma dopo un anno senza infamia né gloria, visto che in ben pochi si sono accorti della sua presenza, ci pensa però il presidente della Regione Calabria a difenderla. «È la mia l’idea di averla in giunta» tuona Oliverio per mettere a tacere le indiscrezioni che vedrebbero la manina di Renzi dietro a questa operazione. Il premier, infatti, in un sol colpo, ha ottenuto un duplice risultato: da un lato può fare a meno di un esponente civatiano all’interno del suo governo, che per quanto silente qualche problema, può pur sempre crearlo. Dall’altro, libera uno scranno in Consiglio dei ministri, così da poterlo utilizzare per correggere gli equilibri interni alla sua maggioranza e soprattutto al Pd.
Il governatore Oliverio però da quell’orecchio non ci vuole sentire: «E’ fuori luogo ogni dietrologia o interpretazione distorta: sono stato io a rivolgermi al presidente Renzi per sottoporgli la valutazione dell’opportunità di questa scelta» e la Lanzetta «in piena autonomia ha deciso per il suo impegno nel governo regionale della Calabria». Se davvero così fosse, saremmo di fronte a un caso più unico che raro: quello di un ministro che decide di lasciare la sua poltrona romana per andare a ricoprire il meno rinomato ruolo di assessore in Regione.
Giovanni Bucchi, ItaliaOggi 27/1/2015