Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 27/1/2015, 27 gennaio 2015
SULLA FLESSIBILITA’ IN EUROPA ADESSO ATTENTI AI PASSI FALSI
La «nuova flessibilità» europea sui conti pubblici non è un assegno in bianco che si concede «a prescindere». Come ha ribadito ieri il vicepresidente della Commissione europea, Jirkyi Katainen, sia la «clausola sugli investimenti» che i margini sul fronte del deficit strutturale si aprono solo se comunque non si è in procedura per disavanzo eccessivo. Che è un po’ quel che sostengono Eurogruppo e Commissione Ue quando parlano di impegni che comunque vanno rispettati. Ecco perchè la soluzione alla crisi del debito greco, di cui si è cominciato a discutere ieri in sede di Eurogruppo a Bruxelles, va calibrata con grande attenzione. Per l’Italia, alle prese con una complessa partita in previsione del nuovo giudizio della Commissione atteso in marzo, gli spazi di manovra potrebbero non allargarsi ma restringersi nel caso in cui si ingenerasse nei mercati la percezione che si vada verso un sostanziale, ancorchè mascherato, haircut del debito greco. È?vero che siamo fuori dalla procedura per disavanzo eccessivo, così come probabilmente la spunteremo nella trattativa in corso sull’entità della riduzione del deficit strutturale per l’anno in corso. Non siamo però affatto fuori da una possibile e non certo auspicabile apertura di infrazione per squilibri macroeconomici eccessivi, a causa di un debito pubblico che non rispetta la traiettoria di riduzione prevista dalle regole europee.
Massima attenzione e prudenza, dunque, nella trattativa politica in corso, come del resto ha lasciato intendere il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan: «Stiamo ragionando sulle ipotesi che la nuova comunicazione sulla flessibilità offre all’Italia». L’intenzione è «sfruttarla al meglio», nella consapevolezza che i compromessi politici vanno giocati sul filo del rispetto degli equilibri tra i diversi attori in gioco. Sulla carta, il combinato della manovra di quantitative easing della Bce, il deprezzamento dell’euro e il calo del prezzo del petrolio, offre margini ai conti italiani grazie al potenziale “boost” sulla crescita. Lo scenario è decisamente più favorevole rispetto a qualche mese fa, ma come ha ricordato ieri il numero uno della Bce, Mario Draghi nel corso della riunione dell’Eurogruppo il quantitative easing non avrà un impatto duraturo e non andrà molto lontano, se la risposta dei governi dell’eurozona non convergerà da subito in direzione delle riforme strutturali (soprattutto le azioni di politica economica in rado di accrescere il potenziale di crescita dell’economia). Discorso che vale per l’eurozona, come per l’Italia.
Ecco allora che più che ipotecare ex ante i frutti attesi dalla nuova flessibilità europee, occorrerebbe concentrarsi sull’effettiva realizzazione delle riforme. Dopo le comunicazioni inviate la scorsa settimana, e in previsione delle nuove stime che verranno diffuse il 5 febbraio, Bruxelles attende ora non a caso un puntuale rendiconto con lo stato di avanzamento di ogni singola riforma approvata dal Parlamento (è il caso del “jobs act” e della delega fiscale), ma anche un focus specifico sull’iter delle riforme in progress (è il caso della nuova legge elettorale). Dettagliato check che da ieri e per tre giorni viene condotto direttamente a Roma dalla task force di tecnici Ue e Bce.