Rosario Dimito, Il Messaggero 25/1/2015, 25 gennaio 2015
BANCHE, COSÌ LE POPOLARI RIAPRONO IL RISIKO
RIASSETTI –
MILANO Matteo Renzi riscrive il risiko bancario. Bnp Paribas potrebbe mettere nel mirino la Popolare di Milano. La novità è clamorosa e potrebbe maturare in conseguenza della riforma delle banche popolari appena varata dal governo e sulla quale la categoria alza un muro e minaccia azioni legali. Il premier quindi, provoca non «la scossa al sistema bancario», per dirla con le parole di Pier Carlo Padoan, ma un vero tsunami, più profondo degli effetti del comprehensive assessment della Bce. Perchè se i risultati degli esami di Eurotower mettono soltanto Mps e Carige, i due istituti bocciati, nelle condizioni di dover convolare a nozze, l’abolizione del voto capitario allarga la platea degli sposi mettendo in movimento l’intero sistema, con il timore di aprire le porte agli stranieri. La pista, mai considerata, porta alla principale banca francese, proprietaria della Bnl, finora indicata come interessata a Mps, che potrebbe valutare il dossier Bpm: l’istituto di piazza Meda è radicato al Nord, ha una struttura compatta, non ha controllate in giro per l’Italia ed opera in un’area interessante e complementare alla rete di Bnl. Secondo fonti attendibili, il blitz del governo sulle popolari, potrebbe spingere Parigi a mettere le gambe a un pensiero che da tempo balenava. Pur avendo sempre escluso, anche di recente, acquisizioni in Italia, Bpm sarebbe un’occasione da non lasciarsi sfuggire per sbarcare direttamente a Milano. Un’eventuale incursione del colosso del credito francese, naturalmente, spariglierebbe, da un lato, tutte le carte del gioco del domino a tavolino in corso specie tra le popolari e, dall’altro potrebbe anche costringere le due big italiane, come Unicredit e Intesa Sanpaolo, a ripensare la loro strategia di tirarsi fuori dal risiko domestico.
LO SCENARIO
Sulle grandi manovre, comunque, influiscono molte variabili. La Milano era indicata come il partner di Carige in un’operazione dove l’uomo d’affari Andrea Bonomi, uno dei pochi della nuova generazione ad avere insieme soldi, capacità, intelligenza, sarebbe stato perno dell’alleanza. Bonomi, fino a un anno fa circa presidente e primo socio di Bpm con l’8%, è molto interessato a Carige dove potrebbe entrare rilevando il 18,9% della fondazione ligure che chiede, però, un prezzo vicino alla media degli ultimi tempi (0,065 euro), mentre il patron del fondo Investindustrial non vorrebbe andare oltre 0,055 euro. È in corso fra le parti una guerra di nervi: l’ente, tramite l’advisor Banca Imi, continua a cercare un cavaliere bianco per spuntare un prezzo più alto, ma la pesca si sta rivelando infruttuosa e il tempo comincia a stringere. Carige dovrebbe lanciare l’aumento da 700 milioni per aprile e a questo punto, la fondazione non avendo le risorse, deve vendere per tempo. Bonomi è pronto, e, da metà dicembre, ha notificato le sue condizioni.
LE MOSSE SU GENOVA
Attende solo un appuntamento per approfondire la trattativa che si sarebbe dovuto tenere la settimana passata ma che, essendo slittato, dimostra come nell’ente presieduto da Paolo Momigliano, si pensava ancora di spuntare il prezzo desiderato con qualcun’altro. Invece, sembra che il confronto possa tenersi la prossima settimana. Saltata la conquista del Club Med, Bonomi ora punta solo sulle banche. Per questo chi lo conosce ritiene che, alla luce della riforma sulle popolari, possa riconsiderare il dossier Bpm nell’ottica di preservarne l’integrità come soggetto aggregante e quindi allontanare eventuali mire di altri (come Bnp). D’altro canto in piazza Meda si vede con favore la crescita verso la Valtellina dove hanno casa la Popolare di Sondrio e il CreVal, anch’esse costrette a diventare spa. La prima ha da tempo buoni rapporti con Bper, cementati soprattutto in Release e Alba Leasing.
La riforma, sempre che non si voglia davvero imboccare la via giudiziaria per stopparla, potrebbe facilitare le nozze tra Ubi e Mps. Del resto la Bce, che ha il pallino per autorizzare le concentrazioni, previo via libera di Bankitalia, già prima del decreto Renzi era intenzionata ad approvare il nuovo polo da oltre 4 mila filiali e 311 miliardi di attivo a condizione che la popolare bresciana si trasformasse in spa. In questa operazione potrebbe entrare il Banco Popolare che guarda con attenzione le grandi manovre. Il gruppo veronese è interessato agli sportelli ex Antonveneta (circa 100). Ma il Banco ha intenzione di crescere anche in vista del consolidamento del sistema: un obiettivo potrebbe essere Veneto Banca, un’altra popolare coinvolta dal governo nel cambiamento di veste giuridica. Nella battaglia navale prenderanno posizione le altre big del mondo cooperativo. Bper potrebbe espandersi a Sondrio anche se una delle anime di Ubi, vedrebbe bene le nozze con il gruppo modenese: nascerebbe una terza forza italiana da 191 miliardi di attivo e quasi 3 mila filiali. A quel punto Bpm e Banco, se non avranno trovato vie di crescita diverse, sarebbero costrette a unirsi. Dai giochi, al momento resta fuori la Popolare di Vicenza che non ha mai dimenticato Veneto Banca. Ma questo è il risiko fatto a tavolino. La scossa di Renzi qualche effetto produrrà: otto anni dopo l’ultimo vero matrimonio (Unicredit-Capitalia), il 2015 potrebbe passare alla storia per una nuova tornata di fusioni.