Il Messaggero 25/1/2015, 25 gennaio 2015
SUPER STIPENDI, AI BANCHIERI IN MEDIA 3,7 MILIONI
ROMA «La crescita della diseguaglianze, la forbice dei redditi che si allarga progressivamente, è un fattore di ingiustizia anche nel settore del credito»: un top manager ha guadagnato infatti mediamente 3,7 milioni di euro lo scorso anno, a fronte di un salario medio di fatto di un bancario pari a poco più di 46 mila euro. È quanto evidenzia un report della Fisac Cgil, la categoria dei lavoratori del credito della Cgil, in previsione dello sciopero generale del settore in programma il 30 gennaio. Dai dati emerge che «per un bancario ci vogliono circa 100 anni per guadagnare quanto un top manager» e che «dal 2000 a oggi i banchieri hanno incassato 1.650 euro in più al giorno mentre per i bancari il salario è fermo a 15 anni fa». Complessivamente, negli ultimi 15 anni questo trend ha portato nelle tasche dei banchieri una cifra pari a 600 mila euro mentre i bancari hanno perso nello stesso periodo circa 800 euro. Nel dettaglio, un banchiere guadagna all’anno 3,7 milioni di euro mentre un bancario 46 mila; al mese 238 mila euro il primo e 3.500 euro il secondo; al giorno 10.100 l’uno e 126 euro l’altro; infine, all’ora, il banchiere porta a casa 1.200 euro mentre il bancario 17 euro. Le proposte della Fisac per limare le diseguaglianze, partono dai costi da tagliare, ovvero un miliardo di euro in consulenze che si annidano nei primi sei gruppi bancari; la riduzione del numero dei consigli di amministrazione, come da indicazione di Banca d’Italia, per investire sull’assunzione di nuovi giovani; la riduzione dei compensi percepiti dal Top Management.
LA PROTESTA
Per la Fisac «non si può tollerare che un manager pubblico guadagni 240 mila euro, il presidente della Banca d’Italia 460 mila, e quello della Bce 600 mila, mentre, i banchieri si assestino mediamente sui 3,7 milioni di euro». La protesta di venerdì prossimo, promossa dietro le parole #sonobancario al servizio del paese, avrà quattro grandi manifestazioni a Milano, Ravenna, Roma e Palermo. «Un settore senza contratto è come un paese senza Costituzione», afferma il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale, che punta l’indice contro l’Abi e «la scelta scellerata e miope di disdettare e disapplicare il contratto nazionale». Per il leader sindacale, infatti, «l’Abi, invece di scatenare e alimentare il conflitto interno al settore tra le parti sociali, dovrebbe impegnarsi per superare le attuali penalizzazioni che colpiscono le banche italiane a livello europeo».