Marco Ostoni, Corriere della Sera - La Lettura 25/1/2015, 25 gennaio 2015
C’È DEL MATTO IN DANIMARCA
Hanno 60 anni questi racconti del danese Villy Sørensen (1929-2001), ma non li dimostrano. E bene ha fatto l’editore Del Vecchio a proporli al lettore italiano, con la traduzione di Bruno Berni e un «bugiardino» per poter «assumere correttamente» quello che a tutti gli effetti è un unicum della produzione narrativa contemporanea: per i temi che tratta (filosofici, religiosi, psicologici), ma soprattutto per come li tratta. Attraverso cioè favole-apologo fantastiche e nel segno dell’assurdo (pescano dai Vangeli alla mitologia, passando per Ionesco e Calvino, Kafka e Andersen), con uno stile che fa dell’ironia la sua cifra principale. La lettura delle otto storie è un’esperienza spiazzante, che dice tutta la visionarietà dell’autore, il quale le redasse poco più che ventenne nel 1953. La narrazione salta dalla Palestina di San Gerolamo, fra apparizioni del maligno e miracoli, alla Danimarca rurale, sommersa sotto la neve e governata da un presidente che somiglia a un dittatore sudamericano.
Si sposta in luoghi senza tempo, ora teatro di misteriosi omicidi su cui indaga un improbabile ufficio investigativo, ora arene per la celebrazione di improvvisati matrimoni o surreali contese fra uomini e tigri. Trionfano nonsense e irrazionale, ma si dà l’occasione per scavare sotto la superficie e andare dentro le nevrosi del vivere per provare a scacciarle.