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 2015  gennaio 25 Domenica calendario

VIDEO ISIS: DECAPITATO OSTAGGIO GIAPPONESE

DAL NOSTRO INVIATO DOHUK (Iraq settentrionale) Questa volta è assente quel «Jihadi John» che da agosto recita immancabile con il mantello nero e il viso mascherato il lugubre ruolo di minaccia e boia incaricato di decapitare gli ostaggi stranieri.
Manca dalle immagini anche il logo ormai tradizionale che da molti mesi assicura una sorta di marchio-garanzia per i video diffusi dallo Stato Islamico (Isis) in Siria e Iraq. E tuttavia risulta difficile scartare come falso quello arrivato ieri a rivendicare la decapitazione del giapponese 42enne Haruna Yukawa, assieme alla minaccia che il suo compagno di detenzione, il connazionale 47enne Kenji Goto, potrebbe fare presto la stessa fine.
Rispetto ai cinque ostaggi stranieri uccisi dalla scorsa estate ci sono pochi elementi di continuità. Tra i punti rilevanti c’è l’ultimatum di 72 ore pronunciato da Jihadi John martedì della settimana passata, quando impugnando il solito coltellaccio militare pretendeva 200 milioni di dollari dal premier giapponese Shinzo Abe in cambio del rilascio dei due.
Nel video di ieri, allo scadere del 72 ore, si rilevano però aspetti inediti. Vi appare Goto con due foto: nella prima Yukawa è inginocchiato con l’ormai tristemente nota tunica arancione, nell’altra giace a terra, l’erba rada intrisa di sangue, la testa tagliata e appoggiata sul corpo.
Dall’audio sembra sia lo stesso sopravvissuto ad accusare con voce metallica direttamente Abe della morte del connazionale e considerarlo eventualmente responsabile della propria, che a suo dire sarebbe imminente. «Non hai preso sul serio le condizioni poste dei miei carcerieri e ora ne paghi le conseguenze», dice sempre rivolto al suo premier. Ma aggiunge: «Questa volta è più semplice. Non devi pagare alcuna somma di denaro. Devi invece far liberare nostra sorella Sajida al-Rishawi. È uno scambio facile, elementare, la sua liberazione per la mia liberazione immediata».
Il riferimento è alla donna kamikaze componente del commando qaedista che nel 2005 si fece saltare in aria in alcuni grandi alberghi nella capitale giordana, causando quasi 80 morti e centinaia di feriti. Sajida però non morì, non è chiaro ancora oggi se ebbe paura, o il suo giubbotto esplosivo non funzionò. Da allora è chiusa nel carcere di massima sicurezza giordano.
A dare credibilità al nuovo video potrebbe anche essere la scelta di far morire Yukawa per primo. In Giappone infatti media e social network hanno rivelato dettagli a dir poco inquietanti della sua biografia. Le foto di lui con il mitra in mano e il Kalashnikov carico che posa assieme alle brigate ribelli di Aleppo nel 2013 sono di dominio pubblico. Pare fosse in piena crisi personale. Solo pochi anni fa era morta la giovane moglie di cancro, era caduto in depressione, aveva perduto il lavoro, il suo appartamento era stato pignorato tanto da ridurlo a dormire sulle panchine dei parchi pubblici. Pare volesse cambiare sesso. Sino alla scoperta della rivoluzione siriana, che gli aveva dato uno scopo nella vita.
Pare sia stato catturato ad Aleppo dalle squadracce di Isis ai primi di agosto. Alcune foto diffuse allora dai jihadisti lo mostrano sanguinante e impolverato mentre viene picchiato. Al contrario, Goto è un giornalista freelance abbastanza noto. In passato ha lavorato con successo anche come fotografo dall’Afghanistan e in Somalia.
Pare sia stato catturato ai primi di ottobre da Isis mentre si trovava con le milizie curde nella cittadina di Kobane. Nel video si rivolge alla moglie e alle due figlie. Abe si è affrettato a condannare il video come «assurdo e ingiustificabile». Ha aggiunto che non «cederà al terrorismo». Ma ha parlato per telefono a re Abdallah e un suo inviato resta ad Amman.