Notizie tratte da: Matteo Marani # Dallo Scudetto ad Auschwitz. Storia di Arpad Wisz, allenatore ebreo # Imprimatur editore 2014 # pp. 176, 15 euro., 26 gennaio 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 23
(Dallo Scudetto ad Auschwitz.Storia di Arpad Weisz, allenatore ebreo)
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WEISZ IN CAMPO. DI LAVORO –
Curriculum. Arpad Weisz, calciatore poi allenatore, tre scudetti di cui uno sulla panchina dell’Inter e due su quella del Bologna, in tasca anche il Trofeo dell’Esposizione di Parigi, una sorta di Champions League, primo straniero ad aggiudicarsi un campionato in Italia, e primo in assoluto a vincere col sistema del girone unico nel 1929-1930.
Bologna. A Bologna è presidente Renato Dall’Ara, che s’è preso la squadra l’anno prima, costretto
da Mussolini.
Stipendio. Stipendio di un calciatore di serie “A” nel 1936: tremila lire al mese (2.700 euro attuali).
Vita. Nato il 16 aprile del 1896 a Solt, cento chilometri da Budapest, figlio di due ebrei, arriva in Italia a 28 anni per giocare nel Padova, poi passa all’Inter ma si infortuna e diventa allenatore. Sposato con Elena, ebrea ungherese, due figli: Clara e Roberto.
Olanda. Il decreto 1381 del 7 settembre 1938 con cui l’Italia costringe la famiglia Weisz ad espatriare. Destinazione: Parigi, poi l’Olanda per allenare il Dfc.
Calcio. Il calcio di allora in Olanda: «totalmente dilettantistico. Non esistono giornali specializzati come in Italia, nessun calciatore svolge un unico lavoro. Il calcio è un fenomeno dopolavoristico, da diporto, per il quale si muovono alla domenica poche migliaia di tifosi».
Olandesi. «Non saremmo stati in grado di arrestare neppure il dieci per cento degli ebrei senza l’aiuto degli olandesi» (l’ex ss Willy Lages).
Limitazioni. Limitazioni imposte agli ebrei olandesi dai nazisti: indossare la stella gialla; coprifuoco dalle sei alle dieci di mattina; acquisti e spostamenti sui mezzi pubblici solo tra le due e le cinque di pomeriggio; divieto di entrare in case non ebree, eccetera.
Foto. Weisz cercava di non farsi fotografare mai. Dick Bergeijk, difensore del Dfc: «Era una persona timida, ma molto cortese con tutti noi. Era spaventato, cercava di evitare ogni presenza nelle fotografie. Quando parlava dell’Italia era ancora triste».
Arresto. È il 2 agosto del 1942 quando la Gestapo si presenta a casa dei Weisz. Arrestati e trasferiti in un campo di lavoro. A Westerbork, nella zona nord dell’Olanda.
Westerbork. A Westerborki prigionieri sono sottoposti allatrafila iniziale: la registrazione dei documenti, l’assegnazione di una baracca, il cosiddetto “blocco”; quindi, l’ispezione dei capelli e quella del corpo. Nudi, insieme agli altri, in uno stanzone, stanno gli uomini; in un altro, le donne. A ognuno è stato concesso di portare una valigia. Westerbork non ha camera a gas. Non è un campo di sterminio. È un campo di passaggio. Ma racchiude i due aspetti salienti della deportazione: l’apparente normalità e la sospensione delle vite e dei tempi. Nel campo va in scena una routine che ricopia quella abituale: matrimoni, nascite, un teatro dove si tengono opere in tedesco e una baracca-scuola dentro cui si affacciano, probabilmente, sia Roberto cheClara Weisz. Ci sono alcune botteghe,un ospedale, una libreria epersino un campo da calcio, con un filmato dell’epoca che mostrauna partitella seguita da tantisostenitori a bordo campo.
Auschwitz. Ad Auschwitz i prigionieri hanno stelle colorate: gli omosessuali, il rosa; gli zingari, il nero; i politici, il rosso; i testimoni di Geova, il viola; i prigionieri comuni, il verde;
gli ebrei, il solito giallo.
Lavatoio. Ad Auschwitz Elena Weisz e i due figli vengono subito sistemati nella fila di sinistra, quella diretta alle camere a gas. Seguono le indicazioni: lavarsi, mangiare un buon pasto caldo e affrettarsi perché non si raffreddi. Ricevono asciugamani e sapone. Sulla parete c’è scritto “Lavatoio”.
Arpad. Di Arpad Weisz si perdono le tracce, forse è in un campo di lavoro. Si sa solo che muore il 31 gennaio 1944.
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 25/1/2015