Franco Patrizi, il Fatto Quotidiano 24/1/2015, 24 gennaio 2015
STAMPA&SECOLO: SAVONA-NY SOLO ANDATA – C’è “la generosità dei colleghi che lasciano”. C’è “un calo di copie drammatico”
STAMPA&SECOLO: SAVONA-NY SOLO ANDATA – C’è “la generosità dei colleghi che lasciano”. C’è “un calo di copie drammatico”. C’è “la carta che è come una barca che affonda”. E poi c’è la linea del Piave dell’editoria del nord-ovest italiano che si traccia a Savona, ponente ligure. Passa da lì la “grande opportunità”, per dirla con i suoi sostenitori, del matrimonio tra La Stampa e Il Secolo XIX. La fusione è partita ufficialmente il 1 gennaio. I due quotidiani riuniti sotto un’unica azienda, la Italiana Editrice Spa (Itedi): il 77 per cento è della Fiat – John Elkann è il presidente – il restante 23 per cento della famiglia Perrone, già editore del giornale genovese. Una macchina da 496 dipendenti di cui 306 giornalisti, che dovrà provare a razionalizzare i costi delle due testate, entrambe con bilanci dal segno “meno” (La Stampa ha fatto un piano di ristrutturazione con prepensionamenti, al Secolo da più di un anno è in vigore il contratto di solidarietà). Nuova grafica, sistema editoriale unificato, una sola struttura amministrativa. E niente esuberi, promette Elkann. Ma per cogliere il senso di questa operazione - indicativa del momento nero dell’editoria italiana - è interessante raccontarla attraverso le parole con cui Mario Calabresi, neo coordinatore della nuova editrice (il Secolo, comunque, continuerà ad avere un proprio direttore, Alessandro Cassinis) ha illustrato il progetto alla redazione. Due incontri, a fine novembre 2014: al mattino a Torino, nel pomeriggio a Genova. Ecco alcuni stralci dell’assemblea: “I detrattori di questo progetto sostengono che si stiano sommando due debiti. Questo invece è un matrimonio intelligente. Il Secolo cambierà formato, che sarà uguale al nostro, e avrà una grafica dialogante con la nostra. Le sinergie di stampa, di distribuzione e acquisti portano risparmi di diversi milioni di euro. È prevista la vendita della doppia pubblicità su entrambi i quotidiani e ci sono altre possibilità, dalle operazioni di marketing e agli “speciali” comuni . Questa è la prima vera operazione di consolidamento nell’editoria italiana, un’operazione che consente di mettere in equilibrio due giornali”. Ammette il direttore che il futuro era segnato: “Il Secolo – prosegue Calabresi – vende 60 mila copie e continua a fare pagine nazionali e internazionali, con costi e dispersione di sforzi non più sostenibili, che andrebbero concentrati sul locale. Inoltre continuava ad avere un amministratore delegato, un responsabile marketing, un capo del personale e altre figure che in uno spazio così piccolo non riuscivano più a stare in piedi”. Ma il punto è che al grande giornale serve il piccolo per continuare a rimanere tale. “Il nostro obiettivo era salvare un modello giornalistico – insiste Calabresi – Senza la fusione, con questo Natale saremmo usciti dalla partita con Repubblica e Corriere della Sera. Non saremmo più stati in grado di mandare inviati in Sierra Leone per Ebola o in Libia. C’è chi sostiene che la Stampa ha l’ottanta per cento delle copie nel Nord Ovest e che questa politica è insostenibile. Il nostro bacino di copie, se aggiungiamo quelle del Secolo, giustifica il fatto di avere un corrispondente da Gerusalemme o da New York”. Ma per volare alto, qualcosa va sacrificato: “C’è un’evidente problema di sovrapposizione a Savona”, spiega Calabresi: “Insieme vendiamo circa 15 mila copie. Noi 8500-9000, loro 5500-6000 a seconda dei mesi. È ridicolo farsi concorrenza quando sì è nella stessa azienda. A Savona i pubblici di lettori sono diversi, lontani tra loro, che spesso sono protagonisti di sfottò tra loro. Resta il fatto che sono 15 mila copie su un progetto che vende insieme 280 mila copie. Non è che per salvare Savona si possono chiudere Roma, New York e Bruxelles”. Franco Patrizi, il Fatto Quotidiano 24/1/2015