Roberta Amoruso, Il Messaggero 24/1/2015, 24 gennaio 2015
MINI-EURO AI LIVELLI DEL 2003. ECCO CHI VINCE E CHI PERDE
È bene chiarirlo subito. L’euro debole funzionerà. Soprattutto in vista di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed, la Banca centrale Usa. La moneta unica, più «povera» farà il suo lavoro di moltiplicatore sulle esportazioni, con effetti certi sulla crescita dell’economia, e seppure indirettamente sull’inflazione. Ma può essere una droga di breve durata, avvertono gli analisti, se non arriverà la crescita spinta dalle riforme.
Intanto, sono almeno due le domande che un po’ tutti gli economisti si stanno facendo da una parte all’altra dell’Oceano: fino a che punto il maxi-piano di acquisto titoli della Bce spingerà la svalutazione dell’euro?; e, poi, dando per scontato che la debacle della moneta continuerà oltre i livelli di ieri (l’euro è arrivato ai minimi da agosto 2003), fino a che punto le esportazioni si mostreranno sensibili a un euro più a buon mercato? Già, perchè la teoria dice che le imprese Ue che esportano di più verso gli Stati Uniti (o il resto del mondo) fattureranno di più, d’ora in poi. I testa, secondo un’analisi del Credit Suisse, c’è il settore farmaceutico, l’alimentare, il manufatturiero e l’healthcare. Ma anche l’automitive. Mentre tra i definiti «perdenti» ci sono le utilities e anche il settore finanziario.
DOVE PUÒ ARRIVARE IL CAMBIO
Ieri, intanto, è arrivato un altro colpetto sulla divisa europea, scesa a nuovi minimi sul dollaro, sotto quota 1,12, fino a 1,1166. Ma decisa è stata anche la correzione nei confronti dello yen, visto lo scivolone a 131,67 yen (il minimo da settembre 2013). Questo vuol dire all’inizio dell’anno il calo della moneta unica nei confronti del biglietto verde supera il 6%. Quando si fermerà? Al momento la maggior parte delle stime delle banche d’affari si mantengono sopra la parità (tra l’1,09 di Hsbc, l’1,08 di Intesa Sanpaolo e l’1,05 di Morgan Stanley). Ma Credit Suisse si spinge anche sotto. Perchè soltanto un euro svalutato del 15-20%, dicono gli analisti, può condurre ad un obiettivo di inflazione tra 1,5% e il 2%.
GLI EFFETTI SULL’EXPORT
Passiamo ai potenziali effetti sull’industria Ue. «Ci aspettiamo un impatto positivo sulle quote di mercato delle imprese, oltre che un recupero di redditività per le imprese esposte alla concorrenza internazionale», spiega Luca Mezzomo, economista dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo. «Va detto, però che la sensibilità del Pil italiano al cambio è un po’ cambiata rispetto a 10 anni fa: la crescita delle esportazioni tende ad attirare oggi più importazioni rispetto ad una volta». Di qui un effetto compensazione possibile che non si può ignora. In ogni caso Mezzomo stima una svalutazione del cambio del 10% possa portare un impatto positivo sull’export italiano dell’1,4% all’anno, che si traduce in un incremento del Pil intorno allo 0,4% (poco meno se si considera il Pil Ue)».
I SETTORI «BACIATI»
La maglia rosa tra chi si avvantaggia del mini-euro va, come già detto, alle multinazionali che si approvvigionano in euro e vendono poi in dollari. Credit Suisse, che si spinge a calcolare un incremento del Pil europeo dell’1,2%, stima che i profitti societari possano avere una spinta di almeno l’8%. Basti pensare per esempio a gigante francese dell’aeronautica come Airbus. O all’italiana Fca, che ha bel pezzo di fatturato in dollari, o più in generale, alla meccanica e all’elettronica italiana. A rimetterci, invece, sono le aziende che comprano materia prima in dollari per poi fatturare in euro, utilities in testa. Senza contare che in alcuni casi il vantaggio di un mini-euro può essere annacquato dai maggiori costi per componenti e lavorazioni fuori dall’Ue.
GERMANIA E ITALIA IN TESTA
Passando ai Paesi, è la Germania della tanto scettica Bundesbank a trarre più vantaggi, seguita a ruota dall’Italia. Berlino infatti, conta circa l’8% del totale delle esportazione proprio nel Paese del super-dollaro. L’Italia conta un punto in meno (al 7%). Il fanalino di coda? Certamente la Grecia, che esporta poco, e soprattutto lo fa pochissimo con gli Usa.
IL CASO PETROLIO
Sul fronte energia, invece, ci pensa il crollo del petrolio a compensare i futuri rincari di un in mini-euro che appesantirà la bolletta per greggio e gas e può fare lievitare il pieno di carburante. Buone notizie invece per chi investirà nel nostro Paese. Potrà spendere a prezzi da saldo. Come i turisti del resto. Una minima consolazione, visto che d’ora in poi le aziende Usa rischiano di vedere andare a picco la competitività dei prodotti.
Roberta Amoruso