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 2015  gennaio 23 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA CURA DRAGHI IL GIORNO DOPO


Jens Weidmann sfida Mario Draghi con un attacco frontale all’indomani dell’annuncio delle nuove misure di politica monetaria della Bce. Per il numero uno della Bundesbank il quantitative easing della Bce rischia di frenare le riforme soprattutto in Italia e Francia: "E’ certo - dice - che il piano di acquisti va a ridurre la pressione su paesi come l’Italia e la Francia, ma sarebbe pericoloso non proseguire sulla strada delle riforme già avviate". Nel suo attacco Weidmann minimizza il rischio di deflazione: "Il rischio di deflazione - sostiene - di una spirale di bassi prezzi e salari, è molto debole" anche perché il ribasso dei prezzi dell’energia spinge in senso positivo ed "è una cosa buona perchè porta sollievo alle imprese e ai consumatori".
Il governatore della Banca centrale tedesca, però, è l’unico a criticare così apertamente la manovra da mille miliardi lanciata dalla Bce contro la spirale deflattiva con l’obiettivo di rilanciare l’economia del Vecchio continente. Per la cancelliera tedesca, Angela Merkel, infatti, "le scelte della Bce sono molto importanti. Credo che tutto quello che verrà messo in atto darà un impulso" alla ripresa. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente francese Francois Hollande secondo cui in questo modo la Bce "mette l’accento sulla crescita", ma il piano "non deve distogliere l’attenzione dalle riforme".
D’altra parte il Qe "potrebbe aiutare ma non sarà sufficiente a rivitalizzare l’economia europea e a spingere la crescita. Abbiamo bisogno di riforme strutturali profonde che possano migliorare la competitività" spiega il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde. "Questo lo sa anche Draghi" ha aggiunto il ministro delle Finanze tedesco, Wolfang Schaeuble.


STRINGA SUL CORRIERE DELLA SERA
Venerdì 23 Gennaio, 2015
CORRIERE DELLA SERA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’acquisto a rate dei titoli dei Paesi euro e la spinta alla crescita
DAL NOSTRO INVIATO Davos Come funziona il programma di acquisto di titoli di Stato deciso dalla Bce? Innanzitutto, le operazioni saranno condotte sul mercato secondario: non durante le aste lanciate dai singoli Stati, ma successivamente, quando i privati che hanno comprato Btp italiani o Bonos spagnoli (per citare due esempi) decidono di rivenderli prima della scadenza. Ma vediamo ora gli altri dettagli più numerici.
I titoli sotto la lente
Il programma prevede l’acquisto di titoli per 60 miliardi al mese a partire da marzo. Verranno comprati soprattutto bond di Stato, ma non solo. Saranno acquistate anche obbligazioni delle istituzioni sovranazionali europee. Il piano include la prosecuzione delle operazioni di acquisto di titoli cartolarizzati (Abs) e garantiti (covered bond). La ripartizione, secondo le stime dei ricercatori di Unicredit, potrebbe essere la seguente: 5-10 miliardi in titoli privati (cartolarizzati e garantiti), 45 miliardi in bond pubblici nazionali e il resto in obbligazioni delle istituzioni europee sovranazionali. Il programma durerà fino al settembre 2016 o, almeno finché l’inflazione non si sarà risollevata verso l’obiettivo del 2%.
L’importo totale del piano, fermandosi a settembre del prossimo anno, dovrebbe aggirarsi sui 1.140 miliardi . Ma l’importo scende a circa 850 miliardi se si considerano solo gli acquisti di titoli di Stato. Entreranno nel programma i bond con scadenza dai due ai 30 anni. Gli acquisti avverranno sulla base delle quote dei singoli paesi nell’azionariato della Banca centrale europea.
La condivisione dei rischi
Il punto non è tanto chi acquisterà i titoli, se la Bce o le banche centrali, quanto chi si farà carico dei relativi rischi.
Concentriamoci quindi sui bond pubblici (europei o nazionali): solo il 20% sarà comprato in un regime di condivisione del rischio, a carico dell’eurosistema, mentre il restante 80% peserà sulle spalle delle banche centrali nazionali. E visto che, di questo 20%, un 12% sarà composto da titoli emessi da istituzioni europee, la quota di titoli di Stato nazionali soggetti a mutualizzazione si ferma all’8%.
I tetti
Le operazioni di acquisto previste dal «quantitative easing» avranno poi i due tetti seguenti: non si potrà comprare più del 25% dei titoli messi in circolo con ogni emissione. E non potrà essere acquistato più del 33% del debito pubblico di un singolo Paese, inclusi i titoli di Stato già in pancia alla Bce. Entreranno nel programma solo titoli considerati «investment grade» (quindi non al livello “spazzatura”) da almeno una delle principali agenzie di rating. Ma sono previste eccezioni per i Paesi che si trovano sotto un programma di assistenza internazionale e che ne rispettano le indicazioni. Lo sguardo è rivolto alla Grecia: potranno essere acquistati anche titoli di Stato ellenici se il Fondo monetario, attraverso le diverse «review», considererà Atene in linea con le condizioni previste dal piano.
Le banche
La Bce ha anche abbassato il tasso di interesse sulle Tltro, le operazioni di liquidità finalizzate ai prestiti alle aziende. Non si applicherà più lo spread di 0,10 punti percentuali sul tasso di riferimento. Le banche potranno richiedere denaro allo 0,05% e non più allo 0,15%. La Bce vuole cosi’ rendere queste aste più interessanti, dopo la domanda sotto le aspettative nel corso del 2014.
Giovanni Stringa

Il quantitative easing è difficile da pronunciare. Meglio saltare direttamente alle conclusioni, ai suoi (auspicabili ma non garantiti) effetti sulla vita quotidiana. In sintesi: mutui a buon mercato e banche più disponibili a prestare denaro a famiglie e imprese; listini azionari europei di nuovo al centro dell’attenzione dei grandi investitori internazionali con conseguente rialzo delle quotazioni; tassi di interesse e rendimenti obbligazionari bassi. Se poi il piano della Bce funziona e il motore dell’economia si rimette in moto, gli interessi dei bond e le rate dei mutui risaliranno, insieme al costo della vita. Dire quando, è impossibile. Nemmeno gli Usa, che praticano il Qe da otto anni, hanno ancora deciso di rompere il tabù del costo del denaro diverso da zero.
Mutui più facili
Arduo ipotizzare ulteriori diminuzione dei tassi, perché i parametri di indicizzazione sono ai minimi storici. Ieri l’Euribor (il tasso interbancario che fa da base per i mutui variabili) è finito addirittura a zero sulla scadenza mensile. I migliori variabili oggi sono offerti sotto il 2%, i fissi sotto il 3,5%: non è escluso che le banche decidano di mettere un «pavimento» ai variabili per impedire discese eccessive. E’ vero che dovrebbero diventare più generose sul fronte delle risorse da destinare ai mutui. Ma gli spread (le maggiorazioni applicate ai tassi di mercato pari oggi al 2% circa) scenderanno ancora solo per i clienti migliori, quelli più solvibili. Un consiglio: se si trova oggi un fisso sotto al 3,5% vale la pena pensarci. Perché? Se entro due anni inflazione e tassi tornassero sul serio al 2%, un mutuo variabile da 120 mila euro a 20 anni vedrebbe la sua rata salire da da 613 a 797 euro. Scegliendo il fisso invece si continuerebbe a pagare lo stesso importo della prima rata e cioè 684 euro al mese.
Bond con qualche rischio
Negli ultimi tre anni le emissioni pubbliche italiane sono state fonte di guadagni notevoli, anche nell’ordine del 30-40%. Ora gli spazi di riduzione degli spread e di discesa dei rendimenti si sono veramente ristretti. Il Btp decennale rende l’1,6% (chiusura di ieri), le emissioni brevi poco più di zero. Per guadagnare con le obbligazioni bisogna allungare la scadenza, alzare la posta del rischio emittente, accettare la diversificazione valutaria. Tutte mosse possibili, che però comportano un certo grado di rischio, diverso da quello che ci si è presi quando i Bot rendevano l’8% e lo spread era a 570 punti (9 novembre 2011). In prospettiva il ritorno dell’inflazione accende i riflettori sui titoli variabili, come i Btp Italia o le emissioni collegate al costo della vita in Europa.
Azioni, chi può salire
Le Borse europee potrebbero andare incontro ad un processo virtuoso di «riabilitazione». L’anno scorso Wall Street è salita a rotta di collo anche perché i grandi investitori internazionali non avevano alternative. Il bazooka di Draghi rimetterà in gioco i listini di casa? Piazza Affari e il paniere dei principali titoli europei da inizio anno sono saliti del 7-8%: i primi commenti degli analisti di tutto il mondo, dopo il verbo del Qe, lasciano intravvedere la possibilità di un interesse. Se Piazza Affari e le altre si trovassero con un premio di rischio diminuito e di un maggior valore potenziale chi può permettersi il rischio azionario può sperare in buone performance. Per le banche (simbolo della crisi), per le utilities e per le industrie del made in Italy e più in generale dell’export. Visto che già da qualche giorno si possono fare i conti con un cambio euro-dollaro che sfonda la soglia di 1,15.
Giuditta Marvelli
Gino Pagliuca

MAURIZIO RICCI SULLA REPUBBLICA
NAZIONALE - 23 gennaio 2015
CERCA
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LA CRISI DELL’EURO
Lo scenario
Le banche avranno più liquidità per dare soldi a famiglie e imprese Le finanze dei Paesi deboli si rafforzeranno e svanirà la paura della speculazione
Prestiti, esportazioni e debiti meno cari così l’operazione Bce rianimerà l’economia
MAURIZIO RICCI
ROMA .
«Troppo tardi» hanno subito detto scettici e oppositori, in buona parte tedeschi: «I tassi d’interesse sono già bassi». «Meglio tardi che mai» hanno ribattuto quelli che il quantitative easing lo reclamano da anni, soprattutto anglosassoni: «L’economia europea ha bisogno di una sferzata, anche psicologica». Ma il Qe non è solo parole: sono 1.140 miliardi di euro già sicuri, che potrebbero essere molti di più, perchè Draghi ha detto che ci si fermerà solo con l’inflazione in vista del 2%. La caduta dell’Europa in deflazione ha reso possibile una svolta storica, rivoluzionaria, che proietta la Bce su un terreno finora proibito.
ROBA ESPLOSIVA
Quantitative easing significa allentamento quantitativo della politica monetaria, realizzato non riducendo i tassi d’interesse, che sono già a zero, ma aumentando la quantità di moneta in circolazione. Tradotto in parole semplici, si capisce subito che è roba esplosiva, che calpesta convinzioni coltivate, soprattutto in Germania, per decenni. Il Qe lanciato ieri significa, infatti, stampare moneta per comprare titoli e debiti di Paesi straindebitati. E’ l’equivalente della tosatura di oro e argento dalle monete nelle monarchie di una volta o della stampa di carta moneta in tempi più recenti. Ora la moneta è elettronica, un bonifico via Internet, ma il risultato è lo stesso. La teoria dice che farà ripartire i prezzi e l’inflazione. Il paradosso è che potrebbe non riuscirci.
IL PRIMO ANELLO
Con la moneta appena creata, Bce e banche centrali nazionali rastrelleranno sul mercato secondario — cioè presso banche, fondi pensione, assicurazioni, fondi di investimento — titoli, soprattutto di Stato, perchè questo è il titolo più comune in Europa. Inizia qui la catena di effetti positivi che si aspetta Draghi. Il primo è l’irrobustimento delle finanze pubbliche dei Paesi più deboli che vedranno ridursi gli interessi sui loro titoli, grazie alla nuova domanda, e svanire le paure di attacchi speculativi, dato che c’è la Bce con la sua potenza di fuoco in campo. Ma il rastrellamento di titoli pubblici spinge anche i fondi e le assicurazioni che li hanno venduti a comprare altri titoli, azioni o obbligazioni, facendo salire anche quei prezzi e generando così un profumo di “effetto ricchezza”.
LA LEZIONE AMERICANA
Non finisce qui: il rialzo dei prezzi di titoli pubblici e privati messo in moto dal Qe rende quei titoli meno appetibili sul mercato internazionale. Gli investitori preferiranno impiegare i loro soldi altrove. Dunque, venderanno euro per comprare altre valute. L’euro si deprezzerà, ma un euro meno caro favorisce le esportazioni. Il risultato combinato dell’”effetto ricchezza” e dell’export più vivace è uno stimolo che dovrebbe rianimare l’economia, fermare la caduta dei prezzi e riavviare un po’ d’inflazione. Questo dice la teoria. Non è detto che funzioni. Fra il Qe all’europea e quello americano c’è una differenza importante, che riguarda i meccanismi del credito. Negli Usa, le aziende si finanziano per il 20% attraverso le banche e per l’80% sul mercato, emettendo azioni e obbligazioni. La Fed poteva alimentare l’attività delle industrie comprando direttamente i loro titoli. In Europa, la proporzione è rovesciata. Le aziende si finanziano per l’80% attraverso le banche e solo per il 20% direttamente sul mercato. Il risultato è che un rilancio degli investimenti e dell’attività deve passare attraverso le scelte delle banche, tuttora restie ad allargare le maglie del credito. Il Qe può naufragare qui, di fronte alla riluttanza delle banche.
VANTAGGI PER LE BANCHE
Tuttavia, lo stesso Qe fornisce agli istituti di credito condizioni eccezionalmente favorevoli. Comprando in massa titoli di Stato, Draghi smobilita portafogli di dubbia solidità nei forzieri delle banche, per esempio italiane. Allo stesso tempo, facendo salire le quotazioni in generale di tutti i titoli, il Qe fa salire anche il valore delle riserve e delle garanzie collaterali, aumentando la quota di risorse che le banche possono liberamente prestare. Molti pensano che il Qe sarebbe stato assai più efficace uno o due anni fa, quando i tassi d’interesse erano più alti e l’offensiva della Bce, oltre agli effetti sul mercato dei titoli descritti prima, avrebbe anche ridotto il costo del denaro. Oggi, i tassi sono vicini allo zero, anche se margini di riduzione, nei tassi effettivamente praticati a imprese e famiglie, vi sono ancora. Tuttavia, quello che è vicino allo zero è il tasso nominale. Aggiungetevi il calo generalizzato dei prezzi e un prestito con un tasso nominale dell’1%, se c’è una deflazione dell’1 per cento ha un costo reale del 2%. Se il Qe fa salire i prezzi, tutto si rovescia. Un prestito con un interesse dell’1% e un’inflazione dell’1% ha costo reale zero.
COSTI QUEL CHE COSTI
Tutta questa catena di effetti era stata in larga misura anticipata dagli operatori, come si vede dagli spread e dalle quotazioni dell’euro, già scese ai minimi da molti anni. Non deludendo le attese, Draghi ha evitato pericolose ritorsioni dei mercati. Da marzo in poi, quando il Qe sarà operativo, diventeranno decisive le nuove aspettative degli operatori, modellate dalle scelte compiute ieri. Due sono centrali. L’entità degli interventi, per almeno 1140 miliardi che è superiore alle attese, ma, soprattutto, non ha un tetto. Perchè, ha detto Draghi, il Qe continuerà fino a che l’inflazione europea non sarà tornata sulla traiettoria del 2%. E’ il passaggio più importante, che l’Fmi aveva chiesto esplicitamente alla Bce: un avviso esplicito ai mercati e un impegno netto, senza condizioni e scadenze, a dire che sul Qe non si torna indietro fino a che non si sarà raggiunto l’obiettivo. Una riedizione aggiornata di quel “costi quel che costi” che, due anni fa, salvò l’euro.

PAOLO BARONI SULLA STAMPA


A guadagnarci dall’operazione messa in campo dalla Banca centrale europea sarà da subito lo Stato, il governo potrà disporre di maggiori margini di manovra sul bilancio, verrà meno ogni alibi sulla strada della ripresa e potrà continuare con meno affanno il percorso delle riforme per intercettare e rafforzare il nostro potenziale di crescita. Le imprese potranno avere più facilmente accesso al credito ma soprattutto beneficeranno dell’aumento dei consumi e delle esportazioni, i lavoratori con la ripresa godranno di salari più alti. Ma l’aumento dell’inflazione peserà sulla spesa quotidiana, i canoni e gli affitti di casa. Ecco chi vince e chi perde.
Lo Stato
La riduzione dei tassi avrà un impatto significativo sul peso del debito pubblico. Lo Stato, a fronte dei 460 miliardi di nuove emissioni previste per il 2015, risparmierà da subito diversi miliardi di euro di interessi.
Il governo
L’aumento dell’inflazione, aumentando il Pil nominale (cioè la somma tra prodotto interno lordo reale e inflazione) migliorerà automaticamente i parametri relativi al debito e al deficit pubblico. Inoltre la ripresa dei consumi e dell’economia e la riduzione del costo del debito aprirà ulteriori spazi sul fronte della finanza pubblica per effetto di un presumibile aumento delle entrate e di un calo della spesa per interessi. Insomma si ampliano i margini per ridurre le tasse ed effettuare nuovi investimenti pubblici.

Le banche
Le banche alleggerite dal peso dei titoli pubblici, su cui in questi ultimi tempi hanno ampiamente investito, avranno più margini di manovra per finanziare imprese, famiglie e nuovi investimenti, producendo tra l’altro una rivalutazione di tutti gli asset a cominciare immobili. Prestiti e mutui dovrebbero essere concessi a condizioni più favorevoli.
Famiglie e lavoratori
I lavoratori in prospettiva avranno salari più alti (e prospettive occupazionali più stabili) mentre le famiglie italiane saranno indotte a spendere e consumare di più beneficiando tra l’altro del miglioramento delle condizioni del credito, pagando di meno mutui e prestiti. I valori delle abitazioni dovrebbero tornare a crescere per effetto dei maggiori investimenti dirottati su questo settore. Di contro, però, l’inflazione che riprende quota impatterà sulla spesa quotidiana, le tariffe regolate (come quelle delle autostrade) ed i canoni di affitto delle abitazioni e finirà per penalizzare i redditi più bassi.
Piccoli risparmiatori
I piccoli risparmiatori beneficeranno dell’aumento delle quotazioni azionarie su cui inevitabilmente si riverserà una quota significativa di liquidità che viene messa in circolo dalla Bce.
Le imprese
La ripresa dell’economia dovrebbe contribuire ad invertire la spirale di riduzione consumi-riduzione della produzione-taglio degli investimenti e dell’occupazione. La ripresa generalizzata dell’Eurozona aumenterà la domanda di beni favorendo le imprese manifatturiere che esportano. Che in più beneficeranno anche di un ulteriore indebolimento dell’euro. Anche per le imprese dovrebbero inoltre migliorare le condizioni di accesso al credito, anche se le esperienze recenti ci dicono che questo «scambio» non è affatto automatico.

Twitter @paoloxbaroni

A guadagnarci dall’operazione messa in campo dalla Banca centrale europea sarà da subito lo Stato, il governo potrà disporre di maggiori margini di manovra sul bilancio, verrà meno ogni alibi sulla strada della ripresa e potrà continuare con meno affanno il percorso delle riforme per intercettare e rafforzare il nostro potenziale di crescita. Le imprese potranno avere più facilmente accesso al credito ma soprattutto beneficeranno dell’aumento dei consumi e delle esportazioni, i lavoratori con la ripresa godranno di salari più alti. Ma l’aumento dell’inflazione peserà sulla spesa quotidiana, i canoni e gli affitti di casa. Ecco chi vince e chi perde.
Lo Stato
La riduzione dei tassi avrà un impatto significativo sul peso del debito pubblico. Lo Stato, a fronte dei 460 miliardi di nuove emissioni previste per il 2015, risparmierà da subito diversi miliardi di euro di interessi.
Il governo
L’aumento dell’inflazione, aumentando il Pil nominale (cioè la somma tra prodotto interno lordo reale e inflazione) migliorerà automaticamente i parametri relativi al debito e al deficit pubblico. Inoltre la ripresa dei consumi e dell’economia e la riduzione del costo del debito aprirà ulteriori spazi sul fronte della finanza pubblica per effetto di un presumibile aumento delle entrate e di un calo della spesa per interessi. Insomma si ampliano i margini per ridurre le tasse ed effettuare nuovi investimenti pubblici.

Le banche
Le banche alleggerite dal peso dei titoli pubblici, su cui in questi ultimi tempi hanno ampiamente investito, avranno più margini di manovra per finanziare imprese, famiglie e nuovi investimenti, producendo tra l’altro una rivalutazione di tutti gli asset a cominciare immobili. Prestiti e mutui dovrebbero essere concessi a condizioni più favorevoli.
Famiglie e lavoratori
I lavoratori in prospettiva avranno salari più alti (e prospettive occupazionali più stabili) mentre le famiglie italiane saranno indotte a spendere e consumare di più beneficiando tra l’altro del miglioramento delle condizioni del credito, pagando di meno mutui e prestiti. I valori delle abitazioni dovrebbero tornare a crescere per effetto dei maggiori investimenti dirottati su questo settore. Di contro, però, l’inflazione che riprende quota impatterà sulla spesa quotidiana, le tariffe regolate (come quelle delle autostrade) ed i canoni di affitto delle abitazioni e finirà per penalizzare i redditi più bassi.
Piccoli risparmiatori
I piccoli risparmiatori beneficeranno dell’aumento delle quotazioni azionarie su cui inevitabilmente si riverserà una quota significativa di liquidità che viene messa in circolo dalla Bce.
Le imprese
La ripresa dell’economia dovrebbe contribuire ad invertire la spirale di riduzione consumi-riduzione della produzione-taglio degli investimenti e dell’occupazione. La ripresa generalizzata dell’Eurozona aumenterà la domanda di beni favorendo le imprese manifatturiere che esportano. Che in più beneficeranno anche di un ulteriore indebolimento dell’euro. Anche per le imprese dovrebbero inoltre migliorare le condizioni di accesso al credito, anche se le esperienze recenti ci dicono che questo «scambio» non è affatto automatico.

Twitter @paoloxbaroni

A guadagnarci dall’operazione messa in campo dalla Banca centrale europea sarà da subito lo Stato, il governo potrà disporre di maggiori margini di manovra sul bilancio, verrà meno ogni alibi sulla strada della ripresa e potrà continuare con meno affanno il percorso delle riforme per intercettare e rafforzare il nostro potenziale di crescita. Le imprese potranno avere più facilmente accesso al credito ma soprattutto beneficeranno dell’aumento dei consumi e delle esportazioni, i lavoratori con la ripresa godranno di salari più alti. Ma l’aumento dell’inflazione peserà sulla spesa quotidiana, i canoni e gli affitti di casa. Ecco chi vince e chi perde.
Lo Stato
La riduzione dei tassi avrà un impatto significativo sul peso del debito pubblico. Lo Stato, a fronte dei 460 miliardi di nuove emissioni previste per il 2015, risparmierà da subito diversi miliardi di euro di interessi.
Il governo
L’aumento dell’inflazione, aumentando il Pil nominale (cioè la somma tra prodotto interno lordo reale e inflazione) migliorerà automaticamente i parametri relativi al debito e al deficit pubblico. Inoltre la ripresa dei consumi e dell’economia e la riduzione del costo del debito aprirà ulteriori spazi sul fronte della finanza pubblica per effetto di un presumibile aumento delle entrate e di un calo della spesa per interessi. Insomma si ampliano i margini per ridurre le tasse ed effettuare nuovi investimenti pubblici.

Le banche
Le banche alleggerite dal peso dei titoli pubblici, su cui in questi ultimi tempi hanno ampiamente investito, avranno più margini di manovra per finanziare imprese, famiglie e nuovi investimenti, producendo tra l’altro una rivalutazione di tutti gli asset a cominciare immobili. Prestiti e mutui dovrebbero essere concessi a condizioni più favorevoli.
Famiglie e lavoratori
I lavoratori in prospettiva avranno salari più alti (e prospettive occupazionali più stabili) mentre le famiglie italiane saranno indotte a spendere e consumare di più beneficiando tra l’altro del miglioramento delle condizioni del credito, pagando di meno mutui e prestiti. I valori delle abitazioni dovrebbero tornare a crescere per effetto dei maggiori investimenti dirottati su questo settore. Di contro, però, l’inflazione che riprende quota impatterà sulla spesa quotidiana, le tariffe regolate (come quelle delle autostrade) ed i canoni di affitto delle abitazioni e finirà per penalizzare i redditi più bassi.
Piccoli risparmiatori
I piccoli risparmiatori beneficeranno dell’aumento delle quotazioni azionarie su cui inevitabilmente si riverserà una quota significativa di liquidità che viene messa in circolo dalla Bce.
Le imprese
La ripresa dell’economia dovrebbe contribuire ad invertire la spirale di riduzione consumi-riduzione della produzione-taglio degli investimenti e dell’occupazione. La ripresa generalizzata dell’Eurozona aumenterà la domanda di beni favorendo le imprese manifatturiere che esportano. Che in più beneficeranno anche di un ulteriore indebolimento dell’euro. Anche per le imprese dovrebbero inoltre migliorare le condizioni di accesso al credito, anche se le esperienze recenti ci dicono che questo «scambio» non è affatto automatico.

Twitter @paoloxbaroni

A guadagnarci dall’operazione messa in campo dalla Banca centrale europea sarà da subito lo Stato, il governo potrà disporre di maggiori margini di manovra sul bilancio, verrà meno ogni alibi sulla strada della ripresa e potrà continuare con meno affanno il percorso delle riforme per intercettare e rafforzare il nostro potenziale di crescita. Le imprese potranno avere più facilmente accesso al credito ma soprattutto beneficeranno dell’aumento dei consumi e delle esportazioni, i lavoratori con la ripresa godranno di salari più alti. Ma l’aumento dell’inflazione peserà sulla spesa quotidiana, i canoni e gli affitti di casa. Ecco chi vince e chi perde.
Lo Stato
La riduzione dei tassi avrà un impatto significativo sul peso del debito pubblico. Lo Stato, a fronte dei 460 miliardi di nuove emissioni previste per il 2015, risparmierà da subito diversi miliardi di euro di interessi.
Il governo
L’aumento dell’inflazione, aumentando il Pil nominale (cioè la somma tra prodotto interno lordo reale e inflazione) migliorerà automaticamente i parametri relativi al debito e al deficit pubblico. Inoltre la ripresa dei consumi e dell’economia e la riduzione del costo del debito aprirà ulteriori spazi sul fronte della finanza pubblica per effetto di un presumibile aumento delle entrate e di un calo della spesa per interessi. Insomma si ampliano i margini per ridurre le tasse ed effettuare nuovi investimenti pubblici.

Le banche
Le banche alleggerite dal peso dei titoli pubblici, su cui in questi ultimi tempi hanno ampiamente investito, avranno più margini di manovra per finanziare imprese, famiglie e nuovi investimenti, producendo tra l’altro una rivalutazione di tutti gli asset a cominciare immobili. Prestiti e mutui dovrebbero essere concessi a condizioni più favorevoli.
Famiglie e lavoratori
I lavoratori in prospettiva avranno salari più alti (e prospettive occupazionali più stabili) mentre le famiglie italiane saranno indotte a spendere e consumare di più beneficiando tra l’altro del miglioramento delle condizioni del credito, pagando di meno mutui e prestiti. I valori delle abitazioni dovrebbero tornare a crescere per effetto dei maggiori investimenti dirottati su questo settore. Di contro, però, l’inflazione che riprende quota impatterà sulla spesa quotidiana, le tariffe regolate (come quelle delle autostrade) ed i canoni di affitto delle abitazioni e finirà per penalizzare i redditi più bassi.
Piccoli risparmiatori
I piccoli risparmiatori beneficeranno dell’aumento delle quotazioni azionarie su cui inevitabilmente si riverserà una quota significativa di liquidità che viene messa in circolo dalla Bce.
Le imprese
La ripresa dell’economia dovrebbe contribuire ad invertire la spirale di riduzione consumi-riduzione della produzione-taglio degli investimenti e dell’occupazione. La ripresa generalizzata dell’Eurozona aumenterà la domanda di beni favorendo le imprese manifatturiere che esportano. Che in più beneficeranno anche di un ulteriore indebolimento dell’euro. Anche per le imprese dovrebbero inoltre migliorare le condizioni di accesso al credito, anche se le esperienze recenti ci dicono che questo «scambio» non è affatto automatico.

Twitter @paoloxbaroni
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FIRENZE - Dalle riforme - altro che scalare marcia, ha ribadito lui, noi ora "qui mettiamo il turbo" - all’Europa che "non è né un gruppo di comici né di burocrati", passando per la Grecia che domenica tornerà a votare e su cui entrambi si sono detti tranquilli nonostante il rischio di uscita dall’euro: "Aspettiamo le elezioni, poi avvieremo un dialogo con il governo greco e vedremo come continuare".

La seconda giornata del bilaterale italo-tedesco a Firenze ha il suo culmine alla Galleria dell’Accademia, nella conferenza stampa che il presidente del Consiglio Matteo Renzi e la Cancelliera Angela Merkel tengono assieme. Nell’arco di due settimane l’ex sindaco del capoluogo toscano ha incassato in Europa due successi (il via libera di Bruxelles alla flessibilità sui conti e il lancio del maxi piano di acquisto dei titoli di Stato da parte della Bce) e ora non vuole rischiare colpi di coda rigoristi. "Riforme" e "nuova narrativa dell’Europa" i termini su cui il premier insiste di più. La Merkel gli fa eco.
Renzi: "Bene Bce, ma ora mettere turbo a riforme"
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Va detto anche che, per la prima volta nella sua storia, il museo ospita un incontro tra due capi di governo. Per la conferenza stampa è stata scelta la sala al piano terreno, la cosiddetta Galleria dei Prigioni, che ospita le sei monumentali sculture di Michelangelo. Merkel e Renzi parlano con il David di Michelangelo alle spalle. E’ stato il premier a scegliere la Galleria dell’Accademia come sede ufficiale del vertice e il parallelo tra l’arte di casa nostra e l’azione di governo arriva proprio in chiusura: "Quando a Michelangelo chiesero come aveva fatto a fare il David, lui rispose è stato facile, è bastato togliere il marmo in eccesso. Noi - è il suggello - stiamo facendo la stessa cosa con l’Italia, togliamo l’eccesso di burocrazia".
Renzi fa da guida a Merkel in Palazzo Vecchio
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"Grazie di essere qui a Firenze - esordisce Renzi, prendendo la parola per primo - in questo appuntamento che nasce dal desiderio di valorizzare insieme la presidenza tedesca del G7 e le grandi sfide che abbiamo davanti. Noi oggi continuiamo a parlare sempre di questioni economiche ma dimentichiamo che c’è un tema nel quale l’Europa ha un grandissimo elemento di forza nel mondo: la capacità di dare ispirazioni e ideali. Ce ne siamo resi conto nella grande marcia di Parigi, perché l’Europa è un’idea che va promossa. Forse tutti noi insieme dobbiamo cambiare la narrativa dell’Europa, che non è soltanto un insieme di codici o di burocrazia. Dobbiamo tornare ad appassionare i cittadini. Il nostro impegno è totale, è l’unica strada per affrontare il rischio di coloro che vorrebbero distruggere i valori dell’Europa.
Merkel a Firenze, visita agli Uffizi. Renzi: "Altro che Roma, la capitale d’Italia è qui"
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"Vedi, Angela, che bellezza i pittori fiorentini e l’arte del Rinascimento? Altro che Roma, la vera capitale di Italia è Firenze" ha detto il premier - racconta il direttore della galleria degli Uffizi Antonio Natali - alla cancelliera Angela Merkel. "Una battuta del presidente durante il percorso della visita agli Uffizi e al Corridoio Vasariano in cui in effetti la Cancelliera si è mostrata molto attenta e curiosa - spiega Natali - Abbiamo visto Botticelli, Leonardo, la Tribuna, ma sono stati due i momenti in cui ha mostrato molto stupore per la bellezza delle opere, e cioè all’ingresso della sala di Michelangelo, dove la statua antica della Arianna si mescola alla modernità del Tondo Doni su mura di rosso cremisi, e poi lungo il Corridoio Vasariano, quando dalle finestre è apparsa la chiesa di Santa Felicita tutta illuminata. Lì la Merkel ha avuto un sussulto. ’Che meraviglia’. Prima della visita Merkel ha cenato a Palazzo Vecchio. A seguire, il fotoracconto della visita ( testo di MARIO NERI)


"Tutti i cambiamenti che la politica economica dell’Europa sta facendo non devono bloccare il percorso di riforma che i singoli Paesi stanno portando avanti. La decisione di ieri della Bce è un passo avanti importante ma non decisivo. Guai a pensare che per uscire dalla stagnazione possa bastare una sola misura. L’Italia sta attraversando una fase di riforma straordinaria - dice ancora Renzi -, il percorso di riforma non va bloccato ma accelerato. L’Italia può e deve mettere il turbo perché dobbiamo fare ancora più veloce, non scalare marcia. In 11 mesi abbiamo portato avanti una fase di riforme straordinaria", ha aggiunto annunciando nuove misure su "scuola e innovazione" da oggi a un mese. Un passaggio è riservato anche all’Italicum (su cui si sta battagliando al Senato): "Ho consigliato ieri ad Angela di adottare la nostra legge elettorale", è la battuta raccontata dal premier, salvo poi chiosare "ma intanto ce la facciamo per l’Italia perché è una legge che consente un vincitore certo".

Poi è la Merkel a parlare: "L’Europa non è iniziata con noi e non finirà con noi. C’è una tradizione di cultura, Firenze è un luogo simbolo dei nostri valori comuni". Il piano di riforme avviato da Renzi è "molto ambizioso", ma "sono sicura che verrà portato avanti e che darà ottimi risultati. Auguro a te (Renzi, ndr) ogni successo. Credo che alcune delle riforme italiane, lavoro e pubblica amministrazione, genereranno presto effetti. Ho parlato stamattina con imprenditori tedeschi che lavorano in Italia, tutti loro dicono che vogliono appoggiare il percorso di riforme e che ci sono già i primi impulsi. Mi hanno detto che adesso possono assumere in Italia. Ci sono stretti rapporti tra l’economia tedesca e quella italiana, abbiamo legami e scambi intensi. Sui provvedimenti europei, la proposta di Jean-Claude Juncker (presidente della commissione Ue, ndr) ha una funzione importante, siamo noi ora che dobbiamo sviluppare progetti con i quali raccontare una nuova narrativa".
Renzi-Merkel, conferenza e bacio sotto la statua del David
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Sulla Grecia, all’antivigilia delle elezioni (alle quali è prevista la vittoria del partito di sinistra radicale Syriza), Merkel ha detto di augurarsi che la Atene continui a "far parte della nostra storia". Invece, a chi le chiede di commentare il ’quantitative easing’ della Bce, lei replica: "Sono dell’avviso che la Banca centrale prenda le sue decisioni in modo indipendente, quindi non commentiamo le decisioni".

Prima dell’inizio della conferenza, Renzi ha scherzato con le persone che hanno accompagnato lui e la Merkel nella visita agli Uffizi e al Vasariano: "Guardate, guardate, ammirate la bellezza, Firenze è la capitale". A raccontarlo è il direttore della galleria, Antonio Natali, che spiega questo anche con il clima "molto amichevole e affabile" che c’era. "Non è un caso, a Firenze c’è una storia che si coagula tutta insieme", ha aggiunto.

Ieri il premier e la cancelliera hanno avuto un lungo colloquio da soli prima della cena a Palazzo Vecchio. Insieme, i due hanno fatto anche un giro nella Sala delle Carte Geografiche, dove lavorava Machiavelli, per ammirare le mappe, soffermandosi in particolare su quella della Germania. Alla cena a Palazzo Vecchio, che ha aperto la visita della cancelliera a Firenze, a cui seguirà domani il bilaterale, partecipano 12 persone: sei della delegazione italiana e sei di quella tedesca.

ILSOLE24ORE.COM
Il giorno dopo la svolta della Bce con il piano di acquisti di titoli di Stato da oltre 1.100 miliardi di euro le Borse europee salgono ancora. Piazza Affari ha chiuso a +0,24%, rallentata dai realizzi sulle popolari, bene il resto del Vecchio Continente mentre Wall Street procede contrastata (segui i listini in diretta). Lo spread BTp-Bund ha ripreso a salire a 119 punti base, con il rendimento del decennale italiano che dopo essere sceso fino all’1,45% si è attestato all’1,52% (1,58% sui terminali Reuters, che utilizzano un differente benchmark) . L’euro continua a scivolare: in serata quota sopra 1,12 dollari, dopo aver raggiunto a 1,1113 i minimi dal settembre 2003 (cambio euro/dollaro e convertitore di valuta).
Più euforia che dubbi dal piano di Draghi
Mario Draghi ieri ha lanciato un piano di riacquisti di titoli di Stato (quantitative easing) da 60 miliardi di euro al mese: un annuncio superiore anche alle attese degli analisti, che ha scatenato gli acquisti sul mercato. Gli operatori sembrano infatti considerare in modo positivo la notizia del cospicuo afflusso di denaro che pioverà sui mercati a partire da marzo (qui gli effetti su famiglie, banche e imprese). «La dimensione del Qe in Eurozona - sottolinea Claudio Barberis, Responsabile asset allocation di MoneyFarm.com - è tale da avere effetti vasti non solo sui titoli di stato direttamente acquistati, ma anche su azioni europee e non, nonchè sui mercati emergenti».
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I mercati sono invece disposti per il momento a mettere da parte i dubbi relativi al funzionamento del piano, alla sua capacità di trasferire gli effetti sull’economia reale sconfiggendo così la deflazione, e anche l’altra faccia del compromesso raggiunto ieri a Francoforte con i «falchi» del rigore monetario. Soltanto per il 20% dei titoli acquistati la Bce condividerà infatti i rischi legati a un fallimento dell’emittente, per il restante 80% le eventuali perdite non saranno mutualizzate e resteranno in campo alla banca centrale nazionale che materialmente effettuerà le operazioni: un duro colpo a chi spera, prima o poi, di veder davvero completata l’Unione monetaria europea.
Segnali di risveglio per l’industria Ue a gennaio
Se sul fronte politico le attese si spostano adesso sulle lezioni greche di domenica prossima, sotto il piano degli appuntamenti macroeconomici la giornata di oggi è stata di gran lunga meno ricca di quella precedente. Gli indici dei direttori d’acquisto (Pmi) sono migliorati a gennaio nell’Eurozona (52,2 per l’indice composito, 51 per il settore manifatturiero e 52,7 per i servizi). Sul fronte delle emissioni in serata il Tesoro annuncerà il quantitativo di BoT a 6 mesi che sarà piazzato mercoledì prossimo.
Greggio in rialzo dopo la morte di re Abdullah
Rialza nel frattempo la testa il prezzo del petrolio (con il Brent di nuovo vicino ai 50 dollari), complice la morte del re Abdullah che potrebbe portare cambiamenti nella politica petrolifera dell’Arabia Saudita. Da Davos, intanto, il capo-economista dell’Agenzia internazionale dell’Energia (Aie), Fatih Birol, tende a minimizzare il tema della successione, che non dovrebbe provocare cambiamenti «significativi», ed esprime l’auspicio che Ryad continui ad essere un fattore di stabilità sui mercati mondiali «particolarmente in questi giorni difficili».
Popolari pronte a dar battaglia, i titoli arretrano
A Piazza Affari si sono visti oggi realizzi sulle principali banche popolari dopo il rally delle ultime sedute, anche perché i vertici degli istituti interessati dalla riforma del voto capitario sembrano intenzionati a dar battaglia contro il decreto che le obbliga a trasformarsi in società per azioni entro 18 mesi. In forte avanzamento invece i titoli del risparmio gestito, con Azimut particolarmente sugli scudi, le aziende del lusso (Tod’s e Ferragamo) e quelle che puntano sull’export (Fiat) e che possono approfittare del mini-euro.