Antonella Barina, il Venerdì 23/1/2015, 23 gennaio 2015
L’ANTICA LEGGE DELLA SUPERSTIZIONE
TIRUVANNAMALAI (TAMIL NADU, INDIA). La bellissima Aishwarya Rai – occhi azzurri e capelli pece – è l’attrice più famosa di Bollywood. Già Miss Mondo, habituée del red carpet di Cannes e del palco degli Oscar, testimonial di L’Oréal e Longines, è uno dei simboli internazionali dell’India. Emblema della modernità e del successo. Eppure Aishwarya è una manglik: secondo i potentissimi astrologi locali, l’influsso negativo di Marte nel suo quadro astrale l’ha predestinata a un matrimonio infelice, con tradimenti, divorzio, morte del coniuge. E infatti i manglik tendono a sposarsi tra loro, perché gli influssi funesti si neutralizzino a vicenda. Ma sette anni fa Aishwarya si invaghì di uno che manglik non è: l’attore Abhishek Bachchan, figlio del divo dei divi di Bollywood, il celebre Amitabh Bachchan. Gli aruspici, interpellati, scovarono un espediente previsto dai testi sacri: bastava che in prime nozze Aishwarya sposasse un albero che assorbiva l’influenza nefasta di Marte, perché lei potesse poi unirsi serenamente al suo principe azzurro. Così Aishwarya sposò un ficus (e per sicurezza anche un banano), per essere alla fine impalmata dal suo Abhishek.
Se perfino una star internazionale, emancipata e à la page, si sottopone a rituali così superstiziosi, figurarsi le centinaia di milioni di indiani provinciali e sprovveduti: gli analfabeti, i diseredati, chi passa la vita chino su un lembo di terra fuori dal mondo. Pregiudizi in odore di superstizione si ripropongono in India a tutti i livelli sociali. E decretano fortuna o malasorte, accettazione o rifiuto, prestigio o disonore. La disabilità è una vergogna, come essere malati di Aids. Anche nascere sotto una cattiva stella è una iattura: si rischia di essere uccisi in fasce, per evitare di menar gramo. Ogni regione, in questa babele di etnie, culture e culti, ha le sue spietate irrazionalità.
Di centinaia di giovanissime vittime del pregiudizio nel Tamil Nadu – rifiutate e ghettizzate – si occupa Terre des Hommes Italia, ong che protegge i bambini da violenze e abusi in tutto il mondo. E qui lo fa attraverso un partner locale, Terre des Hommes Core Trust, che accoglie minori strappati all’ostracismo della società: sventurati scampati all’infanticidio, sieropositivi, disabili, reietti solo per la loro diversità. In questi giorni, fino al primo febbraio, si aiuta la ong con un sms da 2 euro al 45508. O la si sostiene (in qualsiasi periodo dell’anno) adottando un bambino a distanza: terredeshommes.it.
Quando Abirami mostrò i primi segni di ritardo mentale, la mamma raccontò che, mentre la allattava, aveva visto un mulinello a vento, segno che uno spirito maligno era nei pressi... I familiari volevano avvelenarla, ma lei si oppose. Per nasconderla ai vicini, però, la legava nella stalla con le capre, lasciandola mangiare per terra a quattro zampe. Abirami è stata salvata da Terre des Hommes Core Trust e ora, a 14 anni, vive in una residenza dell’associazione, Puspam House, la Casa dei fiori, tra banani e bouganville. Insieme a decine di ragazze come lei: disabili perché – si favoleggia – la mamma incinta ha tagliato la verdura durante un’eclissi di luna; o il papa ha ucciso un cobra, animale sacro... Così come a Maya House, la Casa dell’illusione, abitano i bambini sieropositivi, orfani dell’Aids, rinnegati dai parenti che li associano al tabù di una malattia che sa di promiscuità e solo a toccarli temono il contagio: bimbi scalzi dagli occhi mesti, che di vivace hanno solo gli abiti. Da quando prendono i farmaci vivono di più, ma sono anche più carichi di rabbia: contro il destino ingiusto, le regole di vita da infermi, soprattutto la società che li respinge. E c’è chi tenta di uccidersi inghiottendo detersivo. Tamilarasi vorrebbe tornare al suo villaggio, ma laggiù la picchiano per esorcizzare il maleficio. E anche Vennila è sola al mondo: i genitori si sono impiccati quando si è saputo che erano malati di Aids («abbiamo la tubercolosi», giuravano) e ora l’appestata è lei.
«Parlare di pura superstizione in India è difficile: certe convinzioni sono inestricabilmente legate alla religione» spiega Sabrina Ciolfi, indologa dell’Università Statale di Milano. «E in particolare alla legge del Karma, che regola la dottrina della reincarnazione: ciascuno si porta dietro, di vita in vita, le conseguenze delle azioni compiute nelle esistenze precedenti. Hai commesso peccati? Rinascerai albero o cane o magari donna (condizione poco ambita). Oppure disabile, malato. E anche i parenti dei bambini infermi non devono essersi comportati granché bene, se si ritrovano con una simile disgrazia. Di qui la vergogna, l’impulso a rifiutarli e nasconderli alla comunità, il bisogno di darsi giustificazioni superstiziose di quella malasorte». E ancora: «La persona in grado di rivelare gli effetti negativi delle nostre azioni pregresse e dirci come pulire quella sorta di “fedina penale karmica” è l’astrologo, figura di immenso prestigio in India, dove l’astrologia è eletta a Scienza e insegnata nelle università. L’indovino indiano non delinea il carattere delle persone, come da noi, ma fa soprattutto previsioni per il futuro e consiglia come affrontarlo. Condizionando qualsiasi decisione: i politici non prendono iniziative senza prima consultare l’oroscopo, i businessmen non sbrigano affari, le famiglie non organizzano matrimoni».
Spesso, di fronte alla malattia di un bambino, si va prima dall’astrologo poi dal medico: se le previsioni sono davvero infauste, si arriva all’infanticidio. Jaya ha 4 anni, lo zodiaco dice che nascendo ha messo a rischio l’incolumità del padre, così la madre ha tentato più volte di ucciderla, negandole cibo e cure; anche perché presunti indizi portaiella – dai piedi piatti ai nei sulla natica – avvalorerebbero gli astri. Indumathi invece è la prima femmina dopo tre figli maschi, una sventura da queste parti: per salvarla la nonna l’ha nascosta in una scatola da scarpe e l’ha depositata davanti al Tribunale. Mentre Suprita è venuta alla luce con il cordone ombelicale intorno al collo, segno di disgrazia per lo zio materno, sorpreso infatti mentre tentava di sopprimerla. Tutte femmine, che si eliminano più volentieri dei maschi. Allevare una bambina, si dice qui, è come innaffiare il campo del vicino: la nutri, le dai la dote e poi se la porta via la suocera. Il censimento del 2011, racconta Sabrina Ciolfì, registra – tra gli zero e i 6 anni – 914 femmine ogni mille maschi. A volte le bimbe si uccidono appena nate, con la linfa velenosa dell’oleandro nel latte. Ma ecografia e amniocentesi hanno fatto anche esplodere l’aborto selettivo: spesso in camioncini raffazzonati e sporchi, che girano le campagne offrendo analisi e interruzione della gravidanza. «Il confine tra superstizione, astrologia, religione, medicina, magia è sfumato» continua Ciolfi. «Ci sono santoni con presunti poteri soprannaturali – i babà, i guru, i sadu – che dispensano consigli d’ogni genere, anche sanitari, e hanno un enorme seguito. Asceti dai poteri speciali? Certo hanno una legittimazione più antica e forte delle nostre fattucchiere. Ma possono fare danni enormi».
Ho voluto sperimentare in prima persona. Così ho chiesto un consulto a uno stimato indovino di Tiruvannamalai, insieme all’attrice Sonia Bergamasco, testimonial di Terre des Hommes, partecipe di questo viaggio nei guasti della superstizione. Abbiamo inscenato un contesto frequente nell’India maschilista: Sonia, mamma di due bambine, fingeva di inseguire la chimera del maschio; io, suocera spietata, di assillarla per questo. Un viottolo di terra battuta, un grappolo di casette povere, una folla di curiosi: chi aveva mai visto una bella straniera, bionda e diafana come Sonia, nell’antro buio di quell’aruspice dei sobborghi? Cinque rupie (60 centesimi) ci hanno garantito mezz’ora di litanie, bruciar di incensi, rituali contro il malocchio. Fino al responso finale: Sonia avrà il figlio maschio se ogni martedì si inchinerà, in preghiera, davanti a una mucca. Difficile vivendo a Roma. Ma il suo scoppio di felicità, al verdetto, è stata una performance da Oscar.
«L’astrologia invade tutta la sfera coniugale» spiega Ciolfi, che ha a lungo studiato i cambiamenti sociali indiani attraverso gli annunci matrimoniali. «La stipula di unioni combinate, che poco hanno a che fare con l’amore, è una contrattazione mercantile, dove si incontrano domanda e offerta ed eventuali disparità si sanano con i soldi. Ma, a trattativa ultimata, l’ultima parola è dell’astrologo, che verifica la compatibilità degli sposi. E infatti gli annunci chiedono sempre BHP: Biodata (curriculum), Horoscope, Photo». Ed ecco un motivo in più per sostenere il lavoro di Terre des Hommes in India: nel dare-avere dei trattati matrimoniali, in un Paese dove sposarsi è un must, anche le persone meno fortunate – disabili, malati, condannati dal pregiudizio stellare – se sopravvivono hanno una chance: apposite sezioni matrimoniali chiedono solo di portare in dote qualcosa in più.
E neanche il diffondersi dell’istruzione sconfigge i rituali tradizionali. Ma solo li trasforma: «Vicino a Hyderabad, città che sforna ingegneri informatici richiesti in tutto il mondo, c’è un tempio famoso per il suo Visa Power: fior di cervelloni vanno a fare offerte votive prima di richiedere il visto per gli Usa. E nel Sud dell’India c’è un centro aerospaziale che, prima di lanciare un satellite, ne offre il modellino al tempio. Che ha un’imponente collezione di veicoli spaziali».
Antonella Barina