Roberto Giardina, ItaliaOggi 23/1/2015, 23 gennaio 2015
PER CHI NON HA NULLA, 399 EURO
Berlino
Ricordate che cosa rispose la Fornero a un gruppo di giovani donne che le chiedevano di battersi per il cosiddetto «reddito di cittadinanza»? Una somma pari al minimo vitale per chiunque non abbia un lavoro, o un reddito. «Sarebbe bello, ma qui abbiamo il sole, e tutti si metterebbero a oziare, e gustarsi un piatto di spaghetti al sugo», spiegò la ministra.
Non si può escludere, ma per la pigrizia di alcuni, non si dovrebbe negare un diritto elementare per tutti. Almeno per principio. Che ci siano i miliardi necessari è un altro discorso.
In Germania compie dieci anni l’Hartz IV, come viene chiamato l’assegno di assistenza sociale, 399 euro al mese più l’alloggio, che viene versato a tutti, anche a coloro che non hanno voluto lavorare neppure un giorno nella loro vita. Il minimo non si può negare neppure agli asociali. Ogni anno, lo stato paga oltre 50 miliardi di euro a circa 3 milioni e 400 mila famiglie, 7 milioni di assistiti, minori compresi. E anche qui, come temeva la Fornero, qualcuno ne abusa. E non mancano le critiche. Hartz IV si è trasformato in un marchio negativo, in un simbolo di fallimento, di incapacità, di ignavia.
«Il mio nome è diventato un insulto, e molti mi odiano», ammette il suo ideatore Peter Hartz, 72 anni, amico e consigliere del cancelliere Gerhard Schröder. Per la verità ha commesso anche errori personali: era un sindacalista della Volkswagen, e si era dato alla bella vita a spese dell’azienda (hotel di lusso per sé e l’amante brasiliana). La casa automobilistica sapeva e tollerava perché, così, addomesticava il sindacato. Hartz se la cavò ma dovette rinunciare alla liquidazione di oltre un milione di euro. Ora si lamenta che la sua riforma non sia stata portata a termine.
Si dice che la riforma del lavoro, l’Agenda 2010, sia stata la chiave per la ripresa tedesca. Con Schröder non funzionò, ma i frutti li raccolse Angela Merkel, aiutata anche dal boom di paesi importatori come l’India e la Cina. Per chi finisce nella categoria dell’Hartz IV è difficile risalire, trovare una nuova occupazione, e si cade nella depressione. Si protesta anche contro i controlli dei funzionari che, come la Fornero, dubitano della buona volontà degli assistiti, che vengono puniti se non seguono ordini e consigli, e non si presentano agli appuntamenti con i probabili nuovi datori di lavoro.
I controllori piombano a casa all’alba per vedere con chi si dorme, si può coabitare ma non con un partner che riceva a sua volta l’assegno. Si perquisisce il frigo, per vedere se il burro o il latte di lui e di lei sono conservati in contenitori separati, altrimenti si viene denunciati. Ma i tagli all’assegno possono essere simbolici, dato che si tratta per l’appunto di un minimo vitale. E come costringere un ingegnere, rimasto disoccupato troppo a lungo, ad accettare un lavoro da manovale non qualificato, oppure un job da un euro all’ora, l’equivalente dei nostri lavori socialmente utili? Gli assistiti sono obbligati a seguire corsi di riqualificazione professionale, o scuole di lingue se sono stranieri.
Tutto è strettamente controllato e calcolato. Se in casa è necessario un boiler supplementare per l’acqua calda, si ha diritto a un extra di 9 euro e 18 cent. Se si dimostra di aver bisogno di un paio di scarpe nuove, si riceve un buono da 40 euro, e così via. Si vive sotto una costante tutela, gli adulti trattati come bambini irresponsabili. In media, ogni dossier per un assistito raggiunge le 650 pagine. Un enorme montagna di scartoffie.
Si sopravvive ma al prezzo di una continua umiliazione, scrive la Süddeutsche Zeitung. Inge Hannemann era addetta al controllo ad Amburgo, ma si è rifiutata di impartire pene ai «colpevoli». E ha finito per essere licenziata a sua volta. «Ma non potevo decidere come un giudice supremo della vita di esseri umani», protesta.
Roberto Giardina, ItaliaOggi 23/1/2015