Francesco P. Giordano, Libero 23/1/2015, 23 gennaio 2015
LE MAGIE DELL’UOMO CHE TIENE IN VITA LA SERIE A
Se la vostra squadra si può permettere di acquistare un terzino o chi per lui dovete ringraziare anche quest’uomo: Riccardo Silva. Milanese, di casa a Miami, è a capo della Mp&Silva, società da 650 milioni di dollari di fatturato annuo che commercia i diritti televisivi delle più importanti manifestazioni sportive. Tra cui la A, che rivende all’estero: accordo rinnovato a ottobre, nelle casse dei club italiani arriveranno 557 milioni per il triennio 2015/2018 (186 milioni a stagione), cifra in rialzo rispetto ai 351 milioni dei 3 anni precedenti.
Riccardo Silva, il nostro campionato è un prodotto che interessa ancora?
«Non sempre, per questo vendiamo la A all’interno di un pacchetto che comprende altri eventi, come il campionato francese o il Roland Garros di tennis. Lo facciamo perché in alcuni mercati il campionato italiano, singolarmente, è impossibile da piazzare. In Germania, per anni la A non è stata trasmessa. Abbinarla ad altre manifestazioni ci dà la sicurezza di non lasciare il prodotto invenduto».
Si è fatto un’idea del perché il calcio italiano sia così snobbato?
«Per un buon 60% dipende dai valori tecnici: oggi i grandi campioni militano tutti all’estero. Un ruolo decisivo lo giocano anche gli stadi: campi poco curati, spalti vuoti e piste d’atletica sono fattori perdenti. Ma con alcuni espedienti il prodotto si valorizza».
Per esempio?
«Non far giocare le partite in contemporanea con club come Real e Barça, perché quella concorrenza è impossibile da battere. E poi tutti guardano al modello Premier e si domandano perché incassi così tanto dalle tv (oltre un miliardo a stagione dall’estero ndr): giocare a Natale frutta tantissimo quanto a audience».
Sette club di A avevano chiesto che i diritti tv venissero massimizzati, insomma che sul tavolo arrivassero più soldi: così è stato.
«Abbiamo alzato l’offerta dopo aver fatto adeguate valutazioni, poi la nostra forza commerciale si è sviluppata ulteriormente. Non commento chi dice che pago poco i diritti: il meccanismo dell’acquisto lo ha definito la Lega Calcio, parlare di offerta bassa in un’asta è un controsenso».
Rimane il fatto che le squadre di A si tengono in vita grazie ai diritti tv. Un bene o un male?
«Dovrebbero crescere gli altri ricavi: sponsor, merchandising e ticketing. Per queste tre voci, le squadre italiane sono in coda. Sui diritti tv, invece, solo la Premier incassa di più».
Lo dà qualche suggerimento ai presidenti di A?
«No, non è il mio mestiere. E poi ci tengo a precisare che non vogliamo far parte di nessun’alleanza in Lega, siamo neutrali. Anche se in passato si è insinuato che io fossi amico di qualcuno (Galliani, perché Silva è stato a capo di Milan Channel, ndr)».
A prendere il posto di Infront come advisor della Lega ci ha pensato?
«No, non rientra nei nostri piani, anche perché conosciamo meglio altri mercati. Ad esempio, siamo advisor nei campionati di Belgio, Polonia e Malesia. In passato ho lavorato con Bogarelli, ma oggi siamo concorrenti. Proprio adesso siamo in guerra per i diritti dell’hockey americano».
La guarda spesso la A?
«Sì, come tutti gli altri campionati. Vedo la Juve favorita per lo scudetto, ma anche la Roma ha un bel progetto. Si intravede qualche segnale di risveglio del calcio italiano. Io resto tifoso del Milan, anche se i miei figli simpatizzano per Chelsea e Real Madrid».
A Berlusconi consiglierebbe di passare la mano?
«Va ringraziato per quanto fatto, ma ora ha perso le motivazioni. Se ci fosse qualcuno pronto a subentrare, farebbe bene a vendere”.