www.repubblica.it, 22 gennaio 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - IL QUANTITIVE EASING DI DRAGHI
REPUBBLICA.IT
MILANO - Sessanta miliardi di euro al mese. A tanto ammonterà il programma di acquisti mensili di titoli, inclusi i bond di Stato, che Mario Draghi, governatore della Bce, ha annunciato oggi. Partirà dal prossimo marzo e si dovrebbe concludere nel settembre del 2016, quando il tasso d’inflazione si dovrebbe avvicinare al 2%, dal -0,2% di dicembre. Se così non fosse, il comunicato ufficiale della Bce lascia spazio a una prescuzione degli acquisti. La cifra - 1.140 miliardi totali, oltre le aspettative degli economisti - comprende anche i vecchi programmi già lanciati, che prevedevano l’acquisto di obbligazioni garantite e cartolarizzazioni di prestiti (Abs), come ha specificato il presidente dell’Eurotower in conferenza stampa dopo l’atteso board.
Uno dei temi caldi della vigilia era la ’condivisione del rischio’ di questo programma. Se l’ammontare degli acquisti sembra segnare una vittoria dei governatori vicini a Draghi, la scelta sulla mutualizzazione delle perdite eventuali pare piuttosto un punto per i falchi coalizzati intorno al tedesco Jens Weidmann. La Bce ha infatti deciso che eventuali perdite legate ai titoli acquistati finiranno in capo alle banche centrali nazionali ad eccezione di una quota del 20%, che verrà condiviso. Draghi ha precisato, rispondendo ai giornalisti, che ogni "decisione di politica monetaria ha ripercussioni di bilancio", che la Bce deve "prendere in considerazione". Sul via libera al quantitative easing in Consiglio direttivo "c’è stata un’ampia maggioranza, così ampia che non c’è stato bisogno di votare". Draghi ha poi specificato che il board è stato "unanime" sul fatto che il Qe sia un vero strumento di politica monetaria, dubbio sollevato dalla Germania in Corte Costituzionale, mentre sulla necessità di lanciarlo "adesso" è stato deciso "a larga maggioranza".
Quanto agli oggetti del piano d’acquisto, questi verranno decisi in base alla partecipazione delle Banche nazionali nel capitale della Bce. Al primo posto tra gli azionisti della Bce figura la Bundsbank tedesca, poco sotto il 18%, seguita dalla Banca centrale francese con il 14,1% e Bankitalia con il 12,3%. Secondo gli analisti del Crédit Suisse, gli acquisti mensili di titoli di Stato dovrebbero ammontare a 40 miliardi di euro, per un totale di circa 760 miliardi nell’arco del programma.
Il programma verrà rivolto ai titoli di Stato e ai debiti emessi da istituzioni o agenzie europee che abbiano un giudizio ’investment grade’, che in prima battuta dovrebbe escludere ad esempio quelli della Grecia. C’è però nel comunicato una clausola che pare salvare Atene, visto che si fa riferimento a speciali concessioni ai Paesi in piano di rientro sotto l’egida del Fmi o dell’Ue. Lo stesso Draghi ha confermato questa lettura. Le scadenze dei titoli oggetto d’acquisti andranno tra 2 e 30 anni. Il governatore italiano ha poi specificato che c’è "un doppio limite" aggiuntivo per la Bce negli acquisti di titoli, cioè non si potrà superare una quota pari al 33% del debito di ciascun Paese emittente e il 25% del debito circolante per ogni emissione.
Prima della conferenza stampa di Draghi, la Banca centrale europea ha deciso di non toccare i tassi d’interesse, lasciando quello principale di rifinanziamento al minimo storico dello 0,05%. Congelate anche le posizioni fissate nel settembre scorso sugli altri tassi: quello sui prestiti marginali e quello sui depositi bancari restano rispettivamente allo 0,30% e -0,20%. Quest’ultimo dato significa che le banche continuano a pagare per tenere ’parcheggiata’ la loro liquidità sui conti della Bce, nella speranza che preferiscano erogarla in credito a famiglie e imprese. Tra le altre misure, ha un impatto diretto significativo per le banche anche il fatto di aver modificato i parametri delle aste Tltro, la liquidità offerta agli istituti con l’impegno di impiegarla presso famiglie e imprese. Il rendimento richiesto in queste aste viene abbassato al livello del tasso di rifinanziamento principale (0,05%) con significativi vantaggi per le banche a sottoscrivere.
Al di là delle misure annunciate, le parole dedicate da Draghi all’andamento economico non sono certo incoraggianti: i recenti cali nel prezzo del greggio "hanno rafforzato la base affinché la ripresa economica guadagni velocità", ha riconosciuto spiegando che la domanda ne dovrebbe beneficiare. Ma "la ripresa dell’Eurozona continuerà a essere attenuata dall’alto tasso di disoccupazione, dalla significativa capacità non utilizzata e dai necessari aggiustamenti nei bilanci del settore privato e di quello pubblico".
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Prima della Bce, anche altre Banche centrali sono state attive. In settimana erano emersi i verbali dell’ultima riunione della Bank of England, durante la quale i nove membri hanno votato all’unanimità per mantenere il tasso di interesse di riferimento al minimo storico dello 0,5%. Non si è verificata quindi la situazione degli ultimi cinque mesi, quando due banchieri avrebbero preferito un rialzo immediato, anche in seguito alle aspettative per "un’inflazione persistentemente sotto l’obiettivo" del 2% annuo "per più tempo rispetto a quanto previsto precedentemente". A soprendere è stata invece la Banca centrale del Canada, che mercoledì ha tagliato il tasso di interesse (non succedeva dall’aprile 2009) allo 0,75% dal precedente 1%, in scia al calo dei prezzi del petrolio che potrebbe impattare sull’inflazione. Uno choc ancora maggiore ha destato la Banca centrale svizzera, che ha sollevato un polverone valutario sganciando il franco dal cambio sull’euro a 1,2 - fissato nel 2011 - e tagliando drasticamente i tassi d’interesse: -0,5 punti a un livello negativo dello 0,75% per combattere il prevedibile apprezzamento della divisa elvetica, che si è puntualmente verificato.
FUBINI
MARIO Draghi, 67 anni, è probabilmente arrivato al giorno più importante da quando, dall’inizio di novembre del 2011, riveste il ruolo di presidente della Banca centrale europea. Salvo destabilizzanti sorprese, oggi alle 14,30 annuncerà da Francoforte ciò che i mercati in tutto il mondo aspettano: il "quantitative easing " (QE), l’allentamento "quantitativo" delle condizioni monetarie nei 19 Paesi dell’area euro.
1. Che cos’è il quantitative easing?
Questo termine è entrato con forza nella discussione pubblica nel 2009, quando la Federal Reserve varò il primo programma di acquisto di titoli del Tesoro e di titoli immobiliari americani dopo il fallimento di Lehman Brothers nel settembre del 2008. QE significa esattamente questo: creazione da parte di una banca centrale di moneta il cui valore è basato sulla fiducia nell’assetto istituzionale e nei fondamentali economici alle sue spalle; questa moneta viene creata con il QE per comprare sul mercato titoli pubblici o privati, immettendo così liquidità nell’economia.
2. Perché la Bce vuole lanciare questo programma?
Il compito primario della Bce è garantire la stabilità dei prezzi: né troppa inflazione né una caduta nel fenomeno opposto, la deflazione. È ben noto infatti che con la deflazione cadono i consumi e gli investimenti, l’economia ristagna e il peso del debito aumenta. L’obiettivo statutario della Bce è un carovita nella zona euro "vicino ma sotto al 2%", ma oggi lo sta mancando. Il tasso d’inflazione nell’area è in frenata dall’inizio del 2012 e dall’ottobre del 2013 ha improvvisamente rallentato sotto l’1%. Da allora è calato ancora di più, fino a diventare negativo in dicembre (-0,2%), segnalando una contrazione dei prezzi. La Bce deve riportarlo all’obiettivo, ma non può più farlo con la tecnica convenzionale di ridurre i tassi d’interesse richiesti sui prestiti che pratica alle banche. Dopo vari tagli, quei tassi sono infatti già a zero. Non resta che la via "quantitativa", cioè la creazione di moneta: il QE.
3. Come funziona il QE?
Nella sua visione più semplice, il QE può contribuire a risollevare la dinamica dei prezzi verso livelli normali proprio per effetto della quantità di moneta. Una quantità maggiore di euro in circolazione (3.000 miliardi invece di 2.000, secondo l’obiettivo espresso dalla Bce), a parità di prodotti in vendita, dovrebbe alzare il costo in euro di beni e servizi. L’esperienza della Fed, che con il QE dal 2008 a oggi ha espanso il suo bilancio da circa 600 miliardi a quasi 4.500 miliardi di dollari, dimostra le cinghie di trasmissione dalla banca centrale alla vita delle imprese e dei cittadini sono in realtà più articolate. Il QE della Fed ha ridotto i tassi a lungo termine in America, cioè il costo sostenuto da un imprenditore o da una famiglia per indebitarsi. In parte i tassi dei titoli a lungo termine scendono proprio perché dalla banca centrale arriva un’onda di liquidità per comprare quei bond. In parte lo fanno perché chi vende quei bond alla banca centrale, reinveste poi i proventi comprandone altri titoli sul mercato, dunque l’effetto di riduzione dei tassi si trasmette a cerchi concentrici in molte parti dell’economia. A loro volta tassi più bassi favoriscono gli investimenti, l’occupazione e la ripresa dell’attività e dei prezzi al consumo. L’altro effetto del QE, conseguenza diretta della enorme quantità di denaro creata, una svalutazione la moneta e dunque un aiuto all’export.
4. in Europa il QE può funzionare bene come negli Stati Uniti?
Alcuni indizi fanno sospettare di no. Un motivo di fondo è che le imprese in Europa e soprattutto in Italia attingono al credito in modo diverso rispetto a come avviene in America. Negli Stati Uniti le imprese si finanziano presso le banche per circa il 27% del credito che ottengono, e per il resto lo fanno emettendo titoli di debito (bond) sui mercati. Per loro l’aiuto della Fed, che riduce i tassi sui bond a sette o dieci anni, è dunque prezioso. In Europa invece circa metà del credito alle imprese passa dalle banche e in Italia la quota è ancora più alta. Per quanto riguarda poi le piccole e medie imprese, quelle dove si trova la gran parte dell’occupazione, il credito in bond in Europa rappresenta una frazione inferiore al 5% dei finanziamenti totali. Per funzionare in pieno in Europa, il QE dovrebbe essere accompagnato da un forte taglio delle tasse. Ma questo è reso più difficile dai vincoli europei al bilancio. Sta già funzionando in Europa l’altra cinghia di trasmissione del QE, la svalutazione della moneta che aiuta l’export. Da maggio scorso l’euro è già caduto del 15% sul dollaro e del 9% sul paniere delle valute dei Paesi con i quali gli europei commerciano di più.
5. Perché la Bundesbank è contraria al QE?
La Banca centrale tedesca teme che il QE, riducendo gli spread e i tassi sul debito pubblico, tolga la pressione al risanamento e alle riforme dai governi dei Paesi più fragili. Inoltre, ritiene scorretto che la Bce comprando quei titoli, assuma su di sé il rischio di subire perdite se quei Paesi facessero default. Quelle perdite infatti potrebbero essere suddivise pro-quota sulle banche centrali nazionali azioniste della Bce. Bundesbank inclusa.
LE BORSE
MILANO - Ore 17:15. La Banca centrale europea comprerà titoli per 60 miliardi di euro al mese, fino a settembre 2016. L’obiettivo è di riportare l’inflazione media annua poco sotto il 2% nel medio periodo. E inoltre il board dell’Eurotower non tocca i tassi d’interesse, che restano fermi al minimo storico dello 0,05%. Il quantitative easing annunciato da Mario Draghi inizierà a marzo: gli acquisti avverranno sulla base della quota di capitale della Bce nelle mani dei singoli Paesi.
Immediata la reazione sul mercato dei titoli di Stato: lo spread, la differenza di rendimento tra rendimento tra Bund tedeschi a Btp a 10 anni scende fino a 108 punti base, poi risale a 112 punti (comunque in calo rispetto alla vigilia) in scia alle parole di Draghi che ha spiegato il meccanismo di acquisto di titoli: il debito nazionale verrà acquistato pro-quota e quindi l’Eurotower comprare debito tedesco, francese, italiano e così via a scalare sulla base dal capitale Bce nelle mani dei singoli Stati. I titoli di Stato italiani però aggiornano i loro minimi storici con un tasso in discesa all’1,56%. Lo stesso fanno tutti i titoli degli altri Paesi dell’Eurozona. La Grecia che rientrerà nel piano di acquisto, a patto di mantenere gli impegni sul fronte delle riforme, ha registrato un calo dei rendimenti dei titoli a 10 anni di 46 punti base.
Nervosa la reazione dei mercati che prima volano, ma poi rallentano prima dell’accelerata finale: Milano arriva quasi al +3% e poi ritraccia fino al +0,8% e torna a +2,2%, Londra sale dell’1,1%, Parigi dell’1,9% e Francoforte dell’1,4%. La piazza svizzera, invece, accusa il colpo e perde lo 0,3% sui timori di un nuovo apprezzamento della valuta elvetica. In ripresa Wall Street: il Dow Jones avanza dello 0,7%, mentre l’S&P 500 sale dello 0,8% come il Nasdaq sale dello 0,4%.
L’euro scende a quota 1,14 contro il dollaro, dopo aver raggiunto livelli più bassi e comunque sempre inferiori a quelli del debutto della moneta unica nel 2002. Al premier Matteo Renzi però non basta: "Sogno la parità con il dollaro", un livello che da un lato aumenterebbe l’inflazione per le importazioni, ma spingerebbe all’estero il made in Italy. La Cina, intanto, ribadisce la sua intenzione di puntare sull’euro: "Continueremo a comprare la moneta unica".
Al di là della Bce, protagonsita indiscussa, la giornata è comunque ricca di eventi macroeconomici di rilievo, almeno per l’Italia dove si registra il calo degli ordini e del fatturato dell’industria a novembre e l’aumento dei consumi. Nel frattempo aumenta a
gennaio la fiducia dei consumatori Ue che sale di 2,4 punti a quota -8,5 punti nella zona euro rispetto a dicembre e di 1,7 punti a quota -5,8 punti nella Ue. In Spagna, intanto, il tasso di disoccupazione scende al 23,7% nel 2014 rimandendo il più alto dell’Unione europa: il governo aveva previsto che si attestasse al 24,2%. Si registrano anche i dati Eurostat sul debito pubblico: nel terzo trimestre 2014 quello italiano è sceso al 13,18% del Pil, 2 punti in meno del periodo precedente, mentre a livello Ue il dato è dell’86,6%.
Passa quindi in secondo piano, almeno per oggi, il calo delle quotazioni del petrolio che scontano il probabile rialzo delle scorte Usa: il Wti scambia a 47 dollari, il Brent a 49. In calo sotto quota 1.300 dollari le quotazioni dell’oro. In mattinata la Borsa di Tokyo ha archiviato le seduta con un lieve rialzo (+0,28%).
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Lagarde, che ha partecipato stamane a una sessione dal titolo "Ending the Experiment" insieme all’ex segretario al Tesoro Usa e docente di Harvard, Lawrence Summers, ha anche risposto alle critiche del collega americano secondo cui l’impatto di QE in Europa sarà limitato. "Non può essere una panacea", ha detto Summers. "Io - ha aggiunto - sono per il QE in Europa ma è un grave errore pensare che sia una cura magica per i mali del mondo, non è abbastanza" per la ripresa, ha spiegato Summers. Secca la replica di Lagarde.
Nel mondo "è in atto una guerra valutaria", sostiene Gary Cohn, presidente responsabile operativo di Goldman Sachs, secondo il quale "il punto di vista prevalente è che il modo più facile di stimolare la crescita economica è quello di avere un basso valore della valuta".
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Il nuovo programma di acquisti include abs e covered bond, oltre che titoli pubblici.
Le operazioni di acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario operate dalla Bce avranno «un doppio limite» pari al 33% per il debito di ciascun emittente e al 25% per ciascuna emissione. La scadenza dei titoli da comprare varierà dai 2 ai 30 anni, dunque bond a breve, a medio e a lungo termine.
Il Qe potrà eventualmente spingere in maniera più forte i prezzi in alcune situazioni locali e specifiche ma «non vediamo bolle», ha detto Draghi. Piuttosto la misura potrà aiutare le banche a procedere al «riequilibrio nei portafogli, cambiando bond con cash» e questo porterà gli istituti a concedere più credito e mutui alle famiglie e alle imprese.
«Il meeting è stato unanime nel dichiarare che l’acquisto è un vero strumento di politica monetaria, in senso legale. È stato stabilito il principio che è uno strumento monetario che può essere usato a certe condizioni ma è comunque un nostro strumento. C’è stata una larga maggioranza favorevole a farlo partire ora, ed è stata così larga che non è servito un voto. C’è stata una buona discussione sul bisogno di agire adesso. E c’è stato anche consenso sulla distribuzione del rischio al 20%». In ogni caso «il programma non prevede alcuna regola speciale per la Grecia», ha risposto Draghi a una domanda su Atene, che qualcuno pensava potesse essere esclusa dall’acquisto dei bond. E ha aggiunto che è contemplato anche l’acquisto di titoli con rendimenti scesi in territorio negativo. C’è una deroga, che consente di comprare titoli con rating speculativo ma solo in presenza di un programma di assistenza (la Troika, ndr).
«Scusate molto, erano gli ascensori che non funzionavano», ha scherzato Draghi arrivando nella sala affollata di giornalisti.
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Il Quantitative easing è arrivato anche nell’Eurozona. La Bce ha deciso infatti di lanciare un piano di acquisti di titoli pubblici da 60 miliardi di euro al mese, che partirà il prossimo marzo e proseguirà fino a settembre 2016 e comunque fino a quando l’inflazione si riporterà a livelli ritenuti coerenti con i suoi obiettivi. Il piano, complessivamente, prevede dunque acquisti per 1140 miliardi nell’arco di 19 mesi. La Bce acquisterà titoli di stato con scadenze fra 2 e 20 anni. Gli acquisti saranno effettuati in base alla quota di ogni banca centrale nazionale nel capitale della Bce. Lo ha annunciato il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo.
Quota dell’80% a carico delle singole banche centrali
L’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce prevede un criterio di ripartizione del rischio. Le banche centrali dei paesi interessati garantiranno per una quota pari all’80% del totale. Dunque solo il 20% sarà il rischio condiviso tra Banche nazionali e Bce, come ha specificato il presidente della Bce. Su questo Draghi ha fatto una concessione ai “falchi”, guidati dal capo della Bundesbank Jens Weidmann.
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In base a quanto concordato oggi, quindi, la Bce ha previsto una piena condivisione degli «ipotetici rischi» sugli acquisti di titoli emessi da istituzioni comunitarie (come ad esempio la Bei o l’Esm), che rappresenteranno il 12% degli acquisti totali. Sugli altri acquisti di titoli i rischi ricadranno sulle banche centrali nazionali, di cui tuttavia la Bce rileverà un 8%. Queste proporzioni «implicano che il 20 per cento degli acquisti - ha concluso Draghi - saranno soggetti a condivisione dei rischi».
Le preoccupazioni sui rischi nazionali
La decisione su risk sharing è stata presa per mitigare le preoccupazioni di alcuni Paesi, ha aggiunto il governatore, senza citare la Germania, primo oppositore.
I «tetti» del 33 e del 25%
La Bce potrà acquistare per un importo massimo che non superi il 33% del debito di ciascun Paese. Inoltre per ogni emissione non potrà acquistare più del 25% dei titoli. Gli acquisti saranno effettuati in base alle quote che ogni banca centrale detiene nel capitale Bce.
Acquisto bond Grecia solo con piano Troika
«Non c’è alcuna eccezione per la Grecia», ha spiegato Draghi. C’è «una deroga», che consente di comprare titoli con rating speculativo, ma solo in presenza di un programma di assistenza della Troika.
Decisione «a larga maggioranza»
Il governatore ha poi spiegato che il consiglio della Bce è stato «unanime» sul fatto che il Qe sia un vero strumento di politica monetaria mentre sulla necessità di lanciarlo «adesso» è stato deciso «a larga maggioranza», senza bisogno di un voto.
Draghi si è detto «stupito del fatto che la questione della condivisione dei rischi sia diventata la cosa più importante» nel dibattito sulla stampa alla vigilia della decisione della Bce. «Chiediamoci se sia una scelta così fondamentale per l’efficacia del piano, noi - ha detto - riteniamo di no».
Una spinta per le riforme
Il governatore ha poi spiegato gli obiettivi del piano, chiarendo che per la Bce è importante «che le riforme strutturali siano attuate dai singoli Stati in modo credibile ed efficace per far salire le aspettative di reddito» delle famiglie, così come è fondamentale «incoraggiare le imprese ad aumentare gli investimenti da subito, e così anticipare la ripresa economica».
Calo per Euro e spread
Euro in rapida discesa dopo l’inizio del discorso del presidente della Bce. La divisa unica è scesca sotto a 1,15 dollari, contro gli 1,1601 segnati prima dell’avvio della conferenza stampa a Francoforte. Lo spread tra btp e bund tedeschi a dieci anni, che questa mattina ha aperto intorno ai 124 punti, è sceso fino a quota 108 punti. Il differenziale si è poi stabilizzato in area 120 punti.
Piazza affari vola dopo l’annuncio, poi rallenta
Piazza Affari mette il turbo immediatamente dopo l’annuncio del presidente della Bce. L’indice principale Ftse Mib ha guadagnato il 2,5% a 20.475 punti, trainato dai titoli bancari che accelerano al rialzo, poi però ha rallentato la sua corsa.
Tassi di interesse confermati
Questa mattina la Banca centrale europea, al termine della riunione del comitato direttivo ha confermato, come da attese, allo 0,05% il tasso di riferimento dell’Eurozona allo 0,05%. Di riflesso il tasso sui prestiti marginali resta allo 0,30% e quello sui depositi overnight rimane negativo a -0,20%. Il tasso sui prestiti marginali e quello sui depositi bancari restano rispettivamente allo 0,30% e -0,20%.