Marie-France Chatrier, Chi 21/1/2015, 21 gennaio 2015
CINA MILIARDARIA
PECHINO GENNAIO
In Cina l’eredità non esiste più dalla Rivoluzione di Mao. Quindi tutti i giovani partono da zero. Ma questo non impedisce loro di arricchirsi: il Paese della Grande Muraglia vanta già 316 miliardari (in dollari). Tra loro, molte delle donne più ricche e potenti del pianeta, in ogni campo: elettricità, arte, design, moda, vini, media. Ecco il ritratto di tre delle più influenti.
AMY LUAN
La signora dell’elettricità
L’ingegnere quarantenne Amy Luan ha fatto fortuna nel mercato dell’elettricità, fornendo soluzioni innovative nella lotta contro l’inquinamento e nel settore del risparmio energetico. Per lei lavorano settecento persone: «La ricetta del mio successo», dice, «è aver saputo coordinare tutti i talenti, orchestrare tutti i saperi. Questo mi ha permesso di riuscire da sola ad arrivare dove sono adesso, senza interventi da parte del governo». Certo, non è stato facile: «Per iniziare a fare affari in Cina devi avere i mezzi. Io ho cercato un lavoro a Shanghai da un professionista del settore e lì ho imparato e guadagnato abbastanza da chiedere un prestito e mettermi in proprio». Oggi i suoi soci sono tecnici e ingegneri tedeschi: «I migliori», dice. Ma Amy non si sente “arrivata”, ama ancora imparare: «Ho preso da mio padre, che ha sempre creduto in me: mi ha insegnato molto presto a non accontentarmi del minimo, a farmi rispettare e allo stesso tempo a saper accettare qualsiasi cosa». Amy ha mandato la figlia a studiare architettura all’estero e sogna una cooperazione con le donne americane ed europee per migliorare l’istruzione, ama cavalcare, viaggiare e confessa di avere un debole per alcune parti d’Europa: «Sono così romantiche!», dice. Insomma: una donna d’affari che è anche una donna romantica, capace di gestire questo apparente paradosso senza alcun problema.
YAN PING
L’artista
Fin da ragazza. L’arte era tutto per lei: Yan Ping capiva perfettamente la sofferenza di Van Gogh e forse avrebbe voluto morire come lui. Poi, però, si è sposata e ha avuto due figli: allora ha scelto uno stile di vita meno radicale. All’inizio della Rivoluzione culturale, Yan Ping aveva solo 10 anni: «Fu un periodo brutale che mi ha molto segnata,» confida. «Per me, molto timida, chiusa, la pittura è stata un diversivo fondamentale». Ammessa a 21 anni all’Istituto di Belle arti di Shandong, incontra lì suo marito, Wang Keju, un pittore che oggi gode di fama mondiale come la moglie. Yan Ping dipinge tele grandi il doppio di lei: i suoi colori vivaci e le sue scene di tenerezze fra madri e figlie, all’inizio, spiazzano il pubblico cinese, abituato a forme pesanti e emozioni inespresse. A 27 anni, nel 1983, entra all’Accademia: poche donne hanno potuto occuparsi contemporaneamente di pittura e insegnamento, ma Yan Ping ci è riuscita e ha formato molti talenti giovani e promettenti. A partire dalla fine degli anni Novanta i suoi quadri espressionisti battono i record nelle vendite all’asta. In Cina, primo mercato mondiale dell’arte da cinque anni a questa parte, l’arte è diventata un elemento di status sociale conteso tra i miliardari e raggiunge quotazioni altissime. Anche le opere di Yan Pin hanno beneficiato di questa impennata: nel 2012 la casa d’aste Christie’s ha battuto una sua tela a quasi 250 mila dollari. Oggi le porte delle collezioni e dei musei di tutto il mondo si sono spalancate per lei, che però rimane modesta: «Questo trionfo mi ha permesso di viziare la mia famiglia e di avere più fiducia in me stessa. Nient’altro».
ZHANG XIN
La regina dell’immobiliare
In un ventennio, la coppia formata dalla quarantottenne Zhang Xin e da suo marito Pan Shiyi ha costruito un impero colossale nel campo dei palazzi per uffici, ridisegnando interi quartieri d’affari a Pechino e Shanghai. Le quattro lettere della loro società, la Soho, troneggiano in cima ai progetti architettonici più ambiziosi. Ma la strada per raggiungere questo traguardo è stata lunga. Da bambina Zhang Xin detestava Pechino: «I palazzi erano grigi come il cielo, e tutti indossavano lo stesso abito.» Durante la Rivoluzione culturale i suoi genitori, docenti universitari, sono stati internati in un campo di rieducazione; lei è rimasta con i nonni. «Quando ho compiuto otto anni, mia madre è stata autorizzata a tornare a Pechino. Per vivere faceva la traduttrice. Dormivamo nel suo ufficio con i dizionari come cuscini». A 14 anni, Zhang Xin va a Hong Kong, dove viene assunta in una fabbrica. Inizia a risparmiare ogni dollaro e studia da segretaria, di notte, dopo il lavoro in fabbrica. A 19 sbarca in Gran Bretagna per studiare economia a Cambridge: «È stato uno shock: non avevo mai visto tanti bianchi e non capivo nulla della loro lingua. Mi sono accasciata sulla valigia e ho pianto». Ottenuto il diploma, è assunta da una delle più grande banche d’affari al mondo, la Goldman Sachs. Poi, tornata nel suo paese in pieno boom, incontra Pan Shiyi, un promotore immobiliare che diventa suo marito. Quasi vent’anni fa inizia la sua fortuna: fonda una società con Pan, e decide di scegliere personalmente gli architetti e di permettere loro qualsiasi audacia. «La gente pensa spesso che noi siamo un paese di imitatori; io ho sempre cercato dei progetti originali, diversi». Wangjing Soho, la loro nuova creazione, è appena stata inaugurata: tre torri dal design fluido che dominano gli edifici più alti di Pechino, un concentrato di tutte le innovazioni tecnologiche. Quest’anno il volume d’affari della coppia si dice abbia avuto un incremento del 170 per cento. Con lo sviluppo di cinque milioni e mezzo di metri quadrati di uffici e spazi commerciali e con la realizzazione dei palazzi simbolo della rivoluzione architettonica, Zhang e Pan sono assurti a icone dell’alta società cinese, ma l’amministratrice delegata della Soho China Limited non scorda di essere anche madre di due adolescenti: «Nel fine settimana», dice, «accompagno i miei figli alle partite di calcio. Come tutte le mamme del mondo».