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 2015  gennaio 21 Mercoledì calendario

COLPEVOLE DI STREET ART

In Giap­pone la sacra­lità del rigore si tra­duce anche nell’organizzazione della via­bi­lità: un divieto di sosta o un senso unico pos­sono essere simu­la­cri visivi dell’ordine e dell’autorità. Clet Abra­ham sapeva di com­piere un affronto, e un reato, nel momento in cui ha ini­ziato ad attac­care i suoi ade­sivi sui car­telli stra­dali del cen­tro di Osaka, ma «avevo sot­to­va­lu­tato le con­se­guenze», ammette.
Risale al 14 gen­naio la noti­zia dell’arresto di Mami Ura­kawa, fidan­zata dell’artista bre­tone, da parte della poli­zia di Osaka. L’accusa nei con­fronti della donna è quella di avere dan­neg­giato alcuni pan­nelli della segna­le­tica stra­dale dei quar­tieri Cha­ya­ma­chi Kita Ward di Osaka City. Mami ha negato di avere par­te­ci­pato diret­ta­mente alle azioni del com­pa­gno, ma que­sto non le ha evi­tato le manette.
Il fatto di essere fisi­ca­mente pre­sente men­tre l’uomo appli­cava i suoi famosi ade­sivi (cir­co­stanza ripresa da alcuni video) e il fatto di avere ammesso di essere la part­ner, l’hanno por­tata a tra­scor­rere una set­ti­mana in car­cere, nell’impossibilità di comu­ni­care con altri che il pro­prio avvocato.

La «spiata della stampa locale»
«In pri­gione per essere la fidan­zata di un arti­sta – si infu­ria Clet Abra­ham che, al momento dell’arresto, era già tor­nato in Ita­lia – non rie­sco a imma­gi­nare accusa più assurda. Dovreb­bero arre­stare, per com­pli­cità, tutti coloro che mi sosten­gono o che si fer­mano a guar­dare men­tre com­pongo le mie opere».
Lo street artist si tro­vava in vacanza nella città di ori­gine della sua com­pa­gna, che ha 43 anni e lavora come came­riera a Firenze, ma aveva deciso di lasciare qual­che trac­cia di sé. In un paio di set­ti­mane aveva modi­fi­cato circa 80 car­telli stra­dali «pochi – afferma – nello stesso periodo a Parigi ne avevo rea­liz­zato 400. Ho lavo­rato con discre­zione e deli­ca­tezza per­ché sapevo che in Giap­pone esi­ste una cul­tura dell’ordine molto forte e che la legge è più severa».
A denun­ciare la cop­pia alle auto­rità è stata la stampa locale. Men­tre nel resto del mondo i quo­ti­diani fanno a gara, spe­cial­mente in que­sto periodo, a riba­dire l’importanza della libertà di espres­sione, a Osaka «alcuni gior­na­li­sti – rac­conta Abra­ham – hanno uti­liz­zato imma­gini pub­bli­cate su Face­book, e un video ama­to­riale, per creare un caso e tra­sfor­mare Mami in un nemico pub­blico». L’espressione non è esa­ge­rata. Dal momento dell’arresto, prima sull’emittente locale Kan­sai tv e suc­ces­si­va­mente anche sui canali nazio­nali, la vicenda è stata rac­con­tata con toni molto pesanti. «Una cam­pa­gna media­tica incom­pren­si­bile – aggiunge l’artista – per un caso così mar­gi­nale. Ma evi­den­te­mente sia le testate sia il loro pub­blico sono molto conservatori».

Il sin­daco «hashi­sta»
Osaka è la seconda città del Giap­pone per numero di abi­tanti, gover­nata dal sin­daco Toru Hashi­moto, uno per cui è stato coniato il neo­lo­gi­smo hashism, che rimanda al ter­mine fasci­smo. Cofon­da­tore del Par­tito Nazio­na­li­sta, Hashi­moto è figlio di un padrino della Yakuza, e nono­stante stia favo­rendo l’apertura di case a luci rosse e locali per il gioco d’azzardo, è cele­bre soprat­tutto per aver deciso di licen­ziare i dipen­denti pub­blici tatuati. Con que­sti pre­sup­po­sti, anche la poli­zia locale è carat­te­riz­zata da metodi piut­to­sto pesanti. «Ci hanno detto che se fos­simo stati a Tokyo tutto que­sto non sarebbe suc­cesso» iro­nizza Clet. Forse è vero. O forse no.
Un altro famoso street artist fran­cese, Inva­der (lavora appli­cando sui muri pic­coli mosaici raf­fi­gu­ranti i per­so­naggi dei video­gio­chi anni Ottanta), ha avuto un’esperienza simile. Nel mag­gio scorso ha rea­liz­zato alcuni lavori a Tokyo e, dopo il suo rien­tro il Fran­cia, la poli­zia ha arre­stato il suo gal­le­ri­sta e i suoi due assi­stenti. Due set­ti­mane di galera per tutti e multa sala­tis­sima. Secondo il rac­conto di Inva­der la poli­zia avrebbe chie­sto ai pro­prie­tari degli immo­bili di denun­ciare il danno subito per avere un appi­glio giu­ri­dico più consistente.
Al momento Mami Ura­kawa ha otte­nuto gli arre­sti domi­ci­liari. Ogni giorno viene accom­pa­gnata da alcuni agenti in que­stura dove subi­sce inter­ro­ga­tori anche di otto ore. «Le chie­dono di rico­struire in ogni det­ta­glio quello che abbiamo fatto in quelle due set­ti­mane, ma cer­cano solo un modo per ripor­tarla den­tro» dice Clet Abra­ham. La poli­zia ha già fatto ricorso due volte nei con­fronti del giu­dice affin­ché la donna sia nuo­va­mente incar­ce­rata. Mami Ura­kawa ha anche fir­mato un docu­mento in cui dichiara di non avere inten­zione di entrare in con­tatto con il fidan­zato. Nel frat­tempo Clet non è stato ancora con­tat­tato dagli inquirenti.

A breve il pro­cesso
E pre­sto si aprirà il pro­cesso: «Sarà con­dan­nata e ci sarà da pagare una cifra alta tra cau­zione e risar­ci­mento, ma spe­riamo di uscire da que­sto incubo». Una cosa è certa: Clet Abra­ham non potrà più met­tere piede in Giap­pone: «Mi arre­ste­reb­bero e il trat­ta­mento sarebbe anche peggiore».
E dire che in Ita­lia sia all’estero sono sem­pre di più le isti­tu­zioni che hanno deciso di com­mis­sio­nare a Clet Abra­ham inter­venti a paga­mento sulla segna­le­tica. In que­sti giorni ven­gono defi­niti i det­ta­gli di una col­la­bo­ra­zione con il Comune di Encisa Val D’Arno, in Toscana, men­tre nelle pros­sime set­ti­mane l’artista sarà a Evry, comune alle porte di Parigi retto per 11 anni dall’attuale primo mini­stro Manuel Valls. Clet potrà ridi­se­gnare i car­telli stra­dali a totale piacimento.
L’arte rivo­lu­zio­na­ria di Abra­ham è «edu­cata». Gli stic­ker pos­sono essere rimossi; il suo obbiet­tivo è resti­tuire alla segna­le­tica una par­venza di uma­nità. «Vor­rei con­vin­cere cia­scuno di noi – aggiunge – che nulla è intoc­ca­bile, che pos­siamo con­tri­buire, essere par­te­cipi, anche sca­val­cando la legge se necessario».
Le sue crea­zioni denun­ciano anche un danno eco­no­mico «nelle grandi città ita­liane il numero di car­telli è supe­riore del 20% a quello di città come Lon­dra o Parigi, con un aggra­vio di spesa pub­blica non indif­fe­rente», un danno ambien­tale «i nostri cen­tri sto­rici sono detur­pati dall’invasione di car­telli stra­dali» e fun­zio­nale, per­ché troppe indi­ca­zioni por­tano a una per­dita dell’efficacia della comu­ni­ca­zione. «Quello che pro­pongo è defi­nire una nuova armo­nia tra il nostro natu­rale biso­gno di regole e il nostro natu­rale biso­gno di libertà».
Quella di espres­sione, innan­zi­tutto. Che all’indomani della strage di Char­lie Ebdo – in una vignetta fir­mata da Clet – assume il volto della sta­tua della libertà di New York. Il monu­mento è ritratto con una copia del gior­nale sati­rico sotto brac­cio e una matita gigante in mano, al posto della fiac­cola. «Je suis Char­lie e non potrebbe essere diver­sa­mente – dice – per­ché sono un dise­gna­tore e per­ché sono fran­cese. Quei nomi e quelle imma­gini sono da sem­pre parte del mio baga­glio culturale».
La pre­fet­tura di Osaka, nel frat­tempo, ha deciso di vie­tare le mani­fe­sta­zioni di piazza in soli­da­rietà con le vit­time degli attac­chi ter­ro­ri­stici in Francia.