Andrea Di Biase, MilanoFinanza 21/1/2015, 21 gennaio 2015
IL BLITZ PUÒ FAVORIRE GLI STRANIERI
Una misura volta a portare maggiore efficienza nel sistema bancario italiano e più credito all’economia reale, come auspicato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, o un provvedimento che faciliterà l’acquisizione delle grandi popolari quotate da parte dei colossi del credito esteri? In attesa che il fronte delle banche cooperative si pronunci ufficialmente sul decreto legge (il cda di Assopopolari si riunirà domani pomeriggio), l’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, si è chiamato ufficialmente fuori dal risiko che potrebbe aprirsi nel settore dopo la trasformazione in società per azioni dei 10 istituti (Banco Popolare, Ubi Banca, Bper, Bpm, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese, Popolare Etruria, Popolare di Bari). E molto probabilmente anche Intesa Sanpaolo, sia per ragioni Antitrust sia per scelte strategiche, rimarrà a guardare. È dunque lecito attendersi che, se il fronte delle popolari non dovesse riuscire a portare dei correttivi al provvedimento del governo, tra 18 mesi, quando l’obbligo di trasformazione in spa delle banche cooperative con asset superiori a 8 miliardi diventerà perentorio, o ci sarà l’atteso consolidamento tra player nazionali o le grandi banche straniere avranno l’opportunità di fare propria una consistente fetta del risparmio degli italiani. Un rischio paventato ieri da alcuni esponenti politici e dalle principali sigle sindacali. Non che questo sia un male di per sé, considerando le esperienze positive seguite all’acquisizione del gruppo Cariparma da parte del Credit Agricole e di Bnl da parte di Bnp Paribas, ma è evidente che se non gestito con una moral suasion intelligente sui vertici delle banche coinvolte il processo potrebbe davvero sfociare in una colonizzazione del settore creditizio nazionale da parte dei gruppi esteri. C’è infatti chi ritiene che in questa fase un risiko indotto da ragioni difensive possa portare meno vantaggi di quelli attesi. In primo luogo, a fronte dei valori espressi oggi dal mercato (quasi tutte le popolari trattano a forte sconto rispetto al patrimonio netto tangibile), gli azionisti potrebbero non essere disposti a partecipare a operazioni di consolidamento tra pari a multipli bassi. «A nostro avviso», sottolineavano lunedì 19 gli analisti di Mediobanca Securities, «la banca target potrebbe non voler aggregarsi a una valutazione ben al di sotto del suo capitale, se i suoi coefficienti patrimoniali e il suo profilo di liquidità sono sani». Proprio questo, sostengono alcuni operatori, potrebbe facilitare le banche straniere che, trattando a multipli superiori, potrebbero permettersi offerte più allettanti, anche carta contro carta, e pur a fronte di una parziale rivalutazione dei titoli delle popolari italiane legata al maggiore appeal speculativo.
C’è anche un altro elemento di importanza non secondaria. Cinque delle dieci popolari coinvolte dalla riforma varata da Renzi e Padoan (Ubi Banca, Banco Popolare, Bpm, Bper e Popolare di Sondrio), oltre a essere quotate a Piazza Affari, sono anche soggette alla vigilanza della Banca centrale europea anche per quanto riguarda le acquisizioni di partecipazioni qualificate e di controllo. Rispetto alla normativa in vigore prima del varo della vigilanza unica, la Banca d’Italia, pur istruendo la pratica da sottoporre a Francoforte, può ora esprimere solo un parere motivato sull’opportunità o meno di concedere il via libera ad un’operazione di fusione o acquisizione. L’ultima parola spetta invece alla Bce.
Andrea Di Biase, MilanoFinanza 21/1/2015