varie 20/1/2015, 20 gennaio 2015
ARTICOLI SULLA CRISI DEL MILAN DAI GIORNALI DI MARTEDI’ 21 GENNAIO 2015
ARIANNA RAVELLI, CORRIERE DELLA SERA -
Il Milan sul lettino. Seduta di autocoscienza ieri a Milanello, con Adriano Galliani che più che l’accusatore ha provato a fare il terapeuta, nella speranza di analizzare a fondo la crisi rossonera (percorso schizofrenico, in effetti: 14 punti nelle prime 7 gare e 12 nelle successive 12) e soprattutto suscitare una reazione in staff tecnico e giocatori. Tutti assieme chiamati a rivedere gli orrori della gara con l’Atalanta (anziché godere del giorno di riposo) e ad ascoltare il bilancio della società sul girone d’andata, con le buone prestazioni di fine anno cui sono seguite le tre pessime di inizio 2015. «In questi momenti ognuno deve farsi un esame di coscienza, senza dare la colpa al vicino, ma pensando a cosa può fare di più», il senso del discorso di Galliani.
Ma anche il presidente Silvio Berlusconi, che domenica, sino a sera, aveva posticipato i discorsi politici ancora avvelenato per la prestazione della squadra, ora viene definito «più sconfortato che arrabbiato». Il presidente era già poco convinto dello scambio Torres (acquisto che lui aveva caldeggiato in estate) -Cerci, desideroso, come sempre, di vedere in campo un centravanti vero. La prova contro l’Atalanta (con l’insostenibile leggerezza del falso nove Ménez) ha moltiplicato i suoi dubbi. È quindi presumibile che da qui in poi, e soprattutto con le squadre medio-piccole con le quali non si può puntare solo sul contropiede, Pazzini sarà impiegato più spesso.
Ma non è tanto il sistema di gioco nel mirino. L’Ansa attribuisce alcune frasi a Berlusconi, espresse negli incontri politici di ieri: «Capisco che non sono più i tempi in cui si vinceva a Barcellona, ma è inaccettabile perdere contro squadre con calciatori che guadagnano cinque volte meno dei nostri». A qualcuno è sembrato di sentir riecheggiare certi discorsi del passato della figlia Barbara, che in questi giorni è ufficialmente rimasta in silenzio. Non è (più o ancora: scegliete voi) tempo di guerre societarie, che restano sottotraccia. Di sicuro le parole di Berlusconi sono un modo per ribadire che il problema del Milan non è l’organico, concetto che Galliani ha ripetuto ad allenatore e squadra. Prova ne sia che il Milan ha pareggiato o vinto contro tutte le grandi, ad eccezione della Juve. E, al contrario dell’anno scorso, ha perso contro le piccole, peraltro in casa: dimostrazione che le difficoltà stanno tutte nella costruzione del gioco.
Ciò nonostante, non è tempo neanche di immediati terremoti in panchina, perché cambiare tecnico a ogni girone di campionato (dopo la successione Allegri-Seedorf dello scorso anno) è una moda troppo pericolosa, anche se è evidente che per Pippo Inzaghi saranno importantissime le prossime due sfide contro la Lazio, sabato a Roma (dove sarà regolarmente in panchina: il pallone calciato in campo con l’Atalanta è valso un’ammonizione con diffida), e il martedì successivo a San Siro in Coppa Italia. Strana sorte: il pareggio 1-1 dello scorso anno a Roma proprio contro la Lazio (e la successiva vittoria a Firenze) consentirono a Seedorf di arrivare a fine stagione. Inzaghi sa di essere sotto speciale osservazione (in altre circostanze Galliani aveva bacchettato solo i giocatori, ieri ha voluto la presenza di tutti) e che servono immediati segnali di risveglio della squadra. L’allenatore del Milan magari non ha lo stesso giudizio sulla sua rosa, però ripete che nulla è compromesso, anche perché punta molto sulla Coppa: decisivo, però, sarà recuperare quello «spirito operaio» che animava la squadra fino a poco fa. Perché magari «questo Milan non giocherà mai un grande calcio», come ha ammesso Inzaghi, ma deve compensare con una determinazione feroce, che si è un po’ persa. Oltre che con un’assoluta coesione. Anche per questo già nei giorni scorsi tutto lo staff tecnico (compreso Mauro Tassotti che sembrava non si sentisse pienamente coinvolto) si era riunito per chiarirsi: un confronto utile per cementare certi equilibri. E proprio per preservare ogni equilibrio è possibile che il ritorno di Arrigo Sacchi in società come supervisore del settore giovanile (pare che l’ex c.t. sia tentato) possa aspettare un po’: Inzaghi è già abbastanza scomodo così.
Arianna Ravelli
*****
ALBERTO COSTA, CORRIERE DELLA SERA -
Lo sfascio del Milan è nei numeri. Nelle ultime dodici partite di campionato Pippo Inzaghi ha raccattato altrettanti punti. Prima di essere esonerato, Massimiliano Allegri nelle sue ultime dodici partite di punti ne aveva totalizzati 14. Nel girone d’andata appena concluso Pippo Inzaghi ha ottenuto 26 punti. Prima di essere esonerato, Clarence Seedorf nel girone di ritorno della stagione passata di punti ne aveva raccolti 35. Questo ovviamente non significa che Pippo Inzaghi debba finire ghigliottinato come i suoi illustri predecessori: in caso contrario Silvio Berlusconi avrebbe diritto al titolo di «Zamparini del terzo millennio». Però è il caso che tutti all’interno della confusa repubblica milanista scendano da Marte, dove evidentemente avevano trovato ospitalità fino ad oggi. All’allenatore in particolare va ricordato che c’è parecchio del suo in questo rovinoso scenario: anziché gonfiare il petto ostentando il migliore attacco del campionato sarebbe stato più producente puntare a una squadra che avesse connotati precisi. Oggi l’attacco rossonero è sprofondato al settimo posto e il Milan non ha un chiaro identikit: il suo stato confusionale è certificato dalle venti formazioni differenti in altrettante gare ufficiali. Inzaghi e il suo suggeritore occulto (il tattico Maldera) scontano amaramente la difesa ad oltranza di certi randellatori in mezzo al campo e di sedicenti fuoriclasse convinti che il salvataggio della patria risieda nel colpo di tacco. Inzaghi peraltro non è solo: anche quelli che «il Milan non lo cambierei con l’organico di Juve e Roma» andrebbero indirizzati verso corsi teorico-pratici di rudimenti calcistici dai quali emerga con chiarezza come, a gioco lungo, la politica dei parametri zero sia il migliore dei modi per prendersi gioco dei tifosi.
*****
ENRICO CURRO’, LA REPUBBLICA -
UN ALTRO anno di confino dall’Europa? La notte ha portato consigli, anzi ordini, al Milan, appeso alla doppia sfida con la Lazio: sabato in campionato, martedì in Coppa Italia. Infuriato per la figuraccia con l’Atalanta e per il minimalismo di Inzaghi («non avremo mai un grandissimo gioco »), Berlusconi ha intimato a Galliani di riconvertire l’ex pupillo all’offensivismo, con due vere punte sempre in campo, e di aggiustare la squadra sul mercato. Poi, dopo il pranzo del lunedì ad Arcore cui ha partecipato anche la figlia Barbara, ha censurato tutti: i giocatori, la loro guida tecnica e chi ha costruito la rosa. «Capisco che non sono più i tempi in cui si vinceva a Barcellona. Però è inaccettabile perdere con calciatori che guadagnano 5 volte meno dei nostri».
Nessun tutor, per ora: Sacchi entrerà nel settore giovanile. Galliani stesso a Milanello ha dettato la linea («rimanere lucidi, l’allenatore non si cambia») e ha arringato con durezza la squadra, invitandola a scuotersi anche agonisticamente. «Prendetevi le vostre responsabilità. Non può essere sempre colpa degli altri». Infine Inzaghi, pur ribattendo punto su punto alle perplessità espresse da società e calciatori (con loro anche un confronto sulle fughe di notizie) per il gioco troppo basato sul contropiede, ha constatato al video lo scarso dinamismo e lo scollamento tra i reparti, col gol di Denis come clamoroso esempio. Tanto subbuglio – a parte il varo della coppia Ménez-Pazzini (restano ombre Destro, Okaka, Osvaldo e Borini) e il tesseramento di Suso (avrà il n°8) - non porterà sconvolgimenti a breve termine, né il ritorno di Seedorf. Tornerà però centrale il ruolo nello staff di Tassotti, memoria storica ultimamente defilata, e il tattico Maldera non sarà più il principale consigliere. Al di là delle correzioni contingenti e dell’emergenza terzino sinistro (l’Atletico Madrid ha bocciato l’offerta per Siqueira, si sonda il Lorient per Guerreiro, spunta José Enrique del Liverpool), è tuttavia ineludibile una programmazione pluriennale. Il Milan punta sulla rivoluzione dei giovani per svincolarsi dalla schiavitù dei costosi colpi di mercato, promuovendo ogni anno 4-5 Primavera pronti per la serie A. Senza raggiungere la stella polare del Barcellona 2009, che vinse la Champions con 10 prodotti della cantera, dai 31 anni di Puyol ai 22 di Pedro, va colmata la distanza dai principali club europei: Bayern e Real hanno tra il 30 e il 40% di giocatori del vivaio, le italiane il 15-16%.
Il progetto quinquennale, i cui risultati si misureranno dal 2018-19, è stato illustrato ieri agli studenti dell’università di Treviso dal responsabile del settore Filippo Galli. Si chiama Modello Milan: prevede l’unificazione del percorso, dai 9 ai 18 anni, verso uno stile di gioco e di comportamento univoco: assumersi responsabilità e rischi sul campo cercando sempre di attaccare, non rintanarsi in difesa, vivere ogni allenamento con l’impegno e la concentrazione della partita, considerare il risultato frutto del gioco. Il progetto pilota è stato affidato l’anno scorso agli Allievi di Brocchi (oggi tecnico della Primavera), ma da quest’anno il Modello Milan è esteso agli altri allenatori del settore (Nava, Monguzzi, Cupi e Danesi) e all’attività di base. L’investimento annuo è di circa 8 milioni. Un’ottantina le persone coinvolte: 10 tutor psicopedagogisti, educatori, assistenti e coordinatori tecnici, allenatori dei portieri, preparatori atletici, esperti video. «Per creare un dna Milan e vincere convincendo. Il gioco inizia col portiere, senza la paura di gestire il pallone», ha spiegato Galli. E se arriverà Sacchi?«Sarà il primo a capire la bontà del progetto».
*****
SALVATORE RIGGIO, IL MESSAGGERO -
La sconfitta contro l’Atalanta ha certificato la crisi del Milan e all’improvviso Pippo Inzaghi si è ritrovato sotto pressione. «Sono più sconfortato che arrabbiato», lo stato d’animo di Silvio Berlusconi. «Capisco che non sono più i tempi in cui si vinceva a Barcellona, ma è inaccettabile perdere contro squadre con calciatori che guadagnano cinque volte meno dei nostri», il senso dello sfogo del patron rossonero. Inoltre, Adriano Galliani ieri mattina si è presentato a Milanello (annullato il giorno di riposo) per tenere la squadra a rapporto nello spogliatoio. Toni severi, ma clima non accesi per capire quali siano i problemi dei rossoneri. La posizione di Inzaghi resta tranquilla, anche se l’inversione di rotta deve già avvenire sabato sera all’Olimpico con la Lazio e tre giorni dopo nella sfida del Meazza sempre con i biancocelesti, valida per i quarti di Coppa Italia. Il tecnico rossonero ha un contratto fino al 2016 e a libro paga c’è già Clarence Seedorf. Su Inzaghi c’è l’ombra di Arrigo Sacchi, ma non per un ruolo in panchina. L’ex tecnico di Milan e Nazionale potrebbe avere un ruolo nel settore giovanile oppure come consigliere per la prima squadra.
TENSIONE A BOGLIASCO
Ieri pomeriggio è sbarcato Suso a Milano, arrivato dal Liverpool con sei mesi di anticipo. Ma un aiuto al mercato rossonero (bisogna stare comunque attenti al bilancio: è stato appena venduto per 150mila euro il pullman utilizzato per gli spostamenti della squadra perché il servizio è stato dato in gestione) potrebbe arrivare da Genova, sponda Sampdoria. Ieri mattina a Bogliasco è esploso il caso Okaka, escluso da Sinisa Mihajlovic nelle ultime partite a favore di Bergessio. L’attaccante non ha gradito alcune dichiarazioni del tecnico blucerchiato e ha discusso con lui, per poi litigare con il ds Carlo Osti, intervenuto per riportare la calma. «La società valuterà se prendere provvedimenti disciplinari in merito all’atteggiamento avuto in seguito dallo stesso Okaka nei confronti del direttore sportivo», il comunicato apparso sul sito. Il blucerchiato potrebbe finire fuori rosa. «Un giorno la verità verrà fuori», il commento via twitter del centravanti. Inoltre, per il Milan si complica la pista Siqueira, mentre l’Inter non si arrende per Mario Suarez (Thiago Motta l’alternativa): se ne potrebbe riparlare sabato, quando a Milano tornerà Erick Thohir. L’Atletico Madrid non ha fretta di vendere: il 20% delle sue quote potrebbero passare nei prossimi giorni a Wang Jianlin, magnate cinese. Nelle casse madrilene entreranno 40 milioni di euro. Per la difesa nerazzurra rispunta il nome di Rolando, già seguito dalla Juventus. Ora è ufficiale: Giovinco in estate andrà al Toronto Fc.
Salvatore Riggio
*****
G.B. OLIVERO, LA GAZZETTA DELLO SPORT -
Nel giorno più lungo la ricetta non è cambiata: lavorare. Ieri Pippo Inzaghi si è alzato presto, ha letto i giornali e le critiche e poi è andato a Milanello. Riunione con lo staff, analisi della partita e poi, dopo l’intervento di Adriano Galliani, il confronto con la squadra. Il volume si è alzato di una tacca, non di più. Ma è la sostanza delle cose dette ad aver fatto capire che qualcosa è cambiato. E’ giusto parlare di confronto perché anche i giocatori hanno sottolineato cosa non va. Inzaghi ama il dialogo: fermo restando l’assoluta indipendenza nelle decisioni, ha sempre parlato con Montolivo e con gli altri «vecchi» del gruppo. E proprio loro hanno sottolineato di avvertire un deficit atletico nei confronti degli avversari. Per la verità il problema della gara con l’Atalanta è stata magari la scarsa brillantezza negli uno contro uno più che la tenuta, perché nella ripresa il Milan ha almeno provato a chiudere gli avversari negli ultimi trenta metri. In ogni caso Inzaghi ha risposto ai giocatori che devono impegnarsi di più in allenamento, che devono dare il massimo in ogni momento, che non sono più tollerabili le leggerezze che hanno generato tanti gol al passivo. Tra le disattenzioni sui calci piazzati e gli altri «regali» (come il tacco di Menez che lancia l’Atalanta verso la rete decisiva) il Milan ha lasciato per strada molti punti che adesso renderebbero ben diversa la classifica e l’atmosfera.
MONTOLIVO E pazzinI E’ stato poi toccato anche il tema tattico: i giocatori si sentono più sicuri con un centravanti d’area a cui lanciare la palla nei momenti difficili, nella speranza che lui faccia salire la squadra e che comunque apra spazi per gli inserimenti. Manca un punto di riferimento. Contro l’Atalanta i compagni cercavano Menez e spesso non lo trovavano. In un paio di occasioni era retrocesso addirittura sulla linea dei centrali difensivi. Se Pazzini non si fosse ammalato, domenica Inzaghi avrebbe proposto quasi sicuramente il 4-2-3-1, modulo poi utilizzato dopo l’intervallo nel tentativo di recuperare. E la soluzione è sicuramente allo studio anche perché consentirebbe di accentrare Montolivo, altra novità tattica gradita al gruppo. Gli esterni fanno presente che raramente vengono serviti nello spazio e sulla corsa. E’ vero che nel Milan il movimento senza palla non lo fa praticamente nessuno (Abate, Poli e basta), ma è altrettanto vero che per innescare un giocatore che scatta serve un piede pulito come quello di Montolivo. De Jong ha altre caratteristiche, non gli si può chiedere di impostare e così il gioco del Milan è frammentato, lento e prevedibile. Gli esterni, ricevendo la palla sul piede, sono costretti a fare sempre l’uno contro uno: una giocata dispendiosa se ripetuta nel corso della partita e comunque prevedibile. Rispetto a inizio stagione ci sono pochi tagli e incroci. Inzaghi penserà alla soluzione tattica più idonea e il ricorso al 4-2-3-1 sembra la strada probabile per ridare energia al Milan. Però il tecnico non vuole dare alcun alibi ai giocatori e pretende che nessuno si nasconda dietro a questi problemi tattici. Finora Inzaghi è stato molto buono con la squadra, ma adesso sarà un po’ più rigoroso e duro. La maggior parte dei giocatori, comunque, scagiona il tecnico e si prende le colpe della crisi. Ma adesso è il momento di cambiare rotta. E’ il momento di dimostrare di essere da Milan.
*****
ALBERTO CERRUTI, LA GAZZETTA DELLO SPORT -
Finito il girone d’andata, finisce la pazienza di Berlusconi. La storia si ripete. E se si ripete fino in fondo, il futuro di Inzaghi sulla panchina del Milan sarà più breve del suo contratto. Facile ricordare quanto è successo un anno fa ad Allegri, esonerato dopo la sconfitta contro il Sassuolo. Un girone lui, con 4 punti meno di Inzaghi, e un girone Seedorf con 9 punti più del suo successore. Ma più che una banale questione di punti in più o in meno, questa è la spiegazione delle ricorrenti arrabbiature di Berlusconi, con allenatori diversi ma una genesi comune. Prima gli sfoghi privati nel salotto di Arcore la domenica o in quello di Roma durante la settimana, poi le confidenze ai parlamentari, infine le parole più o meno dirette ai giornalisti, che vanificano il grande lavoro diplomatico di Galliani, ferreo difensore di tutti i tecnici fino a un minuto prima del loro esonero.
«Inaccettabile», è l’ultimo aggettivo usato da Berlusconi per definire la sconfitta contro l’Atalanta. Inaccettabile non soltanto per il risultato e il non gioco, ma perché per Berlusconi, mai così attento alle spese visto che il bilancio del Milan è più rosso che rosso-nero «non si può perdere contro avversari che guadagnano 5 volte meno dei nostri», secondo quanto riporta l’Ansa. Poche ma durissime parole che ci riportano indietro di quasi trent’anni, guarda caso a un’altra fine del girone d’andata, il primo della sua presidenza, l’11 gennaio 1987. Un Milan molto più forte di quello attuale, con Tassotti, Baresi, Maldini, Donadoni, Wilkins, Virdis e Massaro, e con un allenatore molto più esperto come Liedholm, aveva pareggiato 0-0 in casa contro l’Udinese e vedeva allontanarsi il traguardo di un posto in Coppa Uefa. Berlusconi ci urlò al telefono tutta la sua rabbia nei confronti di Liedholm, confermato a tempo prima di precettare per le ultime giornate Capello, grazie al quale il Milan vinse poi lo spareggio per rientrare in Europa. Fu l’inizio di un grande ciclo, finito con le cessioni di Thiago Silva e Pirlo. Un capolinea per tutti ma non per Berlusconi, che sogna sempre di avere un grande Milan anche quando grande non è, visto che gli ultimi successi internazionali risalgono al 2007 con il «triplete» Champions-Supercoppa europea-Mondiale per club.
Partito Ancelotti, rimasto 7 anni e mezzo, più di tutti gli altri allenatori di Berlusconi, il Milan è finito nelle mani inesperte di tre esordienti, Leonardo, Seedorf e Inzaghi, riuscendo a vincere uno scudetto e una Supercoppa italiana nel 2011 soltanto con Allegri, guarda caso un allenatore già pronto. Oggi, in una teoria che fa rima con utopia, terzo posto e Coppa Italia sono ancora raggiungibili, ma la realtà suggerisce di volare bassi perché quando finisce la pazienza di Berlusconi è un brutto segno per tutti. E la sua pazienza, stavolta, era finita da tempo perché si è sentito tradito per la seconda volta in pochi mesi. Prima si era fidato delle promesse di Seedorf, che poi ha sbagliato tutto nei rapporti con i giocatori e Galliani. Poi si è fidato delle promesse di Inzaghi, che aveva conquistato anche Confalonieri nel primo colloquio ad Arcore. Ma se proprio lui, un grande ex goleador, non schiera un centravanti di ruolo, come piace al presidente, bruciando Balotelli, Torres, Pazzini e ora anche Menez, e come se non bastasse non dà uno straccio di gioco alla squadra, Berlusconi perde la pazienza. I primi segnali di insofferenza risalgono alla sconfitta con il Palermo, ma le gocce che hanno fatto traboccare tutti i vasi di Arcore sono state la partitaccia di Torino e le sconfitte con fischi contro Sassuolo e Atalanta. Per tutti questi motivi, Berlusconi si è sentito tradito da chi non lo ha seguito e ai suoi occhi lo ha esposto alle prese in giro dei tifosi dopo le sue bombe di ottimismo, per la verità eccessivo, esplose a Milanello. E dire che a metà ottobre, quando ci aveva ricevuto ad Arcore, aveva promosso Inzaghi con un bell’8. Altri tempi, come quando si arrabbiava con Liedholm. Ma sempre lo stesso Berlusconi.