Giuseppe Spatola, Libero 17/1/2015, 17 gennaio 2015
ARRESTATO E RILASCIATO: ORA SI DÀ ALLA GUERRA SANTA
BRESCIA Dalla valle del fiume Chiese alla piatta di Aleppo per combattere in nome di Allah. Così Anas el Abboubi, 22 anni marocchino di nascita ma cittadino italiano residente nella brescianissima Vobarno, un anno fa ha scelto di dedicare la sua vita alla «guerra santa». Il giovane, di cui si è persa ogni traccia dal gennaio dello scorso anno, è tra i 53 combattenti italiani appartenenti alla galassia dell’estremismo islamico. Partito dalla Val Sabbia, dove la lingua ufficiale di alcune vie non è più il duro dialetto della montagna ma quello del Magreb, Anas è finito al fronte di Raqqa, in Siria. «Il mio datore di lavoro è il jihad», ha scritto sull’ultimo post pubblicando su Facebook una fotografia con il kalashnikov in mano. Ufficialmente entrato nel «club» dei foreign fighters italiani, da un anno il suo nome è nell’elenco dei 53 combattenti indicati dal ministro dell’Interno Angelino Alfano (in Procuira a Brescia sarebbero dieci gli «attenzionati»). Gli esperti dell’antiterrorismo e dell’intelligence ritengono che Anas da oltre un anno sia a combattere tra le fila dell’Isis o dei qaedisti di Jabhat al Nusra con il nome di battaglia di Anas al Italy, l’italiano. Arrestato a Brescia nel giugno 2013 per «addestramento con finalità di terrorismo», il ragazzo di Vobarno fu rimesso in libertà 15 giorni più tardi dal tribunale del riesame che, pur avendo riconosciuto le sue posizioni radicali, ritenne che il giovane non fosse in procinto di compiere attentati o gesti di violenza. Questo malgrado gli investigatori avessero trovato traccia di sopralluoghi virtuali eseguiti dal ragazzo via google map ad alcune caserme di Brescia, al grattacielo più alto della città e sotto il cavalcavia che collega il centro al quartiere dei servizi finanziari dove ha sede Ubi banca. Ventidue anni appena compiuti, padre operaio cassaintegrato e madre casalinga, prima di sparire frequentava una scuola professionale. Cresciuto in un paese che conta 8600 abitanti (1600 sono stranieri musulmani), i primi rudimenti del Corano li ha imparati al civico 32 di via Falck dove ha sede la moschea più importante della zona. Gli uomini della Digos e dell’antiterrorismo ritengono che proprio a Vobarno, a casa di Anas, sia nata la filiale italiana di «Sharia4», il movimento ultraradicale islamico messo al bando da diversi paesi europei, fondato in Belgio nel 2010 dal predicatore filo-jihadista Omar Bakri. Un odio verso l’occidente covato per anni, fin dall’attacco dell’11 settembre quando a scuola lo avrebbero apostrofato come «terrorista, talebano». Per mesi Anas si è isolato cominciando a covare l’odio sfociato poi nell’abbraccio delle idee più radicali che inneggiavano al jihad e ad «uccidere l’infedele». Prima di sparire, poche settimane dopo essere stato rimesso in libertà, Anas l’italiano non ha più nascosto i suoi propositi: «Dimmi, dimmi o mujahid - aveva scritto su facebook - dimmi cosa ti ispira, se il sangue del nemico non ti sazia, preparati alla lotta, il paradiso ti aspetta...». Anas è sparito a settembre 2013, lo ha ammesso anche la famiglia che sostiene che sia partito per Aleppo. Ad agosto dello scorso anno l’ultimo contatto con il mondo occidentale via web: «Il mio datore di lavoro è il jihad». Intanto ieri mattina dalla moschea di Vobarno gli islamici hanno sfilato per ricordare ai bresciani che i musulmani sono «altro» rispetto a quelli che imbracciano le armi come Anas. «La Comunità Islamica del Garda Valsabbia condanna categoricamente ogni azione di uccisione barbarica di civili inermi come quella avvenuta poche giorni fa in Francia - ha spiegato il portavoce dell’associazione Mohammed Youbi -. Ci addolora sentire che questi atti vengano perpetrati in nome dell’Islam, col pretesto di vendicare il nostro Profeta». Non solo. «I genitori sono preoccupati per lui - hanno commentato a Vobarno - Niente jihadisti qui, solo gente che lavora e vuole avere una vita di pace». Evidentemente non la pensava così Anas, allontanatosi dal brusio del Chiese per difendere la parola di Allah fino in Siria.