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 2015  gennaio 19 Lunedì calendario

ARTICOLI SULLA SERIE A DAI GIORNALI DI LUNEDI’ 19 GENNAIO 2015


MARIO SCONCERTI, CORRIERE DELLA SERA -
Sta finendo la pazienza del Milan verso Inzaghi. Perché i risultati non ci sono e perché in questi casi, quando si alza il vento, Berlusconi ha bisogno che le responsabilità girino in orbite lontane da lui. Quante colpe ha davvero Inzaghi? Molte, alcune importanti. La squadra non ha mai finito di costruirsi. Inzaghi ha accettato tutto puntando sull’illusione della grande occasione. Forse non è un comandante in assoluto, di sicuro non lo è ancora. È preciso, scrupoloso, pignolo, ma non ha leadership. D’altra parte è stato preso al tempo in cui Seedorf aveva spaventato tutta la società. Il successore non poteva che essere morbido. Inzaghi ha in mano una squadra sbagliata per principio. Non ci sono guerrieri né giocatori di grandi qualità. È un ibrido chiamato Milan, si aspetta sempre che il nome faccia un piccolo miracolo. La società voleva un centravanti che non ha trovato e un paio di fantasisti che non mancano mai e vengono scambiati al primo vento contrario. Non torna niente nemmeno tatticamente. Nel 4-3-3 le due mezzali devono essere verticali, devono inserirsi fino a raggiungere il centravanti che altrimenti è solo in area. Nessuno dei centrocampisti del Milan ha queste caratteristiche. Tra quello che non ha e quello che usa male, il Milan è diventato confusione di lusso. Serve un riesame che porti magari anche a un nuovo inizio. La situazione sembra scappata di mano. Non può essere un caso che il Milan stia riprendendo Sacchi, con il compito evidente di sorvegliare la crescita sbagliata della prima squadra. Intanto la Juve aggiunge altri due punti al suo distacco. Senza Barzagli e Asamoah, senza Giovinco, mai utilizzato, con Coman mai pervenuto, Llorente sparito e Pogba sulla via del mercato, risulta chiara la forza del lavoro di Allegri. Ha fatto crescere una Juve molto più magra. Sta accadendo qualcosa invece alla Roma. Ha perso bellezza, vecchio professionismo, quella velocità di esecuzione che la rendeva irresistibile con qualunque attacco. Paga la flessione di Nainggolan, la vera corsa di tutti, e la poca continuità di Pjanic. Ma c’è anche una qualità generale un po’ perduta. Non si può giocare a Palermo con due esordienti, Paredes e Verde, bravissimi ma intempestivi. Non si vincono gli scudetti con gli esordienti. Il Napoli torna al terzo posto, è diventata una squadra completa. Dovrebbe smettere di chiedersi dove può arrivare e provare finalmente ad arrivarci. Mi sembra sbagliata anche l’Inter. Hernanes e Guarin interni davanti a Medel sono un lusso che non porta guadagno. Non conoscono il ruolo. Con tre punte più Kovacic, Hernanes e Guarin si è sbilanciati perfino quando si ha il pallone. Ma quando lo perdi sei in mano all’avversario come a Empoli. Alla fine del girone di andata le sorprese sono Sassuolo e Samp. Più Dybala. La conferma Pogba. Il miglior giovane Rugani, poi Babacar. Le delusioni? Gomez ed El Shaarawy.

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GIGI GARANZINI, LA STAMPA -
La Juve taglia a braccia levate il traguardo volante di metà campionato. Uno sprint di soli sette minuti, due prodezze consecutive di uno strepitoso Pogba e di Tevez ed eccola in fuga con il massimo vantaggio di stagione: cinque punti che già domenica prossima, in casa con l’altra veronese mentre la Roma farà visita alla Fiorentina, sembrano destinati ad aumentare. Non è la Juve dei record di un anno fa, peraltro irripetibile. È meno furibonda, meno ossessiva, in assoluto meno straripante. Ma è più razionale, più duttile, e soprattutto è ancora nell’Europa che conta, con buone prospettive di saltare l’ostacolo degli ottavi, oltre ad essere saldamente in testa alla classifica. Ha avuto due-tre passaggi a vuoto a cavallo della sosta, non chiudendo partite che stava dominando e facendosi poi raggiungere. Ma con la vittoria di Napoli ha non solo eliminato un potenziale terzo incomodo. Ha anche ritrovato un passo che la Roma non è in grado di reggere, perlomeno non in questa fase.
La sorpresa del girone d’andata è certamente la Sampdoria. Per il terzo posto che condivide con il Napoli, per i 33 punti messi insieme con merito, per il tentativo di rialzare ulteriormente la posta con gli arrivi di Eto’o e Muriel. Ma anche il Genoa, pur con la flessione delle ultime giornate, è andato ben oltre le attese, così come Palermo e Sassuolo. Il Palermo grazie in particolare alle qualità di Dybala e Vazquez: il Sassuolo a una cifra di gioco coraggioso e divertente che ne ha fatto sino a qui la squadra-simpatia. Anche e soprattutto perché trattasi dell’unica formazione autoctona di un campionato in cui il numero di stranieri – scarsi – ha superato il livello di guardia.
L’elenco delle delusioni, che hanno preso il posto di illusioni prive di fondamento, si apre di diritto con Milan e Inter. Il Milan, in caduta verticale, gioca un calcio avventuroso e spesso incomprensibile: l’Inter, a dispetto dei presunti rinforzi, non è tecnicamente all’altezza delle ambizioni del suo nuovo allenatore. Doveva far meglio il Napoli, poteva far di più il Torino se solo avesse provveduto per tempo all’acquisto di attaccanti: ieri a Cesena è bastata una riserva del Chievo, non del Bayern, per rincasare con tre punti particolarmente preziosi. La strada verso la salvezza è lunga, ma per Parma e Cesena sembra già sbarrata. Tra Cagliari, Empoli e le due veronesi la terza cui toccherà far loro compagnia.

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GIANNI MURA, LA REPUBBLICA
SIAMO arrivati a metà strada. In testa, le prime tre sono quelle di un anno fa, diverso solo il distacco. Fa meno punti (6) la Juve, ne fanno meno Roma (3) e Napoli (9), che vince una sorta di spareggio per il terzo posto in casa di una Lazio (+7) con assenze pesanti e scarsa fortuna. Appaiata al Napoli c’è la sorprendente (+12) Samp di Mihajlovic. In risalita la Fiorentina: snodo importante il prossimo, con la Roma. Milanesi allo sbando. Piacevolezze assortite da Palermo, e Sassuolo.
La Juve di Conte aveva 8 punti sulla Roma, quella di Allegri 5. Se l’andazzo rimane questo, sarà incerta solo la conquista del terzo posto. Si sta scavando un solco, le ultime due partite hanno portato 6 punti alla Juve e 2 alla Roma. Ma al di là dei numeri hanno mostrato che la Juve, da subito, gioca per vincere: 9 dei suoi gol li ha segnati nel primo quarto d’ora. Lo ha fatto anche ieri col Verona: prima Pogba poi Tevez , dopo 7’ non c’era più storia. Meno tarantolata che in passato, la Juve pare più lucida e serena. La Roma, invece, ultimamente ha bisogno di uno schiaffo (o due, nel derby) per entrare davvero in partita. A Palermo dopo 100 secondi era già sotto.
Può capitare, se hai contro Dybala e una squadra organizzata. Ma, raggiunto il pareggio, chi pensa di poter arrivare allo scudetto deve giocare in un altro modo, cioè cercare di vincere. La Roma non lo ha fatto. Con tante assenze, ha detto ieri Garcia, chi gioca deve prendersi responsabilità anche maggiori. Non ha fatto nomi e non credo alludesse ad Astori. Chissà se a Pjanic sono fischiate le orecchie.
MEDIOCRITÀ per niente aurea quella delle milanesi, ottave.
Meglio essere presi a pallate dall’Empoli e tornare a casa con un punto grazie al solito Handanovic che farsi battere in casa, senza attenuanti, dall’Atalanta, c’è comunque poco da ridere. Solo 6 partite vinte su 19, altro che puntare al terzo posto. Uno dei guai, per le milanesi, è che non giocano né i ricordi né le sale dei trofei. Un altro è che i bluff, prima o poi, qualcuno va a vederli. Al momento, parliamo di due squadre senza un gioco preciso, che hanno sussulti d’orgoglio con le grandi ma lasciano molti punti alle piccole ben organizzate. L’Atalanta, quartultima, a San Siro ha fatto il colpo già riuscito al Sassuolo, al Palermo. Al Milan di Inzaghi, come già all’Inter di Mazzarri, è congeniale il contropiede. Se l’avversario non glielo concede, lo subiscono. Empoli e Atalanta hanno attaccanti che fanno molto movimento e compagni che li servono nello spazio che creano. Il semi sconosciuto Pucciarelli ha fatto impazzire la difesa dell’Inter mentre Icardi a quella dell’Empoli non ha fatto neanche il solletico.
Ma andare sui mercati di provincia è poco chic, vedi Saponara rispedito al mittente.
Volete mettere il clamore mediatico su Torres? Appunto.
Prendersela adesso con Inzaghi e Mancini è facile ma non ha molto senso. Si arrangiano con quello che hanno. Due presidenti: Thohir poco presente, Berlusconi, di recente, anche troppo. Anche con le più liliali intenzioni, la visita di Sacchi, con boatos connessi, non è stata una buona idea. Forse nemmeno silurare Seedorf, impermeabile ai suggerimenti di Arcore. Dall’altra parte, ha sbagliato Thohir a confermare Mazzarri, in cui non credeva. Le due milanesi si sono mosse sul mercato facendo il pieno di mezzepunte e esterni d’attacco, mentre servivano difensori buoni e centrocampisti con un po’ di senso di regia. Parlare d’Europa mi sembra azzardato. In una stagione così, per una milanese sarà già qualcosa piazzarsi prima dell’altra. E se è vero che sbagliando s’impara, meno narcisi e più giocatori veri. E i soldi, anche se pochi, si possono spendere meglio.

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MASSIMO CAPUTI, IL MESSAGGERO -
Il calcio è molto semplice: per una squadra vincente la prima regola è avere dei bravi giocatori, la seconda è affidarli a un allenatore capace di assemblarli. Oggi, più di prima, le potenzialità economiche esaltano questi concetti, rendendo ancor più ampio il margine tra le formazioni ricche e tutte le altre. Soprattutto in Europa la fotografia è nitida: Real Madrid, Bayern Monaco e Chelsea hanno con i soldi, top player e tecnici di valore assoluto come Ancelotti, Guardiola e Mourinho. C’è poi una terza regola: la presenza di un goleador. Salvo rarissime eccezioni chi ha vinto campionati o coppe europee ha sempre avuto attaccanti di razza. Senza scomodare la storia del calcio o guardare con invidia i top club europei, basta osservare il nostro campionato e vedere confermate le regole suddette. La classifica non mente: la Juventus è la più completa. Ha un ottimo allenatore, Tevez come bomber, e calciatori top come Pogba (soprattutto lui), Vidal e Pirlo che incidono e tanto anche in fase realizzativa. A tutto questo bisogna aggiungere mentalità e cattiveria agonistica, fondamentali per la strada che porta a vincere gli scudetti. Qualità, quest’ultime, che, come visto a Palermo, mancano alla Roma, dotata di un rosa vasta, di un tecnico di talento, ma non di un bomber. Fatta eccezione per Totti che, a trentotto anni, non è inesauribile e fa già dei miracoli, non ha altri giocatori alla voce «decisivi». Non lo è Gervinho, tantomeno Ljajic o il non pervenuto Iturbe. Vanno in gol in tanti, ma non è garanzia di successo. Destro sarebbe l’unico con certe caratteristiche, ma su di lui non si è mai puntato veramente, tant’è che si trova con le valigie in mano. Il Napoli, infine, ha un grandissimo attaccante come Higuain (l’ultima testimonianza ieri con la Lazio), giocatori spesso decisivi come Callejon, un allenatore di livello internazionale, ma è incompleto in difesa e a centrocampo.