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 2015  gennaio 18 Domenica calendario

FERRARA: «AL COLLE BERSANI O MATTARELLA, MA AVREI VOLUTO MUTI COI CORAZZIERI»

Un comunista al Quirinale? Per Silvio Berlusconi non è un tabù, parola di Giuliano Ferrara. Il direttore del Foglio, parimenti invaghito dell’ex premier e dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi, punta su Pier Luigi Bersani, «lo smacchiatore di giaguari». Ma non risparmia pronostici e giudizi sugli altri papabili di centrosinistra.
Perché tifa Bersani?
«Mi sembra nella logica di Renzi proporre Bersani, anche se non ha statura internazionale. È stato ministro e segretario e potrebbe chiudere al premier due fronti importanti, il suo essere troppo poco di sinistra e troppo poco di partito. Bersani potrebbe essere l’uomo della pacificazione nazionale».
I renziani lo voterebbero?
«Il Pd non può non votarlo. E prenderebbe il voto dei centristi, che sono da sempre in sintonia con Bersani. Piacenza, l’Emilia, il meeting di Rimini, Lupi, Alfano...».
Il centro non vota Casini?
«L’aspirazione di Casini è legittima, non è un candidato da buttar via. Certo sarebbe considerato più amato, simpatico e accessibile da Berlusconi. Ma lui che parla sempre male dei comunisti, in realtà si è sempre messo d’accordo con loro».
D’Alema?
«No, neanche lontanamente. Troppo bruciato dalla sua vanità. Mentre Bersani significherebbe la riconciliazione, D’Alema è un combattente. Un rottamato non può tornare».
Nemmeno se è donna?
«La Finocchiaro ha carattere e possibilità, ma io una donna non la vedo. La Bindi mi sta simpatica e l’ho sempre difesa dagli attacchi anche volgari di Grillo e Berlusconi, ma per Renzi è come la serpe in seno, una odiatrice furibonda».
Esagera, direttore.
«No, vorrebbe metterlo sotto un tram».
Un cattolico?
«Dicono sia molto forte la candidatura di Sergio Mattarella, brava persona fuori dalla mischia. È l’ipotesi del politico che parte sbiadito e diventa presidente. Rinfrescare un illustrissimo galantuomo scomparso può avere una logica».
Anche per il Nazareno?
«Non deve essere un nemico di Renzi, perché sarebbe uno spicinio».
È così renziano che si è messo a parlare toscano?
«Vuol dire una strage, un incidente a catena. E questo non è possibile, sennò uno che vince a fare le primarie e poi le Europee col 40%? Per diventare premier e mandare al Quirinale uno che lo odia?».
A chi sta pensando?
«Di Prodi non parliamo neanche, non si può. Troppo ingombrante, identificato con un’altra epoca storica e politica, viene usato come bandiera da questo e quello...».
Teme l’accordo tra sinistra e Cinquestelle?
«Come fa il M5S a votare Prodi, se organizza referendum contro l’euro? Vendola è una specie di leone che si agita a vuoto e Civati un indossatore di sartoria di grande qualità».
Nel patto del Nazareno c’è già il nome?
«Lo escludo. Sono un grande ammiratore di Renzi e di Berlusconi, ma non mi paiono così lucidi da avere già il nome del prossimo presidente. La gatta da pelare è grossa, ha il pelo molto irto. A Berlusconi andrebbero bene personaggi con una vena pragmatica, tanto da ripristinare la famosa agibilità politica per un leader che è il partner delle riforme».
Nel Pd i candidati autorevoli non mancano. Veltroni?
«Non so se possa essere il presidente che concede la grazia. Gioca sempre a ricasco, è narcisista e non lo vedo cuor di leone. È un po’ troppo la bella politica, si metterebbe a fare dei balletti e Renzi potrebbe vedere in lui un rivale in fatto di comunicazione, il che con Mattarella non accadrebbe».
Neanche con Amato .
«Se si andasse per curricula dovrebbe approdare al Quirinale senza passare dal voto, ma ha grandi handicap».
E Padoan?
«È figlio della mia maestra elementare e lo farei anche papa, ma non lo vedo».
Vincerà un outsider?
«Io ero innamorato dell’idea di Muti, vederlo arrivare a Salisburgo o Chicago con i corazzieri avrebbe fatto dell’Italia il Paese del Bengodi».