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 2015  gennaio 18 Domenica calendario

I 50 ANNI DI PIERACCIONI, ETERNO RAGAZZO

Leonardo Pieraccioni si avvicina ai 50 anni. «Non faccio mai feste, stavolta il 17 febbraio organizzerò un festone a Firenze dove si canta, si balla e si raccontano barzellette sporche. Si inizia a mettere un punto esclamativo importante».
Com’era il giovane Pieraccioni?
«Uno studente ripetente all’Istituto di periti aziendali. Ho fatto corsi da caldaista e da steno-dattilografo. Poi impiegato in una società di telefonia, fino a che Claudio Cecchetto mi chiamò con Carlo Conti a DeeJay Television dopo avermi visto in “Succo d’arancia”, una sorta di “Zelig” che facevo in coppia con Panariello su una tv locale. Avevo 24 anni».
E i suoi genitori?
«A mia madre ancora oggi pare tutto un miracolo, pensa che una mattina mi sveglio e devo restituire tutto. Da bambino avevo la necessità fisica di cercare la bischerata, in classe mi ero preparato un tormentone sull’arrivo dei Bravi nei Promessi Sposi ».
Primo film, «I laureati».
«In questo mestiere il problema è iniziare, trovare la persona che ti dà fiducia. Le mie “madonnine” furono Rita e Vittorio Cecchi Gori. Venivo dal cabaret di piazza o in discoteca, che sono dei match di Fight Club dove la musica improvvisamente tace e tu devi avere lo stesso ritmo».
La chiamavano il Golden Boy del cinema italiano: quanto hanno incassato i suoi film?
«Eh, non lo so, ho avuto la fortuna di piacere al pubblico e non agli addetti ai lavori. Il ciclone nel 1996 arrivò a 78 miliardi di lire e 11 milioni di spettatori. In Vhs vendette 1 milione 700 mila copie. Il produttore mi chiese: “dimmi cosa vuoi, una Ferrari, qualunque cosa. Risposi che per un credente il massimo era incontrare Padre Pio; per me, Alberto Sordi».
Come andò?
«Fu paterno. “Quanti anni hai?”, chiese. Trenta. “Io alla tua età facevo sette film l’anno”. Come dice il Marchese del Grillo, io so’ io e tu... Disse che quando De Laurentiis gli offrì cinque contratti insieme, le sue sorelle a casa commentarono così: “Stasera vuoi la minestra o i cappelletti in brodo?”. Si mangia sempre con le posate. Piedi per terra e via».
Lei festeggia anche vent’anni di cinema.
«Non ho mai sofferto della sindrome da David di Donatello. Non credo nei film d’autore, senza un momento in cui puoi rilassarti. Lavoro sui miei limiti, se avessi ceduto agli autori il pubblico avrebbe pensato che non mi divertivo più con le cose che facevo: ogni volta che mi sono allontanato dalla commedia sentimentale, il botteghino mi ha punito. Per questo non mi sento prigioniero dei miei personaggi».
Le commedie si fanno copia e incolla.
«Il linguaggio delle commedia è cambiato (in peggio sicuramente) con la tv, e ci metto anche la pubblicità. Il ritmo snatura il fascino. A me è piaciuto molto Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto. I giovani oggi potrebbero non capire L’armata Brancaleone , quel tipo di inquadrature e di montaggio».
Le donne nel suo cinema.
«Le ho sotterrate tutte in giardino. Una battutaccia. Ma erano modelle che a tutto pensavano fuorché a fare un film. Non particolarmente talentuose ma radicate nell’immaginario. Era quello che volevo: lo sconvolgimento visivo rispetto all’omino normale che impersonavo. Una formula finita, bisogna rispettare i limiti anagrafici. Nel mio prossimo film, Il professor Cenerentolo , Laura Chiatti fa l’animatrice in un villaggio turistico. È sciroccata di brutto: l’unico modo per giustificare la sbandata per un grullo di 50 anni, ci siamo detti con Giovanni Veronesi e Domenico Costanzo che lo hanno scritto con me».
Che fine hanno fatto Lorena Forteza e Natalia Estrada?
«Lorena aveva 20 anni e non resse il successo che la travolse. Natalia alleva cavalli con suo marito, si è realizzata nella sua passione».
Le «spalle» del suo cinema.
«Per un comico di reazione, e non di azione, sono fondamentali. Massimo Ceccherini, come gli artisti veri che non ci sono più, è uno dei pochi che si affida e non chiede del suo ruolo, del progetto. Niente».
Tra le sue guest star c’è Francesco Guccini.
«Io sto a Guccini come la Boschi sta a Renzi. Una devozione incredibile. Mia nonna per i miei dieci anni mi regalò un suo disco. Lo imparai a memoria. Io sono nato vecchio, diceva la ‘mi mamma. Lo raggiunsi a Pavana, dove abita in Toscana. Era alla Casa del popolo, ai vecchi del paese faceva il dizionario dal dialetto pavanese all’italiano».
Valerio Cappelli