Marco Zatterin, La Stampa 18/1/2015, 18 gennaio 2015
COSI’ DALL’ESILIO IN GRECIA IL BOSS DEI JIHADISTI BELGI ORDINAVA GLI ATTENTATI
A sentire Omar, il padre, Abdelhamid Abaaoud era morto in Siria qualche settimana fa combattendo con l’Isis: «Sono le ultime notizie che ho avuto», assicurava. Invece la polizia greca, agendo d’intesa coi servizi belgi, potrebbe averlo pescato vivo e vegeto ieri a Pangrati, un quartiere centrale di Atene, dove da venerdì correva voce fosse nascosto. Sarebbero state le intercettazioni a tradire l’uomo che si fa chiamare Abou Omar Soussi ed è sospettato di esser la mente della cellula jihadista sgominata giovedì tra Verviers e Bruxelles. Quattro gli arresti ieri nella capitale ellenica. Secondo le prime fonti tra loro ci sarebbe il super ricercato, anche se a tarda sera fonti della procura di Bruxelles negavano ogni collegamento con la retata di due giorni fa.
Il reclutatore
Gli danno la caccia tutte le polizie d’Europa perché pochi sono i dubbi che fosse lui a preparare gli attacchi terroristici fra Fiandre e Vallonia. Abdelhamid Abaaoud, 27 anni, marocchino di Molenbeek, uno dei quartieri meno belgi di Bruxelles. Nasone, occhi profondi, barba sottile, uno dei simboli della nuova ondata di reclutamenti dell’Isis. In primavera è salito all’onore delle cronache per due notizie, una peggiore dell’altra. Si è visto su Internet un video con cui il jihadista, sputando commenti triviali, guidava un fuoristrada trascinando dei cadaveri verso una fossa comune. Negli stessi giorni, si è poi scoperto che l’uomo aveva portato con sé il fratellino Younes, appena tredicenne. «Gli ha fatto il lavaggio del cervello», ha commentato amaro il padre.
Gli attentati sventati
«Gli attentati erano previsti per venerdì», rivela il belga Gilles de Kerchove, coordinatore Ue per l’antiterrorismo. La ricostruzione più plausibile racconta che Abou Omar dialogasse a distanza con la cellula di Verviers attraverso un detenuto nel carcere di Lantin (nei pressi di Liegi), ma che, nonostante gli accorgimenti, non sia riuscito a evitare d’esser intercettato dai sinora efficienti servizi federali. Ai suoi ordini almeno sette uomini, due dei quali sarebbero i morti del conflitto a fuoco di giovedì, e due quelli fermati mentre tentavano di arrivare in Italia. Gli altri dovrebbero essere stati arrestati. La Procura di Bruxelles dice: «Abbiamo preso quelli che volevamo».
Le dodici operazioni con cui le autorità di Bruxelles sono scese viso aperto contro i terroristi che si professano islamici rappresentano solo un inizio. «La minaccia resta molto seria ed è divenuta più complessa», confessa Gilles de Kerchove al quotidiano «Le Soir». Gli esperti sottolineano che siamo nel bel mezzo d’una corsa per il titolo di «guida del jihad», la guerra santa contro gli infedeli. Il Belgio è uno dei principali campi di battaglia per questa sfida del terrore, almeno per quanto concerne i reclutamenti. «Li arruolano su Facebook - spiega de Kerchove - e in questo è centrale il ruolo di Sharia4Belgium», una forte organizzazione salafita radicale che, al momento, non risulta però avere legami con la cellula di Verviers. De Kerchove considera questa generazione «pericolosa» perché formata da «clean skin», guerrieri spesso troppo freschi per esser noti all’antiterrorismo. Animano buona parte delle cellule dormienti europee, una ventina, pari a 120-180 uomini.
Sicurezza rafforzata
Lo spiegamento dei militari e le misure di sicurezza del governo belga testimoniano che le autorità ne sono consapevoli. I fanti di Re Filippo si muovono discreti, coi giubbotti antiproiettile, i baschi colorati, le armi puntate al suolo. Ora sorvegliano i punti più sensibili nelle loro città, Bruxelles e Anversa, anzitutto. Ne hanno schierati 150 in una dozzina di siti, l’ambasciata americana e quella israeliana, come il museo ebraico dove in mattinata erano in sei. Presto saranno raddoppiati, anche perché l’aumento del livello di allerta ha menomato la Polizia: gli agenti devono girare col giubbotto, ma non ce n’è per tutti, così molti sono costretti a restare alla scrivania.
Bruxelles si è svegliata ieri con una voglia di normalità durata sino a quando è stato lanciato l’allarme (falso) per una valigia bomba a Uccle, comune residenziale nella zona sud est della capitale. C’è tensione. I servizi ascoltano i sospetti e sperano di evitare il peggio. Vorrebbero trovare Abdelkader Hakimi, militante del famigerato Gruppo islamico marocchino combattente, di recente segnalato in Siria con Rachid Iba, fighter di Shariah4Belgium. Loro e altri sono la mano della vendetta che gli inquirenti intendono fermare. Come Abou Omar, il presunto morto che forse attendeva in Grecia l’attimo giusto per punire l’Occidente «infedele».