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 2015  gennaio 18 Domenica calendario

TIFARE È UN LAVORO, CHIEDETELO IN QATAR

Claude Leroy non è un novellino, ha 67 anni ed è all’ottava Coppa d’Africa. Ha allenato in Francia, Inghilterra, Cina, Malesia, Oman, Siria e, in Africa, le nazionali di Camerun, Senegal, Congo, Nigeria e RD Congo (ex Zaire). Per tre mesi, nel ’96, è stato osservatore per conto del Milan. Dalla Gazzetta di ieri: «Ragazzi, dobbiamo fare di tutto per qualificarci ai quarti perché a quel punto molte squadre andranno via e così magari ci daranno un hotel carino e le stanze di cui abbiamo bisogno». A proposito di necessità, forse non c’entra, ma viene in mente quel che scrisse il poeta ungherese Attila Jozsef, suicida sotto un treno a 32 anni: «Mia madre sognava di avere un grembiule pulito/e che il postino le dicesse buongiorno». In cosa sperava Leroy? «In albergo, volevo lavarmi le mani e non c’era acqua. Io non chiedo un 5 stelle o chissà cosa, solo un hotel pulito. Quello che ci hanno offerto era già stato rifiutato dallo Zambia tre anni fa. Il sistema elettrico è terribile, i fili sono tutti esposti, e non ci sono stanze a sufficienza». L’1-1 con i padroni di casa lascia tutto aperto. Anche nell’albergo della Tunisia non c’era acqua. Ce n’era molta nelle autobotti per irrigare i campi da gioco. Leggo sul Paìs che il dittatore Teodoro Obiang non ha badato a spese: due settimane fa 24mila metri quadri della migliore erba naturale (Bermuda Tif Way 419, se può interessare) sono stati comprati da una impresa specializzata spagnola e trasportati in Guinea Equatoriale da quattro cargo Antonov. Acqua ce n’era molta ma è stata rubata da guineani più assetati dell’erba.
Siamo fuori dai nostri confini e restiamoci. In Qatar si sta disputando il mondiale di pallamano, sport nel quale il Qatar non può vantare grandi tradizioni, ma non importa. Le organizzazioni del mondiale di nuoto in vasca corta lo scorso dicembre, di quello di atletica nel 2019 e di quello di calcio, assai discusso, nel 2022, dicono che il collega Virgilio (“Omnia vincit amor”) era un romanticone e che, aggiornando, omnia vincit pecunia. A differenza di quanto era accaduto nella costruzione degli stadi per il pallone, nessun morto nei cantieri. Lo ha comunicato il presidente del comitato organizzatore, Thani Al-Kuwari puntualizzando che 26.000 persone hanno lavorato per un totale di 31 milioni di ore. E la nazionale qatariota potrebbe finire sul podio. Come mai? Nella pallamano i giocatori che negli ultimi tre anni non hanno risposto a convocazioni della loro Nazionale sono liberi di cambiare bandiera. Così il Qatar s’è assicurato in panchina Valero Rivera, ct della Spagna campione del mondo in carica. E, sul campo, giocano per il Qatar il francese Roine, i montenegrini Stojanovic e Markovic, il serbo Damjanovic, i bosniaci Saric e Memisevic, i cubani Capote e Pavan Lopez, lo spagnolo Vidal Fernandez. Grande tifo alla Lusail Arena, circa 10mila tifosi per l’esordio vittorioso del Qatar: 28-23 al Brasile. Passi per la composizione della nazionale, ma tutti questi tifosi? Scrive la Gazzetta che già due mesi fa, in un occasione di un torneo di beach volley, s’era scoperto che molti lavoratori non indigeni erano stati pagati per andare a sedersi sulle tribune. «E per la pallamano le tariffe saranno più alte» aveva detto uno di loro.
Ma non è tutto. Nella gara d’apertura, il gruppo più animato di tifosi del Qatar urlava “Campeones, campeones” e “Qatar, saluda a tu aficiòn”. Trattasi di una sessantina di tifosi speciali, tutti spagnoli, noleggiati a Cuenca e a Burgos e debitamente attrezzati di trombe, tamburi e striscioni. Gente seria. Mercoledì è in programma Spagna-Qatar: come si regoleranno? «Il lavoro è lavoro, tiferemo per il Qatar » hanno detto al quotidiano argentino La Naciòn. Viaggio, vitto, alloggio, extra e ingaggio. Una volta le comparse si ingaggiavano per girare un film e lo sport era un’altra cosa. Era sport, non evento. Sempre sui tifosi, cui Sw dedica un lungo servizio. Parla uno steward di San Siro, Federico, 23 anni: «Quelli della curva si lasciano passare senza nessun controllo. Il biglietto si chiede e le perquisizioni si fanno sui padri di famiglia, poi vedi ragazzotti passare con le bombe carta. Come fai a fermarli? E se dici qualcosa ti rispondono così: noi siamo i tifosi, quelli veri. Sarà per questo che ho visto i capi ultrà insieme ai dirigenti nella Sala Executive dello stadio». Dirigenti dell’Inter o del Milan? Se qualcuno può approfondire, lo faccia, perché i dirigenti, di tutte le squadre, sono compatti nel negare ogni vicinanza con i capi ultrà. Quel che conta è far girare la voce, anche se non ci crede nessuno.
Come nessuno, forse nemmeno lei, credeva che Elena Fanchini potesse tornare a vincere. Perché non c’erano solo gli anni, tanti, nove, tra Lake Louise e le Tofane. C’erano sei interventi al ginocchio. C’era, quando poteva gareggiare, la consapevolezza di non essersi allenata come le altre, con le cartilagini che si ritrovava. Ma c’era la voglia di esserci, la resistenza alla tristezza e alla paura. Grande Elena, questo sì che è sport.