Paolo Berizzi, la Repubblica 18/1/2015, 18 gennaio 2015
Nomi: Ismail e El Abdi. Cognome: Souhaib. Hanno 32 e 25 anni. Sono fratelli, marocchini. Uno soltanto ha la cittadinanza belga
Nomi: Ismail e El Abdi. Cognome: Souhaib. Hanno 32 e 25 anni. Sono fratelli, marocchini. Uno soltanto ha la cittadinanza belga. Quando le guardie di frontiera francesi li hanno fermati a Modane — al valico del Frejus, prima di Bardonecchia — e gli hanno intimato di uscire dall’auto per seguirli verso la cella di sicurezza, non hanno fiatato. Erano in fuga verso l’Italia i fratelli Souhaib, presunti jihadisti appartenenti alla cellula scoperta in Belgio. Partiti in fretta e furia da Verviers per scappare dal blitz a tappeto ordinato dalla direzione antiterrorismo della Polizia Giudiziaria Federale di Bruxelles: e forse il loro passaggio italiano non sarebbe stato un semplice transito. Secondo fonti vicine alle indagini, c’è una pista che porta, anzi, avrebbe portato, se non li avessero individuati, Ismail e El Abdi a “riparare” nel nostro Paese. Non in un luogo a caso, magari subito al di là del confine. Nemmeno tra Piemonte e Liguria come aveva ipotizzato a caldo, ragionando su un eventuale viaggio fino in Spagna, e da lì in Marocco, una fonte della nostra Intelligence impegnata sullo scacchiere dei “foreign fighters”. No, la “rotta” che avrebbero avuto in mente i fratelli Souhaib una volta usciti dal Belgio e lasciata alle spalle la regione francese di Chambery, portava più giù. A Roma. Il nome della capitale sale sulla giostra delle ipotesi — almeno due, e le vedremo, tutte plausibili al netto del silenzio raccolto finora dai due presunti jihadisti — al vaglio degli investigatori. Sale, diciamo, per “induzione”. Tra gli spunti investigativi emersi ce ne sarebbe uno, in particolare, che collega Ismail e El Abdi Souhaib alla capitale italiana. Le indicazioni arrivano da telefonate intercettate: effettuate non tanto e soltanto dai due fratelli. Ma da altri elementi della cellula jihadista a composizione mista (foreign fighters marocchini e ceceni), della quale — secondo la Procura di Bruxelles — farebbero parte i due fratelli. Telefonate nelle quali si farebbe riferimento a «contatti» che sarebbero transitati, o che addirittura avrebbero basi a disposizione, a Roma. Ricordiamo ora che cosa stava per compiere la cellula di Verviers: un attentato eclatante contro la polizia, in strada o nei commissariati. Un piano «raffinato», studiato a lungo e del quale, come le altre pedine arrestate, anche i Souhaib, secondo gli investigatori, sarebbero stati al corrente. Se e con che ruolo avrebbero preso parte alla preparazione del piano, è ancora troppo presto per saperlo. Ma alcuni elementi in mano all’antiterrorismo belga parlano. I Souhaib gravitavano su Ver- viers. La città a 30 km dal confine con la Germania dove giovedì le teste di cuoio hanno assaltato l’appartamento dove erano rintanati altri tre presunti appartenenti alla cellula terroristica: Redwane Hajaoui e Tarik Jadaoun, rimasti uccisi nel conflitto a fuoco, e Marouane El Bali, che si è ferito nel tentativo di fuggire saltando dalla finestra e che poi è stato arrestato («ero lì solo per fumare delle canne» si è difeso in interrogatorio; è accusato di terrorismo e detenzioni di armi e esplosivo con l’intenzione di commettere un attentato). Marocchini come i fratelli Souhaib. Intercettati dalla polizia e tenuti sotto controllo perché sospettati di essere anche loro foreign fighters rientrati nei mesi scorsi dalla Siria (come le due vittime dell’assalto). Vediamo come sono riusciti a arrestarli prima che fuggissero in Italia. Appena finito il raid a Verviers, alla polizia non tornavano dei nomi. Nel mazzo dei presunti terroristi ricercati tra Belgio e Francia mancavano loro: anche perché dove erano quasi certi di trovarli, non c’erano. L’antiterrorismo belga non ha perso tempo e ha subito lanciato l’allarme, segnalando ai colleghi francesi il rischio di fuga in corso. Frontiere, porti e aeroporti hanno innalzato il livello di attenzione. E i Souhaib sono finiti nella rete (inizialmente cercavano solo il più grande dei due, Ismail, poi la caccia si è estesa anche al secondo). Per inciso: se anche Parigi e Reims i primi giorni di gennaio avessero lanciato l’allarme — mentre indagavano sugli spostamenti dei fratelli Kouachi e su Amedy Coulibaly — la fidanzata di quest’ultimo, Hayet Boumediene, forse avrebbe avuto più difficoltà nel far perdere le proprie tracce e fuggire in Siria. I belgi non volevano farseli scappare i due marocchini bloccati a Modane. E così è stato. Nei loro confronti la Procura di Bruxelles è pronta a chiedere un mandato di cattura europeo. Il codice penale — anche per reati di terrorismo, ancora ovviamente da dimostrare — fissa a quattro giorni il tempo entro il quale il fermo di polizia giudiziaria può diventare arresto. È probabile che i due fratelli marocchini vengano trasferiti nel frattempo a Parigi, a disposizione dello Sdat (Sotto Direzione Antiterrorismo). Le informazioni acquisite sugli spostamenti di Ismail e El Abdi Souhaib, dai più recenti a quelli remoti, sono state trasmesse ieri a tutte le divisioni antiterrorismo delle polizie europee e ai servizi di intelligence. Rileggendo a ritroso i loro piani, oltre all’ipotesi di una fuga verso Roma, resta ancora in piedi l’altra: quella di un viaggio verso la Spagna. E da qui, dal porto di Barcellona o più giù, la continuazione in nave verso il Marocco.