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 2015  gennaio 18 Domenica calendario

La Convenzione europea per i diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali recita: «La pena di morte è abolita

La Convenzione europea per i diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali recita: «La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a tale pena né giustiziato». Il ripristino della pena di morte non è quindi materia opinabile. Nel 1946 non si aveva l’identica opinione se 12 individui appartenuti al Terzo Reich non si giovarono al processo di Norimberga di questo principio, oltre, successivamente, ai medici che avevano operato nell’Action T4. Ho letto che per quanto riguarda Jodl dell’Okw (comando delle Forze armate) vi è stato qualche ripensamento postumo, ma nessuno per Alfred Rosenberg. Non credo che la sua condanna, con sentenza di colpevolezza per tutti e quattro i capi d’imputazione, si debba alla la sua ultima nomina politica (ministro dei territori occupati), bensì al suo pensiero. Può essere condannato a morte un uomo solo per il suo pensiero, ancorché aberrante? Abelardo Ignoti ignotiabelardo@yahoo.it Caro Ignoti, L’ avvocato difensore di Rosenberg al processo di Norimberga sostenne che al suo cliente non potevano essere imputati crimini di guerra e contro l’umanità. Fu tra i primi iscritti al partito nazista e fu sempre, sin dagli anni della scuola, un accanito antisemita. Il suo rapporto con Hitler era stato particolarmente stretto. Il fondatore del partito nazista lo stimava per le sue capacità intellettuali, volle che dirigesse per molti anni il maggiore giornale nazista ( Völkischer Beobachter ), ne fece il responsabile del partito per l’indottrinamento ideologico e spirituale, gli affidò il compito di dirigere un Einsatzstab (una taskforce, come si direbbe in inglese) intitolato al suo nome e incaricato di confiscare il patrimonio artistico, anche ebraico, che sarebbe stato assegnato al Museo Hitler di Linz, dopo la sua costruzione, e a un altro museo sulle etnie disperse e scomparse, da costruirsi dopo la vittoria. Ma non aveva partecipato, secondo il suo difensore, agli atti sanguinari e alle violazioni del diritto internazionale che erano attribuiti agli altri imputati di Norimberga. La condanna a morte fu dovuta a due ragioni. In primo luogo, come lei ricorda, Rosenberg fu nominato ministro dei territori occupati dopo l’invasione dell’Unione Sovietica e venne considerato obiettivamente responsabile della caccia all’ebreo e al bolscevico, dei massacri, del lavoro forzato e della pulizia etnica. In secondo luogo fu deciso che Rosenberg apparteneva, come quasi tutti gli altri imputati, alla «società criminale» che aveva strettamente collaborato al disegno di Hitler. È questo probabilmente uno degli aspetti più discutibili, sotto il profilo giuridico, del processo di Norimberga. Se Rosenberg continua a incuriosirla, caro Ignoti, le consiglio la lettura di un curioso romanzo, Il problema Spinoza , scritto da uno psichiatra americano, Irvin D. Yalom, e pubblicato dall’editore Neri Pozza nel 2012. Il libro è dedicato al grande filosofo olandese di origine portoghese, ma descrive, in parallelo, la vita di Rosenberg dall’adolescenza nel Baltico sino alla sua carriera nella Germania nazista. Fu in un liceo di Riga, capitale della Lettonia, che il giovane Rosenberg, già ferocemente antisemita, fu affascinato dal pensiero di Spinoza. Questa fascinazione lo accompagnò e lo turbò durante tutta la sua vita. Poteva un antisemita essere attratto da un grande pensatore ebraico, da un filosofo che era sempre ebreo, ai suoi occhi, nonostante fosse stato scomunicato dalla comunità israelita di Amsterdam? Quando scoppiò la Seconda guerra mondiale e la Germania occupò i Paesi Bassi, Rosenberg si valse dei suoi poteri per impadronirsi della biblioteca di Spinoza, custodita nella casa dell’Aja in cui il filosofo era morto. I libri sono andati dispersi, ma nella casa museo, riaperta dopo la guerra, sono stati sostituiti da altre edizioni delle stesse opere.