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 2015  gennaio 18 Domenica calendario

ROMA Le hanno aiutate nei preparativi per la partenza verso la Siria, le hanno probabilmente indirizzate verso qualcuno che nel Paese martoriato dalla guerra potesse assicurare loro una permanenza senza grossi rischi

ROMA Le hanno aiutate nei preparativi per la partenza verso la Siria, le hanno probabilmente indirizzate verso qualcuno che nel Paese martoriato dalla guerra potesse assicurare loro una permanenza senza grossi rischi. Ma non sapevano di essere pedinati, seguiti, intercettati. E nelle telefonate che i carabinieri del Ros hanno ascoltato dall’inizio dello scorso anno sono finite anche le voci di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo: era primavera, le due giovani stavano faticosamente mettendo insieme l’intricato puzzle di un viaggio ad altissimo tasso di pericolosità verso quelle zone sconvolte da attentati e bombardamenti. E i colloqui con gli interlocutori a cui si erano rivolte — riletti ora — delineano il percorso che hanno sì seguito per partire dall’Italia ma, contemporaneamente, rafforzano il sospetto che qualcuno nella filiera di chi stava apparentemente dandosi da fare per tutelarle potrebbe averle tradite, «vendute» ai rapitori che le hanno tenute in ostaggio per 168 giorni. Gli apparecchi erano sotto controllo per ordine dei pm della Capitale, come sempre accade quando ci sono personaggi sospetti che potrebbero avere contatti con terroristi islamici o, peggio ancora, far parte di «cellule dormienti» come quella di Parigi responsabile del massacro nella redazione di Charlie Hebdo per le vignette offensive contro Maometto. I magistrati non dicono nulla, fanno capire però che nei confronti di questi personaggi — tutti residenti in Emilia — non è emerso nulla. Tanto che non sono indagati. Uno è un siriano originario di Aleppo, città simbolo della resistenza ad Assad: 47 anni, da 25 in Italia, Mohammed Yaser Tayeb fa il pizzaiolo ad Anzola, vicino Bologna. Annota il Ros, sintetizzando una telefonata tra lui e Greta, come ha scritto Il Fatto : «Greta precisa che un primo corso si terrà prossimamente in Siria con un operatore che illustrerà ai frequentatori — circa 150 persone tra civili e militari dell’esercito libero anti Assad — i componenti del kit di pronto soccorso e il loro utilizzo. La donna dice che ha concordato con il leader della zona di Astargi (fonetico) di consegnare loro i kit e che a loro volta li distribuiranno ai gruppi di combattimento composti solitamente da 14 persone, facendo in modo che almeno uno degli appartenenti a questi gruppi fosse dotato del kit e avesse partecipato al corso». Frase che sembrerebbe attribuire un ruolo attivo delle due ragazze nella resistenza anti Assad o, addirittura, un arruolamento tra i miliziani della Jihad: «La loro intenzione era quella di impegnarsi negli aiuti con organizzazioni impegnate nel volontariato. E non volevano nemmeno convertirsi» hanno spiegato dalla Procura per sgomberare il campo su qualsiasi ambiguità attorno alle figure di Greta e Vanessa. «Nessun aiuto a loro nel trovare contatti in Siria. Semplicemente un sostegno per la loro campagna in Italia — come chiesto dalle due ragazze — con il logo della comunità siriana sui manifesti e una lettera di raccomandazione generica in lingua araba in cui specificavamo che si trattava di due cooperanti italiane» ha detto ieri Tayeb. Che da più di un anno era in contatto con uno studente dell’università di Bologna, Maher Alhamdoosh: gli inquirenti si sono interessati a lui dopo un altro rapimento in Siria, quello dei reporter (poi liberati) Amedeo Ricucci. Elio Colavolpe, Andrea Vignali e della freelance italo-siriana Susan Dabous. E sempre Tayeb le aveva messe in contatto con Nabil Almreden, medico chirurgo siriano in pensione dopo aver lavorato nell’ospedale di Budrio. Ma su nessuno di loro pende il sospetto che abbiano fatto da «informatori» per il sequestro: «vendute» sì, ma sicuramente in Siria.