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 2015  gennaio 17 Sabato calendario

COMPIE UN ANNO L’AMORE NAZARENO

Un compleanno all’ombra dell’insidiosa urna per il Quirinale. Il fato della politica vuole che proprio in questi giorni il patto oscuro del Nazareno festeggi il suo primo genetliaco, che cadrà giusto domani. Era infatti il 18 gennaio di un anno fa quando il Pregiudicato Silvio Berlusconi entrò nella sede nazionale del Pd a Roma, a largo del Nazareno, appunto, per incontrare il nuovo segretario democratico, lo Spregiudicato Matteo Renzi. Quasi tre ore di colloquio. Senza foto e senza streaming. Al buio totale. Da allora i due si sono visti in tutto otto volte durante il 2014, quasi sempre a Palazzo Chigi: 19 febbraio (alla Camera per le consultazioni del premier incaricato Renzi), 14 aprile, 3 luglio, 6 agosto, 17 settembre, 5 e 12 novembre. L’ottovolante più pericoloso nella storia della sinistra italiana.
La celebrazione dell’anniversario è in realtà l’esplosione di un amore sbocciato un decennio fa e sigillato dall’ultimo libretto di Giuliano Ferrara che indica nello Spregiudicato neoquarantenne l’erede naturale del Pregiudicato. I due s’incontrarono per la prima volta a Firenze quasi per caso, nel 2005. Renzi era presidente della Provincia e B. arrivò per un raduno organizzato da Maurizio Scelli, all’epoca commissario della Croce Rossa e berlusconiano di ferro. Solo che il palazzetto dello sport non si riempiva e l’ex Cavaliere aspettava impaziente in prefettura. Ci rimase due ore e nel frattempo si presentò Renzi per “cortesia istituzionale”. Si parlarono e Berlusconi gli diede da subito l’unzione divina: “Come fa uno bravo come lei a stare con i comunisti?”. Prima dell’anno del Nazareno, c’è stata poi l’ormai nota trasferta di Renzi, stavolta da sindaco di Firenze, ad Arcore nel dicembre 2010. Ancora una conferma per il Condannato: “Caro Matteo, tu mi somigli proprio”. Infine Parma, nel gennaio del 2013, per il centenario della Barilla. Altro colloquio, altra simpatia. Del resto la formazione politica del premier non è gramsciana, né desgaperiana, ma discende dal Biscione e dalla Ruota della Fortuna, cui andò nel 1994.
Quando un anno fa il Pregiudicato varcò il portone del Nazareno, l’unico e concreto sussulto di dignità fu il lancio di uova di un militante di sinistra. E così il cofano dell’auto blu di B. si colorò di giallo. Renzi e Berlusconi si accomodarono sotto una grande foto di Kennedy ed ebbero solo due testimoni. Lorenzo Guerini per lo Spregiudicato. Gianni Letta per il Pregiudicato. Assente, invece, il grande sherpa forzista dell’accordo addetto alla stesura del patto segreto: il plurinquisito e plurimputato Denis Verdini, toscano come “Matteo” e fautore del renzusconismo, l’ultima evoluzione del male italico dell’inciucio.
Ufficialmente, il patto nacque per varare insieme la legge elettorale, l’Italicum, e il superamento del bicameralismo. Ma B. ha sempre confidato ai suoi fedelissimi che la sostanza dell’intesa riguardava soprattutto altro: la scelta comune del successore di Giorgio Napolitano al Quirinale, l’agibilità politica persa con la condanna dell’agosto del 2013, la tutela del suo gigantesco conflitto d’interessi. Sul primo punto, il Colle, fu sottoscritta una clausola chiara e secca: mai Romano Prodi. Sugli altri due, non sono mancati i tentativi: dalla salva-Silvio nella delega fiscale alle manovre per arginare il falso in bilancio. In fondo, questo è il cuore del berlusconismo. Come ha scritto Alessandro De Angelis sull’Huffington Post, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco non è gradito dal Condannato per il Quirinale per un semplice motivo: “Nel quadro di sofferenza dell’Impero è caduta la tegola di Bankitalia che obbliga Fininvest a vendere in Mediolanum le quote che superano il 9,9 per cento. Nella riunione con i senatori, Berlusconi ha pronunciato parole di fuoco sulla vicenda”. Ecco perché B. e Renzi non si sono mai visti alla luce del sole.
Il 19 febbraio, quando ci furono le consultazioni di Renzi per il suo governo, l’incontro avvenne a Montecitorio. A un certo punto i due chiesero di rimanere da soli. Il faccia a faccia durò sette minuti. Alla fine, Berlusconi fece finta di collocarsi all’opposizione e a “Matteo” disse: “Noi ci saremo sempre, di me ti puoi fidare”. Quando B. uscì, Renzi commentò: “Resta il numero uno, è in forma strepitosa, un cazzaro insuperabile”. A fasi alterne, soprattutto dopo l’estate, il patto come tutti gli amori storditi dalla passione ha vissuto momenti bui. Colpa soprattutto delle faide dentro Forza Italia e del sospetto dello stesso Berlusconi sulla voglia di Renzi di andare al voto anticipato. Ma adesso l’intesa segreta del Nazareno è arrivata al momento della verità: l’elezione del nuovo capo dello Stato. Risorto grazie al patto con Renzi, il Condannato ribadirà tutte le garanzie personali poste nel gennaio del 2014. La Terza Repubblica, se mai nascerà, sarà quella occulta del Nazareno.