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 2015  gennaio 10 Sabato calendario

SONO GAY RIDETE PURE


[Robbie Rogers]

Si può piangere, soffrire come un cane negli spogliatoi per una vita covando il proprio segreto e poi buttarsi tutto alle spalle con una risata? Sì, si può. È successo al calciatore Robbie Rogers, il primo sportivo di una lega professionistica statunitense ad aver dichiarato, nel febbraio del 2013, la propria omosessualità. La sua storia è ora diventata una serie televisiva dal titolo Men in Shorts (Uomini in pantaloncini), una singlecamera comedy che sarà trasmessa negli Usa dal network Abc e che probabilmente vedremo presto anche in Italia.
L’idea è di Craig Zadan e Neil Meron, soci della Storyline Entertainment e tra i più potenti produttori di Hollywood, soprattutto quando si parla di musical per il grande schermo (Chicago, il loro lavoro del 2002, ha ricevuto il numero record di 13 nomination per gli Academy Awards e ha vinto sei premi Oscar, compreso quello per il miglior film). È stato questo vivacissimo duo a inventarsi l’idea di una serie tv sulla vita di un calciatore gay. Così, quando hanno contattato Robbie Rogers per basare l’operazione su di lui, è stata musica per le loro orecchie sentirsi dire dal 27enne nato in California che nell’idea vedeva un gran potenziale. «Quando Craig e Neil mi hanno presentato il progetto ho pensato che sarebbe stato un modo fantastico di raccontare il mio viaggio con leggerezza», ha detto Rogers.
Quel viaggio, però, leggero non lo è stato per niente. Cominciò con il titolo Ncaa conquistato con l’Università del Maryland, poi il passaggio al professionismo con la squadra olandese dell’Heerenveen, il ritorno negli States, per 5 stagioni, con la maglia dei Columbus Crew, conquistando un campionato e partecipando all’Olimpiade di Pechino nel 2008 con la Nazionale. Quindi, dopo un breve periodo al Leeds, in Inghilterra, la grande decisione: uscire allo scoperto e lasciare il calcio, a soli 25 anni. «Avevo paura di come avrebbero reagito i miei compagni, di come sarebbe cambiato il loro modo di agire nei miei confronti negli spogliatoi», dichiarò allora Rogers al Guardian. «Volevo essere un calciatore, ma rischiavo di finire in un circo dove magari un fallo fatto o subito avrebbe scatenato chissà quali battute. Si dice che nel calcio non c’è questa mentalità ottusa, ma non è vero: certe cose vengono sempre derise. Perciò ho mollato tutto». Un paio di mesi più tardi, però, Rogers decise che un simile passo indietro era una mossa vigliacca e che invece sarebbe stato meglio usare la luce dei riflettori per diventare un esempio da seguire. Firmò per i Los Angeles Galaxy, decisione che ha pagato dal momento che Rogers ha avuto un ruolo chiave nell’aiutare la squadra a conquistare il suo quinto titolo, che l’ha resa la franchigia più vincente nella Major League Soccer. E dopo le ovazioni tributategli dai tifosi tutto è diventato più facile, compresa la decisione di buttarla in commedia. «Sono stato avvicinato con questa idea di fare uno show su un atleta gay che fa coming out, abbiamo cominciato a parlare delle mie esperienze, di cose divertenti che ho dovuto fare nelle docce per rompere il ghiaccio, dei primi appuntamenti, di tutte queste diverse “prime volte” e di quanto imbarazzanti siano state. Ne abbiamo semplicemente riso, quindi tutto è stato riversato nella serie su questo ragazzo che si sente un pesce fuor d’acqua, che non ha idea di chi sia e come sia un bar gay, perche non è mai stato in uno di questi locali. È ispirata a parti della mia vita, ma la mia famiglia è diversa, un sacco di cose sono esagerate per esigenze di commedia. Vogliamo insegnare alla gente a ridere e giocare con gli stereotipi».

IRONIA VINCENTE
«Sentivamo che l’idea avrebbe funzionato perché c’è molta ironia», spiegano i produttori. «Se avessimo realizzato qualcosa di drammatico sarebbe stato rischioso ma siccome è una commedia si tratta solo di farsi un bel po’ di risate. Per gustarla non devi essere un tifoso accanito del calcio. Se ti piacciono i protagonisti della storia allora te la guardi perché vuoi seguire le relazioni tra di loro, e lo sport è sullo sfondo. Abbiamo visto il calcio decollare in America e abbiamo pensato che questo sarebbe stato il momento giusto per sviluppare un progetto del genere. Infatti la proposta è piaciuta un sacco agli Universal Television Studios. E Robbie ha un carisma incredibile: quando entra in una stanza conquista tutti».
La serie, nonostante sia di carattere comico, rispetta la regola fondamentale di ogni iniziativa creata da Hollywood che riguardi lo sport: rendere le scene di gioco il più realistiche possibile. Perché se non ti sembra credibile ciò che succede in campo non lo sono nemmeno le lacrime negli spogliatoi. E questa è stata una delle responsabilità che si è preso Rogers, che ha un ruolo molto attivo anche come produttore esecutivo della serie. Ha procurato agli autori quantità industriali di storie e di “dietro le quinte” di ciò che succede nella vita di un calciatore.
Jordon Nardino, uno degli autori che in passato ha scritto anche per Desperate Housewives, ha le idee chiare sul concetto generale che sta dietro allo show e agli input che può fornire Rogers. «Come autore vuoi assolutamente che tutti i dettagli legati allo sport siano perfetti e in questo Robbie è stato di grande aiuto. Ha analizzato a lungo il copione e messo in evidenza i cambiamenti che andavano fatti per ottenere la massima accuratezza nelle scene. Noi siamo interessati soprattutto ai momenti tra una partita e l’altra: gli scambi di battute, i viaggi on the road, il cameratismo, le incomprensioni».
Sports Night, Arliss, Friday Night Lights, Coach, The White Shadow: non sono state tantissime le serie televisive di successo – comiche o drammatiche – che hanno utilizzato lo sport come background. Nonostante questo, i produttori di Men in Shorts sono molto fiduciosi sul buon risultato dello show, soprattutto per il suo scenario inusuale. «È una serie comica su un posto di lavoro», spiega Claudia Lonow, una dei produttori. «Ma con regole e codici tutti suoi: di solito io non sono nuda e seduta in una vasca di acqua ghiacciata sul mio posto di lavoro, i calciatori invece lo sono».
Sebbene gli autori ci abbiano messo la fantasia e abbiano sviluppato un nuovo personaggio per rafforzare il copione, la storia è basata sulle esperienze personali di Robbie. E la serie inizia dalla reazione di tutti quelli che fanno parte della sua vita nel momento in cui decide di rendere pubblico quello che era un segreto. Compagni di squadra, familiari, e anche persone che non ha ancora incontrato ma che entreranno a far parte della sua vita. Gli autori di Men in Shorts giocano sul fatto che generazioni diverse hanno reazioni differenti e inaspettate a una notizia del genere e dalla finzione della commedia emerge la verità dei rapporti umani. «Per me la serie vive sui ritratti, veri e precisi, delle reazioni di ogni genere tra tutte le persone», conclude Rogers. E lui lo sa meglio di chiunque altro.