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 2015  gennaio 14 Mercoledì calendario

SIAMO FIGLI DI GENGIS KHAN


I polinesiani arrivano dall’Indocina, i soldati di Alessandro Magno hanno piantato le tende tra Pakistan e Afghanistan, i crociati li troviamo ancor oggi in Libano, mentre noi europei siamo tutti imparentati con Carlo Magno, con una spruzzata però di sangue pellerossa. Quanto agli ebrei (o almeno buona parte di loro) non sono affatto figli di Israele ma discendono da una oscura popolazione turca. Senza parlare di Gengis Khan...

MESSAGGIO NASCOSTO. Per decifrare il passato c’è chi studia segni incisi nell’argilla o nella pietra; chi esamina sepolcri e corredi funerari; chi analizza le lingue contemporanee per scoprirne antenato e cugine. Tutte queste scienze raccontano pezzi della storia. Ma negli ultimi anni si è aggiunta una nuova disciplina, la genetica delle popolazioni umane, che conferma le intuizioni, prova la falsità delle leggende e a volte rovescia sorprendentemente le tesi storiche costituite. Si concentra sulle informazioni contenute nel Dna e in particolare in due spezzoni: uno trasmesso di generazione in generazione soltanto per via femminile, dalla madre a tutti i figli, ovvero il genoma mitocondriale. L’altro, caratteristico dei maschi e passato solo per via paterna, e cioè il cromosoma Y. I genetisti sono perciò in grado oggi di rivelare ascendenti, discendenti e sorprendenti parentele di ogni uomo di cui esistano tracce biologiche. Lo fanno grazie alle mutazioni, spesso di una sola “lettera” per volta, che si accumulano nel tempo nel patrimonio genetico. Sono proprio queste microscopiche variazioni che consentono di riscrivere o aggiungere particolari alla storia e alla preistoria.

UN VIAGGIO SBAGLIATO. Prendiamo i polinesiani: nel 1947 Thor Heyerdahl, scienziato ed esploratore norvegese, solcò il Pacifico dal Perù alla Polinesia Francese sul Kon-Tiki, una zattera di tronchi di balsa, allo scopo di dimostrare che erano state le popolazioni sudamericane a colonizzare, su quella rotta, le isole del Sud. La traversata riuscì, ma la sua tesi, già messa in dubbio da molti antropologi suoi contemporanei, è stata sgretolata definitivamente nel 2011 da un gruppo di genetisti guidati da Martin Richards, dell’Università di Leeds in Inghilterra. Questi, analizzato il genoma mitocondriale di quasi 5 mila abitanti del Sud-est asiatico e della Polinesia, ha concluso che circa 10 mila anni fa i Polinesiani lasciarono la terraferma dell’Indocina e, dopo aver toccato l’Indonesia, 6-8 mila anni fa giunsero fino all’arcipelago di Bismarck della Papua Nuova Guinea e da qui si diffusero nelle isole della Polinesia. Niente Sud America, dunque.

LA LEGGENDA DI ALESSANDRO. Uno scienziato celebre come Heyerdahl è stato smentito dagli studi genetici. Ma può verificarsi anche il contrario: l’esame del Dna a volte conferma quella che gli storici considerano una pura e semplice leggenda. Come nel caso di Alessandro Magno e i Kalash, circa 3.000 persone che abitano in Pakistan al confine con l’Afghanistan, ai piedi della catena dell’Hindu Kush. Si dicono diversi dagli abitanti delle valli limitrofe e sostengono di discendere da un generale macedone di nome Selefous arrivato lì al seguito dell’imperatore. Certo fra i Kalash occhi azzurri e capelli biondi non sono eccezionali e questa gente ancora coltiva la vite e beve vino in una zona dove l’alcol è proibito dalla religione. Ma nessuno ha mai preso molto sul serio la presunta parentela. Benché Alessandro sia effettivamente passato dall’Hindu Kush, della vicenda non c’è traccia nelle fonti macedoni. Ma nel febbraio scorso Simon Myers di Oxford ha confermato l’unicità dei Kalash rispetto alle popolazioni confinanti, individuando il mescolamento di geni fra una popolazione asiatica centro-meridionale e un gruppo europeo. La campagna di Alessandro Magno risale al 326 a.C. e secondo i ricercatori inglesi l’incrocio risalirebbe a «prima del 206 a.C.» (anche se, dicono, le informazioni devono essere approfondite).
La genetica delle popolazioni è sempre sorprendente, anche quando ribadisce ciò che già gli storici ritengono di sapere. Che Gengis Khan non si tirasse indietro quando si trattava di far valere il diritto di preda era per esempio cosa nota. La tradizione attribuisce al condottiero mongolo questa frase: «La più grande felicità per un uomo è sconfiggere i nemici, vedere i loro cari inondati di lacrime, cavalcare i loro cavalli, stringersi al petto le loro mogli e figlie». Ma che la bellezza di 16 milioni di maschi del pianeta discendano da lui, come ha calcolato Bryan Syker, genetista dell’Università di Oxford, va considerato comunque un exploit sessuale di tutto rispetto.

NIPOTINI DEI CROCIATI. Se c’è invece un’area del mondo in cui è difficile stabilire “chi” è “cosa” è senz’altro il Vicino Oriente, culla dell’umanità e sempre tormentata da invasioni, migrazioni, guerre e faide di cui non mancano le tracce e le conseguenze oggi. In questa terra, una delle zone più complesse è certamente il Libano, 4 milioni di abitanti, divisi tra musulmani, cristiano-maroniti e Drusi. Dei musulmani i genetisti, senza troppo sorprendersi, hanno dimostrato che sono arrivati con la prima ondata di invasori arabi nel 636 d.C. Meno scontata l’origine dei Maroniti, che portano nel sangue l’eredità degli europei della prima crociata, indetta da papa Urbano II. Oltre alla religione, i Maroniti conservano infatti i geni dei nobili francesi, germanici, italiani e inglesi arrivati fin laggiù a conquistare la Terrasanta. I veri outsider sono però i Drusi, seguaci di una religione vicina all’Islam (ma perseguitata dai musulmani) che vivono da oltre un millennio sulle montagne libanesi e sono un elemento chiave del puzzle etnico locale.
Da dove sono arrivati? Lo studio del cromosoma Y ha dimostrato che i Drusi maschi sono di origine ebraica, il che contribuisce forse a spiegare le influenze dell’ebraismo sulla loro religione e anche i buoni rapporti che la comunità drusa intrattiene con Israele.

EBREI MA NON TROPPO. A proposito di Israele, si sono fatte scoperte curiose pure sull’albero genealogico degli ebrei provenienti dall’Europa Centro-orientale, i cosiddetti Askenaziti. Eran Elhaik, genetista ebreo dell’Università Johns Hopkins di Baltimora, afferma che gli Askenaziti discendono dai Cazari, un misto di clan turchi stabilitisi nel Caucaso nei primi secoli dopo Cristo. A costoro si aggiunsero gli ebrei della Palestina e della Mesopotamia che fra il VII e il IX secolo li convertirono all’ebraismo. Gli ebrei europei sono perciò un mosaico di avi caucasici, europei (occidentali e orientali) e antenati mediorientali. «Buona parte degli ebrei di oggi lo è per religione, non per origine», riassume Elhaik. «Non c’è un genoma ebraico e tanto meno un gene ebraico. Tutti gli esseri umani sono un misto delle stesse tessere che costruiscono puzzle leggermente diversi uno dall’altro».
Il ricercatore sospetta che pure i Sefarditi (l’altra grande componente dell’ebraismo, proveniente dalla Spagna) discendano da greco-romani convertiti nei primi due secoli dopo Cristo e mescolatisi alle popolazioni palestinesi.

UN SIOUX IN FAMIGLIA. Neppure in Europa siamo al riparo dalle rivelazioni. Lo scheletro di un ragazzo di 24mila anni fa, ritrovato a Mal’ta, in Siberia, ha confermato i sospetti: i pellerossa americani e gli europei moderni sono imparentati attraverso una misteriosa popolazione siberiana che si è mescolata con entrambi i gruppi.
Se questa cuginanza con i Sioux e gli Apache vi turba, consolatevi con una certezza: noi europei siamo tutti nipoti di Carlo Magno. Per esserne assolutamente certi non c’è neanche bisogno di studi genetici, basta un banale calcolo aritmetico. Carlo Magno visse una cinquantina di generazioni fa (una generazione è convenzionalmente pari a 25 anni). Joseph Chang, statistico della Yale University, ha calcolato che se ogni europeo contemporaneo risale di 40 generazioni (2 genitori, 4 nonni, 8 bisnonni, 16 trisavoli e via elencando, insomma 2 alla quarantesima potenza), si ritrova con 1.099 miliardi di antenati. E dato che l’Europa dell’800 d. C., quando Carlo Magno fu incoronato ad Aquisgrana, contava appena 25-30 milioni di abitanti, il paradosso può essere risolto solo se si immagina che gli alberi genealogici di tutti gli europei (discorso valido anche per l’intera popolazione mondiale) si intreccino fra loro.
E siccome è proprio così, tutti i nostri pedigree hanno per forza intersecato in qualche modo la discendenza dell’imperatore dei Franchi. In altre parole, come osserva anche Joseph Chang, tutti “quelli di allora” in Europa e nel mondo, sono anche antenati di tutti “quelli di oggi”.

Amelia Beltramini