Mara Accettura, D, la Repubblica 10/1/2015, 10 gennaio 2015
L’ULTIMO DESIDERIO
«Mi sono seduto vicino a lei e le ho detto un timido ciao. Sono rimasto sorpreso dalla sua gentilezza, mi ha persino chiesto se mi piaceva il suo smalto, e poi i suoi piedi. Mi ha detto di massaggiarglieli e mi sono messo a tremare. Poi, come se mi avesse letto dentro, mi ha domandato se mi sarebbe piaciuto succhiarli, anzi se li trovavo “succhiabili”. Lo erano, e così mi sono messo in bocca ogni suo dito». Joseph K. «So di essere stronza. Ho una bizzarra fissazione per Ikea: fargli comprare mobili e poi farglieli montare mi eccita. So che lui lo odia. Io mi rilasso con un bicchiere senza alzare un dito mentre lui suda. E non è tutto, mi piace anche provocarlo, ma il premio arriva solo a lavoro finito». Lanay. «Non faccio che pensare al bondage, è la sola cosa che mi eccita. Un sacco di gente non lo capisce, soprattutto i fidanzati. Non è il fatto di essere dominata o controllata, vulnerabile o scomoda. Essere legata mi sembra come un abbraccio. La sensazione delle corde che mi acchiappano la pelle mi provoca più passione del contatto del corpo. Persino quando mi masturbo mi piace essere legata o immagino di esserlo». Willa6.
Quando la filmmaker Erika Lust, di Barcellona, ha chiesto a tutti i suoi fan di condividere in modo anonimo sul sito XConfessions.com le proprie confessioni erotiche, non immaginava una valanga di risposte. Migliaia di persone, soprattutto trentenni, hanno scritto le fantasie più bizzarre. 500 sono state pubblicate sul suo sito. Da questo crowdsourcing, una quarantina sono già diventate short film. «Un progetto felice», lo definisce lei. «Uomini e donne hanno fantasie molto simili. Il voyeurismo, essere dominati o sottomessi, fare sesso in pubblico, farlo in tre. I testi sono ben scritti, con riferimenti all’arte, alla musica, al cinema: una ragazza, pazza per Mad Men, mi ha chiesto di filmare tutte le scene di sesso che nella serie non si vedono mai. C’è gioia, seduzione e un senso di liberazione rispetto ai moduli ripetitivi del porno mainstream».
Da dieci anni la regista svedese si batte per cambiare il porno e la percezione di losco, sporco associata a quel mondo. «Quello tradizionale mi fa vomitare. Lo trovo antiestetico, antierotico. Riflette le fantasie maschili di un’industria dominata da noiosi sciovinisti con poca intelligenza sessuale, dove tutto è in funzione del piacere maschile. Non c’è gioco, divertimento, creatività. In XConfessions, come nei miei film, gli uomini adorano le donne. E le donne non sono solo un veicolo per il loro orgasmo: puoi vedere il loro desiderio, la loro eccitazione crescere. Il piacere è condiviso al 50%».
Nelle confessioni non ci sono timide sprovvedute come l’Anastasia di 50 sfumature di grigio, ma donne audaci che non temono di esprimere la sessualità. In una, una ragazza adora uno chef. Gli fa cucinare una cena per 12 ma si presenta da sola a tavola e lo seduce. In un’altra, intitolata non a caso Power Pussy, un uomo sposato con una donna molto forte dice che lei lo eccita perché, anche dopo 20 anni, non riesce a domarla. In un’altra ancora, I met a mother on Tinder - un ragazzo ha una storia con una 48enne incontrata con un’app.
Erika Lust, nata a Stoccolma nel 1977, laurea in Scienze politiche a Lund, ha iniziato la sua carriera una decina di anni fa con un film, The Good Girl, che ebbe un’inaspettata fortuna sulla rete: più di un milione di download. Ma all’inizio nessuno la prendeva sul serio. «Sono da sempre un’outsider. I produttori mi dicevano che quello che facevo era carino ma che ero nel business sbagliato, perché alle donne il porno non interessava. Ora invece sperano tutti di conquistare l’audience femminile». Erika ha costruito la Lust Films, in collaborazione col marito, produttore, Pablo Dobner, passo passo, arrivando a uno staff di 15 persone e un giro d’affari di 500mila euro l’anno. In Svezia non è famosa quanto in Spagna «perché gli svedesi sono aperti sul sesso ma hanno dei problemi con la pornografia». In effetti non ama essere chiamata regista di porno, ma di «film indipendenti per adulti», perché il mondo del porno non l’ha mai frequentato: la sua ambizione è sempre stata reinventarlo. «Per me è una maniera di parlare di relazioni e di ruoli con un linguaggio potente. Oggi molti ragazzi vedono film espliciti prima di avere esperienze sessuali e questo li forma senza che se ne rendano conto: imparano che le donne vogliono essere dominate, che sono al loro servizio. Provano vergogna e confusione. Credo che il porno possa invece aiutare a sentirci meglio. Sono felice quando mi dicono che i miei film sono belli, li regalano agli amici o li guardano in coppia. Sento di avere un impatto sulla sessualità. Ma bisogna cambiare il linguaggio e questo succederà quando cambierà chi sta dietro la macchina da presa. Spero che partecipino più donne. Il sesso può rimanere “sporco” ma i valori che ci sono dietro devono essere puliti».