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 2015  gennaio 14 Mercoledì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 6

(Dormono sulla collina. 1969-2014)

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SULLA COLLINA TRA PAROLA E MASTROIANNI –

Mastroianni. «Avevo visto al cinema I Vitelloni di Federico Fellini e ne ero rimasto talmente entusiasta che decisi che avrei fatto di tutto per poter lavorare con lui. Durante l’estate mi presentai a Fregene per incontrarlo. Era in spiaggia, sotto l’ombrellone, vestito, con lui c’era Ennio Flaiano. Mi salutò: “Marcellino, bene bene, grazie di essere venuto. Devo girare un film per De Laurentiis. Lui vorrebbe Paul Newman, ma è troppo importante e a me serve una faccia qualsiasi”. Io ero disposto a tutto pur di lavorare con lui, ma per darmi un minimo di tono gli dissi che mi sarebbe piaciuto avere almeno un’idea della trama. “Ma certo” mi rispose, e chiese a Flaiano di passarmi il copione. Era una cartella, con dentro un disegno di Fellini: un uomo che nuotava, con un sesso enorme che arrivava al fondo del mare, e attorno a quell’immenso arnese danzavano allegramente cavallucci e stelle marine. Mi sentii sbeffeggiato, ma abbozzai: “Mi dica solo dove devo venire, quando devo presentarmi”. Il film era La dolce vita.» (Marcello Mastroianni).

Andreotti. «Preferisco andare ai battesimi» (Andreotti spiega perché non si è presentato alle esequie del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa).

Ruini. «In sede di Assemblea costituente un terzo del totale era composto da componenti della loggia. Uno ero io» (Meuccio Ruini).

Ungaretti. «Quando ci fu da nominare un senatore a vita, il presidente della Repubblica Saragat preferì Eugenio Montale. Mi venne da pensare questi versi: “Montale senatore / Ungaretti fa l’amore”» (Giuseppe Ungaretti).

Valdoni. «Sono considerato il caposcuola della cardiochirurgia italiana. Tra i miei pazienti illustri c’era anche Palmiro Togliatti. Lo salvai io quando un giovanotto, Antonio Pallante, gli esplose contro tre colpi di pistola mentre lui e Nilde Iotti uscivano da Montecitorio. Il segretario del Pci si ristabilì prontamente. Il mio conto fu particolarmente salato. Quando consegnai a Togliatti la busta con il saldo del mio onorario, lui mi disse: “È denaro rubato”. Replicai, gelido: “Grazie. La provenienza non mi interessa”» (Pietro Valdoni).

Merlin. Alcuni soldati mi scrissero: “E noi con la sua legge adesso come faremo?”. Risposi: “Siete giovani, fate la corte alle ragazze”» (Lina Merlin, la socialista che abrogò le case chiuse).

Berlinguer. «Non diffondete questo testamento, non rendetelo pubblico, è troppo intimista» (Berlinguer alla morte di Giorgio Amendola).

Rumor. «Pronunciai per 18 volte la frase “non ricordo”» (16 settembre 1977, Rumor testimonia al processo per la strage di piazza Fontana).

Riina. «“Signor Pubblico Ministero, non diciamo latitanza, io in realtà… a me non mi ha mai cercato nessuno. Io ogni mattina andavo a lavorare, a me non mi ha mai fermato nessuno, prendevo il treno per andare a Trapani, prendevo l’autobus, a me non mi ha mai detto niente nessuno. Sono solo un lavoratore, tutto casa, famiglia, lavoro e chiesa, come si dice dalle nostre parti”». (Totò Riina, cella numero 19 dell’aula bunker dell’Ucciardone, Palermo. Ore 10 e 15 del 1° marzo 1993. Interrogatorio dinanzi alla Corte d’assise).

Parola. «Quella rovesciata era in realtà un’azione difensiva, stavo spazzando il pallone dalla mia area. E infatti la partita finì zero a zero» (Carlo Parola).


Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 12/1/2015