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 2015  gennaio 10 Sabato calendario

«A 200 ALL’ORA PER SALVARE PINO DANIELE»

ROMA Sarebbe stata una decisione presa all’istante. Centosessanta chilometri senza mai staccare il piede dall’acceleratore del Suv. E’ durata cinquanta minuti la folle corsa verso Roma di Pino Daniele. Cinquanta minuti, da Magliano in Toscana all’Eur, in cui la compagna, Amanda Bonini, alla guida di un fuoristrada, ha divorato l’asfalto a più di duecento chilometri orari e corso contro il tempo per tentare di salvare il suo uomo. Il bluesman è invece arrivato alle 22.10 al Sant’Eugenio, livido, morto. Il cuore non ha retto. L’inchiesta della procura di Roma è tutta lì, sulla tempistica e sull’opportunità di affrontare il viaggio e sui limiti di quel cuore malandato. Tanto che i medici legali lo hanno prelevato per approfondire gli accertamenti.
ESAMI TOSSICOLOGICI
Così, mentre finalmente il cantautore schivo e riservato trova pace nella cremazione, il suo cuore è stato portato da Napoli, dove è stata effettuata l’autopsia, a Roma, insieme ad altri tessuti per ulteriori esami. A partire dagli accertamenti tossicologici, disposti ieri per fugare ogni dubbio. Per ora l’autopsia disposta dai magistrati che indagano per omicidio colposo ha portato a una sola certezza, scontata: Pino Daniele «aveva il cuore di un vecchio cardiopatico», come lo hanno definito i medici legali incaricati dai magistrati, «non sarà facile quindi stabilire se e con quali tempi si sarebbe potuto salvare». Un cuore con il quale il cantante aveva imparato a convivere sfidando la sorte, anche in casi di tracolli improvvisi. Come la sera del 4 gennaio quando, pur stando a casa, in Maremma, ha mandato indietro l’ambulanza già allertata e ha deciso di scendere di corsa a Roma, in auto, per affidarsi al cardiologo di fiducia, nonostante la compagna e lo stesso specialista, come hanno raccontato ai carabinieri di Roma, lo avessero sconsigliato. Una sua scelta, insomma, hanno accertato il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Marcello Monteleone. Ma visto che la vita di Pino Daniele era appesa a un filo, ogni passo sarà di nuovo ri-cronometrato. Alle 21.12 del 4 gennaio dalla tenuta di Magliano arriva al 118 di Grosseto una chiamata di soccorso. Secondo il responsabile, dopo 19 minuti - alle 21.31 - l’equipaggio comunica alla centrale la chiusura dell’intervento, avendo avuto comunicazione che il paziente stava andando a Roma.
LA TEMPISTICA
Tra le 21.25 e le 21.29 qualcuno dall’ambulanza contatta il cellulare che aveva chiamato per il soccorso chiedendo maggiori precisazioni sull’indirizzo e che venga accesa una luce dalla casa. Ma chi ha risposto avrebbe spiegato che il paziente stava andando a Roma. Così l’ambulanza è tornata indietro. Amanda quindi si era messa in marcia prima delle 21.25. Alle 22.10 è a Roma. E alle 22.30 viene stilato il certificato di morte. Ma l’artista si sarebbe potuto salvare con soccorsi più rapidi, vicini? «Per avere una risposta scientifica ci vorranno settimane, mesi», ha spiegato il medico legale Giorgio Bolino incaricato di effettuare gli esami insieme al collega de La Sapienza Vittorio Fineschi e al cardiologo dell’università di Perugia Giuseppe Ambrosio. La seconda moglie del cantante, madre di tre dei suoi cinque figli, che ha sollecitato l’apertura del fascicolo, ha nominato dei consulenti di fiducia. «Mia figlia, tredici anni, mi aveva chiamato disperata: “Papà è svenuto”. Perché portarlo a Roma? - continua a chiedere Fabiola Scabbarrasi-. Il defibrillatore, in ambulanza, magari l’avrebbe potuto salvare». Ma la polemica tra le due donne non finisce qui. Fabiola Scabbarrasi ha chiesto ai suoi legali di intimare alla Bonini di lasciare libera la masseria di Magliano. La proprietà della villa è intestata a lei per metà, l’altra metà al marito. Intanto a Grosseto prosegue l’indagine sul furto nella masseria dove il giorno del funerale sono state rubate due chitarre.